Teoria della relatività:
01- Principio di relatività galileiana (RGal).
Galileo stabilì i criteri che stanno alla base del cosiddetto "metodo
scientifico". Esso si basa
sul presupposto che ogni affermazione riguardante i fenomeni naturali deve avere
un riscontro
oggettivo sperimentale. E' solo attraverso gli esperimenti che le leggi della
natura possono essere
conosciute.
Ogni esperimento si riduce in definitiva a misure di spazio e di tempo.
Per misurare la posizione di un oggetto nello spazio occorre un sistema di
riferimento e per
misurare il tempo che trascorre fra un evento e l'altro occorre un orologio.
Un sistema di riferimento potrebbe essere determinato dall'insieme di tre
spigoli
perpendicolari di una stanza. Rispetto ad un tale sistema la posizione di un
punto nella
stanza può essere determinata dai tre numeri che si ottengono mandando le rette
perpendicolari ai tre spigoli suddetti e misurando le distanze fra l'origine
ed i tre punti
così ottenuti. Dalla figura seguente si può vedere come si possono misurare le
coordinate di un punto :
Fra tutti i sistemi di riferimento possibili ve ne sono di particolari. In essi
le leggi
della fisica risultano le più semplici possibili. Questi "speciali" sistemi
sono
assolutamente equivalenti nel descrivere le leggi della fisica. Essi vengono
chiamati
sistemi inerziali.
Il fatto che le leggi della fisica siano identiche in tutti i sistemi inerziali
è il cosiddetto
principio di relatività galileiana (RGal). Questo principio fu scoperto
da Galileo ed è
il principio più importante della fisica.
Un sistema inerziale potrebbe essere un treno che avanza a velocità costante su
binari
rettilinei e lisci in cui non si avverte nessun sobbalzo. Oppure potrebbe essere
una nave
che percorre una rotta rettilinea a velocità costante in un mare completamente
calmo.
In entrambi questi sistemi, naturalmente, dobbiamo neutralizzare il campo
gravitazionale
che renderebbe i due sistemi ovviamente non inerziali. Basta considerare dei
piani molto
lisci paralleli alla superficie terrestre e limitare i nostri esperimenti alle
sole due dimensioni
dei piani.
In questi sistemi di riferimento non ci si accorge di essere in moto (a meno che
non si
guardi all'esterno). Tutti gli esperimenti di fisica fatti in questi sistemi non
rivelano alcun
moto del sistema stesso. Inoltre nei sistemi inerziali le leggi della fisica
sono identiche.
Se giocassi a biliardo in una nave od in un'altra non riscontro alcuna
differenza di comportamento
negli urti fra le palle. I due sistemi inerziali sono assolutamente identici.
Un altro esempio di sistema di riferimento inerziale potrebbe essere una
navicella spaziale
sufficientemente lontana da ogni pianeta in moto rettilineo uniforme rispetto
alle stelle fisse
(le stelle si muovono l'una rispetto all'altre così lentamente da sembrare
immobili fra loro).
In una tale navicella spaziale possiamo considerare tutte e tre le tre
dimensioni.
In un sistema inerziale un corpo in moto rettilineo uniforme (o in quiete)
rimane nel suo stato
di moto finchè non interviene una causa esterna (forza) a modificarne il moto.
Questo è il
cosiddetto principio d'inerzia, il 1' principio della dinamica.
In natura non esiste un sistema perfettamente inerziale. Attriti, urti,
attrazioni gravitazionali e
quant'altro sono sempre presenti e non possono essere completamente eliminati.
Quello che
però si può sempre fare è di ridurre questi disturbi piccoli a piacere per cui
si può immaginare
che entro i limiti di approssimazione voluti, i sistemi inerziali esistono
effettivamente.
I sistemi inerziali sono infiniti e fra di loro si muovono tutti di velocità
uniforme (senza rotazioni).
Immaginiamo due sistemi di riferimento inerziali in moto uniforme relativo come
illustrato
nella figura :
K' si muove rispetto a K di velocità uniforme V. Gli assi x e x' sono
sovrapposti. I due
sistemi posseggono ciascuno un orologio. Supponiamo che al tempo t = 0 i due
sistemi
siano coincidenti (O = O') ed i due orologi sincronizzati.
K e K' così definiti rappresentano la base di molti ragionamenti e
considerazioni che faremo
in futuro per cui li chiameremo sempre "familiarmente" come K e K'.
Consideriamo in K' un segmento lungo l0 solidale con esso, un intervallo di
tempo t0 misurato
in esso ed un punto P in moto con velocità W (sempre rispetto a K').
Ci chiediamo ora : quanto è lungo l0 rispetto a K ? Quanto dura t0 rispetto a K
? Qual'è la
velocità di P rispetto a K ?
Le risposte, secondo il senso comune, sono ovvie : l0, t0, V + W. Ovvero le
lunghezze
dei segmenti e gli intervalli di tempo misurano la stessa quantità nei due
sistemi di riferimento
mentre la velocità è vista aumentata della velocità relativa fra K e K'. In
particolare il tempo
sembra scorrere ugualmente nei due sistemi, sembra essere una entità assoluta.
Vedremo in seguito che le cose non stanno esattamente così, però in prima
approssimazione
queste ipotesi possono essere considerate valide (almeno per i fenomeni della
nostra vita
quotidiana).
Per quanto riguarda i corpi in movimento accelerato, le loro accelerazioni
vengono viste
identiche in K e K'.
02 - Principio di relatività ristretta (RR).
Circa a metà '800, Maxwell riuscì a descrivere tutti i fenomeni elettromagnetici
in sole 4
equazioni. Da esse risultò che la luce (e ogni altro tipo di radiazione
elettromagnetica) si
propaga nel vuoto con velocità c pari a circa 300.000 km/sec.
Consideriamo allora un raggio di luce emesso da K' nella direzione parallela al
verso positivo
dell'asse x. Rispetto a K' la luce viaggia alla velocità c mentre rispetto a K
la stessa
luce dovrebbe viaggiare alla velocità c + V. Se la luce venisse emessa nel verso
contrario
al precedente, la velocità della luce rispetto a K dovrebbe essere c - V.
Questa supposizione appare ovvia nell'ambito delle idee di spazio, tempo e
movimento che
ci siamo formati nella vita pratica. In effetti, essendo la velocità della luce
estremamente
alta rispetto alle velocità usuali dell'esperienza quotidiana, c + V è
praticamente uguale a c,
per cui non riusciamo normalmente a distinguere la differenza fra c, c + V e c -
V.
E' solo con esperimenti molto accurati che si possono valutare queste differenze
e verso la
fine dell' '800 ne fu fatto uno particolarmente accurato e preciso
(l'esperimento Michelson e
Morley del 1881) che non portò ad alcun risultato. La velocità della luce appare
la stessa in tutti
i sistemi di riferimento inerziali e non si verifica nessun aumento o
diminuzione della medesima.
La luce si comporta in modo contrario alle usuali idee di movimento e di questo
bisogna
prenderne semplicemente atto. Siamo di fronte ad un nuovo principio naturale :
il principio
della costanza della velocità della luce.
Questo principio può apparire assurdo secondo le nostre idee comuni ma nessun
esperimento
è mai riuscito fino ad oggi a contraddirlo. Alla luce di questo non ci rimane
altro da fare che
modificare, correggere le nostre idee di spazio, tempo e movimento.
Nel 1905 Einstein pubblicò un articolo in cui descriveva come queste idee devono
essere
modificate. Egli espose il principio di relatività ristretta (RR)
come una modificazione del
precedente principio di RGal con l'aggiunta del principio di costanza della
velocità della luce.
Le leggi della fisica devono essere le stesse in tutti i sistemi di riferimento
inerziali per i quali,
di conseguenza, lo spazio ed il tempo hanno proprietà diverse da quelle dettate
dal senso comune.
03 - Spazio-tempo 4-dimensionale.
Secondo Einstein non si deve più considerare lo spazio ed il tempo come entità
assolute,
separate. Al contrario, spazio e tempo fanno parte di una unica realtà, lo
spazio-tempo
4-dimensionale.
Passando da un sistema di riferimento inerziale ad un altro, lo spazio ed il
tempo cambiano
di conseguenza. In particolare i due orologi di K e K' non segnano più lo
stesso tempo,
bensì ciascuno il proprio. Un punto, quindi, è descrivibile rispetto a K da 4
numeri (coordinate) :
x, y, z che ne determinano la posizione nello spazio rispetto a K e t che ne
determina la posizione
nel tempo (sempre rispetto all'orologio solidale con K). Analogamente il punto P
avrà rispetto
a K' le coordinate : x', y', z', t' dove t è diverso da t'.
Un punto in movimento descrive nello spazio-tempo 4-dimensionale una linea
continua
detta linea d'universo.
Le relazioni matematiche che legano le coordinate in K e K' alla luce della RR
si chiamano
trasformate di Lorentz (mentre quelle che legano K e K' nell'ambito della RGal,
si chiamano
semplicemente trasformate di Galileo).
Le trasformate di Lorentz portano ad alcuni risultati assolutamente
imprevedibili e
rivoluzionari rispetto ai precedenti concetti fisici: un segmento in quiete
rispetto a K'
viene visto da K accorciato di una quantità legata alla velocità relativa fra K
e K'. Se
la velocità relativa tende a c, il segmento viene visto lungo 0. Viceversa, un
intervallo
di tempo misurato in K' viene visto in K durare di più in funzione della
velocità relativa
fra K e K'. Se questa velocità tende a c, la durata misurata in K tende
all'infinito.
La contrazione degli intervalli e la dilatazione dei tempi sono la conseguenza
più
importante della teoria della RR. Da essa si deduce anche il fatto fondamentale
che la velocità della luce non può essere superata, essa rappresenta la velocità
limite della natura.
Dalla teoria della RR (e dalle trasformate di Lorentz che ne sono la sintesi
matematica)
si deduce anche che le velocità non si sommano semplicemente, ma lo si fa con
una
formula tale per cui combinando c con V si ottiene semplicemente c come deve
essere
secondo il principio di costanza della velocità della luce.
04 - Paradosso dei gemelli.
La dilatazione relativistica del tempo ci porta ad alcune considerazioni molto
interessanti.
Consideriamo un semplice esperimento ideale. Ci sono due gemelli (li chiameremo
K e K'). Un giorno K' intraprende un viaggio spaziale a velocità prossima a
quella della
luce. Supponiamo che per K' il viaggio duri un anno. Per K, invece, a causa
della
dilatazione dei tempi (che per velocità vicine a c diventa sempre più elevata)
il viaggio
di K' viene visto durare supponiamo dieci anni. Quando K' ritorna da K, lo
vedrà
invecchiato di nove anni rispetto a sè stesso.
Questo risultato potrebbe allora portare ad un paradosso, il cosiddetto
paradosso dei
gemelli, perchè il ragionamento potrebbe essere capovolto (K e K' sono
equivalenti in
quanto sistemi di riferimento inerziali) per cui, alla fine del viaggio,
K dovrebbe vedere
K' invecchiato e nello stesso modo K' dovrebbe vedere K invecchiato dello stesso
numero
di anni.
Il paradosso potrebbe essere usato (nella sua prima parte, cioè relativamente al
viaggio
di K' rispetto a K) per constatare che K e K' non sono equivalenti, in quanto i
due
gemelli non sono invecchiati nello stesso modo, per cui il principio di RR
verrebbe
contraddetto.
Analizzando meglio questo esperimento ideale si vede però che esso è mal posto,
contiene un errore fondamentale di impostazione. K e K' non possono essere
entrambi sistemi di riferimento inerziali, dovendo K' subire forti accelerazioni
per
partire e poi per tornare. Considerando K inerziale, K' non lo è.
Non avendo a che fare con sistemi di riferimento inerziali il paradosso dei
gemelli
non può mettere in crisi la RR che si occupa esclusivamente di sistemi di
riferimento
inerziali.
Questo esperimento ideale, invece, è di competenza della teoria della relatività
generale che si occupa appunto di sistemi di riferimento qualunque, in generale
accelerati.
05 - Equivalenza massa energia.
Un'altra conseguenza fondamentale della RR riguarda il concetto stesso di
massa ed energia.
Secondo la meccanica classica un corpo in movimento possiede una energia
cinetica (di movimento) che si può, per esempio, manifestare quando quel corpo
ne urta un altro. Se un corpo è in quiete, invece, la sua energia cinetica è
nulla.
Secondo la RR, invece, un corpo ha energia anche quando è in quiete e questa
energia è data dalla notissima formula :
La formula esprime un concetto "filosofico" completamente nuovo e ricco
di conseguenze inaspettate (rispetto alla meccanica classica) : esso afferma la
totale equivalenza di massa ed energia (a meno della costante moltiplicativa
c²). Afferma cioè che massa ed energia sono due aspetti apparentemente
diversi di una medesima realtà. La massa può di conseguenza trasformarsi
in energia e viceversa e la quantità di energia che si produce trasformando
la massa è enorme perchè m viene moltiplicato per il numero grandissimo
90.000.000.000.000.000.
Simili energie si ottengono nelle reazioni atomiche di fissione (in cui nuclei
pesanti tipo l'uranio si rompono generando parti più leggere ed energia dal
difetto di massa (reattori nucleari, bombe atomiche)) e di fusione (in cui
nuclei leggeri come per esempio il deuterio si fondono formando elio con
trasformazione del difetto di massa in energia (stelle, bombe H)).
06 - Principio di relatività generale (RG).
Dalla appena esposte descrizione del mondo restano fuori i sistemi di
riferimento
accelerati, quelli cioè che si muovono di moto non rettilineo uniforme rispetto
ad
un sistema inerziale.
Einstein intuì che le leggi della fisica dovessero essere le stesse in ogni
sistema
di riferimento, non solo in quelli inerziali. Questa estensione della RR va
sotto
il nome di principio di relatività generale (RG).
Il problema della definizione della RG era però complicato dal fatto che già
nella RR
si fa menzione del solo campo elettromagnetico (principio di costanza della
velocità
della luce) mentre rimaneva del tutto escluso l'altro campo di forze noto a quei
tempi,
il campo gravitazionale. Come inserire nella teoria anche il campo
gravitazionale ?
Del campo gravitazionale era nota la formula di Newton che esprime la forza con
cui
due masse qualunque si attirano. La forza gravitazionale è una forza universale
che
agisce fra tutti i corpi, piccoli o grandi che siano. E' una forza molto debole
che diventa
apprezzabile solo fra corpi molto grandi. Nessuno si rende conto che per esempio
c'è
forza gravitazionale anche fra me stesso ed il computer su cui sto scrivendo !
Einstein si dedicò al problema della definizione della RG dal 1905 al 1916 e lo
risolse
partendo da una intuizione geniale su un fatto semplicissimo che è sotto gli
occhi di tutti :
tutti i corpi cadono con la stessa accelerazione indipendentemente dalla loro
massa
(non considerando l'attrito dell'aria ed il fatto che la terra ruota su sè
stessa).
Questo fenomeno era stato studiato già da Galileo e da Newton ma nessuno dei due
aveva pensato che questo fatto fosse di fondamentale importanza e non una pura
casualità.
Questo fenomeno va sotto il nome di principio di equivalenza ed esprime
il fatto che
la massa inerziale è uguale alla massa gravitazionale, ovvero che due corpi si
attirano
gravitazionalmente con la stessa massa con la quale reagiscono a qualunque
forza, di
qualunque tipo.
Il 2' principio della dinamica afferma che se una forza agisce su un corpo, gli
imprime
una accelerazione proporzionale alla forza stessa (Aristotele pensava, invece,
che la forza
fosse proporzionale alla velocità perchè non considerava gli attriti, vedi
l'esempio di un
carro trainato da buoi i quali lo tirano con forza costante ed ottengono una
velocità costante,
a causa appunto degli attriti).
Il coefficiente di proporzionalità fra forza e accelerazione si chiama massa
inerziale (o
semplicemente massa) e la formula che lega queste grandezze è la arcinota F =
ma.
Due corpi si attraggono gravitazionalmente con una forza proporzionale alle
masse
(inerziali) dei due corpi per cui non vi è distinzione fra massa inerziale e
massa gravitazionale.
Vi è un solo tipo di massa.
Questo è un dato di fatto verificabile sperimentalmente e da ciò si deduce
immediatamente
(omettiamo la semplice dimostrazione matematica) che l'accelerazione con cui un
corpo
cade è indipendente dalla massa del corpo stesso. Non considerando l'attrito
dell'aria
(basta fare l'esperimento in un tubo sotto vuoto) una piuma ed un sasso cadono
allo stesso
modo.
Einstein collegò il fenomeno della caduta (con la stessa accelerazione) dei
corpi in un campo
gravitazionale col fatto che rispetto ad un sistema di riferimento uniformemente
accelerato
(con accelerazione costante) tutti i corpi vengono visti accelerare con la
stessa accelerazione
(opposta a quella del sistema) non dipendente dalla massa dei corpi.
Einstein notò che un campo gravitazionale è indistinguibile da un sistema di
riferimento accelerato
(almeno per tempi sufficientemente corti).
Spieghiamo meglio il concetto con un esperimento ideale molto significativo.
Supponiamo
che degli astronauti stiano navigando nello spazio in una navicella spaziale
particolare :
essi hanno solo la possibilità di fare esperimenti di fisica sugli oggetti al
suo interno e
non hanno alcuna percezione di ciò che avviene all'esterno.
Supponiamo che ad un certo momento essi notino che tutti i corpi all'interno
della
navicella subiscano una medesima accelerazione costante in valore e direzione,
diciamo verso il pavimento dell'astronave.
Orbene, essi non potranno mai affermare con nessun esperimento fatto all'interno
della navicella che le accelerazioni che misurano siano causate dai razzi della
navicella che la stanno facendo accelerare oppure da un campo gravitazionale
esterno. Essi non potranno mai affermare, quindi, di essere in un sistema di
riferimento
accelerato oppure di essere immersi in un campo gravitazionale uniforme (come
sulla
superficie terrestre).
Il fatto che un campo gravitazionale è matematicamente identico ad un sistema
di
riferimento accelerato è un altro modo di esprimere il principio di equivalenza
ed
è la base su cui si fonda la RG.
Un campo gravitazionale è allora equivalente ad un sistema di riferimento (non
inerziale)
in cui lo spazio-tempo risulta modificato, influenzato, incurvato dalle masse
che lo generano.
Ecco così che i sistemi di riferimento non inerziali vengono conglobati nella
teoria come
generalizzazione di quelli inerziali in presenza del campo gravitazionale.
Così la descrizione della natura (per quanto riguarda la forza elettromagnetica
e gravitazionale)
è completa.
D'ora in poi non si farà più la distinzione fra sistemi di riferimento inerziali
e non. Per entrambi
vale lo stesso principio di RG : le leggi della fisica devono essere le stesse
rispetto a tutti i
sistemi di riferimento.
Lo spazio-tempo 4-dimensionale viene così perturbato dalle masse che generano il
campo
gravitazionale che lo incurvano. Questo significa che lo spazio-tempo della
realtà fisica non è
piatto, cioè euclideo. In esso non valgono più le regole della geometria
euclidea. In uno spazio
non euclideo, per esempio, la somma degli angoli di un triangolo è diversa da
180 gradi, il rapporto
fra circonferenza e diametro è diverso da pigreco e due rette parallele si
possono incontrare. Lo
spazio-tempo reale non è euclideo.
Questo dato può sembrare stupefacente perchè in effetti la geometri euclidea è
ben soddisfatta
nell'esperienza comune fino a distanze molto rilevanti. Nel sistema nostro
solare, per esempio, lo
spazio-tempo può considerarsi pressochè piatto. La curvatura dello spazio-tempo
comincia a
farsi sentire per distanze molto grandi, per l'universo nel suo insieme o per
oggetti particolari quali
i buchi neri.
La RG permette addirittura di fare ipotesi sulla formazione e lo sviluppo
dell'universo nel suo
complesso e grazie alla RG la cosmologia ha assunto un ruolo vitale e
fondamentale nella
fisica moderna.
07 - Spazio-tempo curvo.
Il concetto di spazio-tempo non euclideo è molto difficile da immaginare perchè
non
possiamo visualizzare spazi a più di 3 dimensioni. In questo paragrafo
cercheremo di
farci un'idea della curvatura dello spazio omettendo per semplicità il tempo e
limitandoci
all'esempio di uno spazio 2-dimensionale (una superficie) immerso nel comune
spazio
3-dimensionale euclideo della nostra esperienza. Le proprietà riscontrabili in
un simile
esempio sono estendibili a spazi di qualunque dimensione compreso lo
spazio-tempo
4-dimensionale della RG.
Immaginiamo una superficie 2-dimensionale curva. Immaginiamo di disegnare delle
linee
curve sulla superficie in modo che ogni punto della superficie sia rappresentato
dall'incrocio
di due di queste linee come indicato nella figura seguente :
In questo modo abbiamo definito sulla superficie un sistema di coordinate
curvilinee.
Un esempio familiare di ciò sono la latitudine e la longitudine sulla superficie
terrestre.
Ogni punto sulla superficie terrestre è individuato univocamente dalla sua
latitudine e
longitudine. Nella nostra vita quotidiana, in effetti, la curvatura terrestre è
un dato
trascurabile. Ci sembra di vivere a tutti gli effetti su una superficie piana e
non ci
poniamo mai il problema del fatto che la terra è sferiforme. Non è così per chi
fa
la professione del disegnatore di rotte marine od aeree, per loro la curvatura
terrestre
è ineliminabile.
In ogni modo, se prendiamo una porzione sufficientemente piccola di uno spazio
curvo
qualunque, possiamo sempre considerare in esso lo spazio come "quasi"
perfettamente
piatto, euclideo. Questo è un concetto molto importante ed è sempre applicabile,
qualunque
sia la curvatura.
Consideriamo due punti A e B sulla superficie come indicato in figura ed
immaginiamo
di tracciare delle linee che li congiungono. Queste linee devono giacere
completamente
sulla superficie e mai distaccarsi da essa. Fra tutte le possibili linee ve ne è
una sola che
ha la proprietà di essere la più breve. Questa linea si chiama geodetica.
Torniamo ora allo spazio-tempo 4-dimensionale della RG. Esso è da considerarsi
in
generale incurvato dalle masse. Esso sarà piatto (euclideo) solo in assenza di
masse.
Comunque possiamo sempre scegliere una piccola porzione di questo spazio-tempo
tale da essere considerato a tutti gli effetti praticamente piatto.
Fisicamente una tale piccola porzione euclidea la si può scegliere immaginando
un sistema
di riferimento che cade liberamente nel campo gravitazionale per un tempo
abbastanza
piccolo. Si può verificare ciò quando un aereo prende un vuoto d'aria, in certi
giochi da
luna-park oppure in una navicella spaziale in orbita stazionaria attorno alla
terra. In questi
sistemi in caduta libera, ogni corpo cade allo stesso modo, indipendentemente
dalla sua massa
(principio di equivalenza) per cui in effetti tutti i corpi appaiono privi di
peso (peso = forza
gravitazionale) e cadono tutti assieme al sistema di riferimento, quindi
appaiono rispetto ad esso
in quiete o in moto rettilineo uniforme. Questo sistema in caduta libera appare
inerziale per i suoi
"abitanti" ed in esso la geometria appare euclidea.
Lo spazio-tempo 4-dimensionale è nel suo complesso sempre curvo (a meno che non
sia
privo di masse) anche se localmente può essere considerato piatto. Prendiamo due
punti
A e B di questo spazio-tempo ed immaginiamo tutte le linee che li congiungono.
Queste
linee, come nell'analogia 2-dimensionale, non possono mai uscire dallo
spazio-tempo curvo,
ne devono assolutamente seguire la curvatura. Fra tutte le linee che congiungono
A e B
ve ne è una di distanza minima. La geodetica.
Un corpo qualunque, nel suo moto nello spazio-tempo, deve seguire una geodetica.
Questo
principio deriva da un principio naturale più generale, il principio di
minima azione, secondo
il quale la natura compie sempre il minimo "sforzo", ovvero la natura è priva di
"fantasia". Un
corpo percorrendo una geodetica soddisfa il principio di minima azione.
Conoscendo la curvatura dello spazio-tempo si possono determinare le geodetiche
e quindi si
possono conoscere le traiettorie compiute dai corpi che si muovono nello
spazio-tempo. Questo
risultato permette una descrizione completa dei fenomeni che avvengono nello
spazio-tempo curvo.
Rimane solo da definire la curvatura dello spazio-tempo in funzione delle masse
che vi creano
il campo gravitazionale. Ovvero, data una distribuzione di masse, come di
conseguenza viene
incurvato lo spazio-tempo ? La risposta a questa domanda assieme al concetto di
geodetica
descrive completamente il campo gravitazionale e la sua evoluzione (nonchè come
i corpi si
muovono in esso).
La definizione della curvatura dello spazio-tempo avviene attraverso l'equazione
di Einstein, una
equazione estremamente complessa che è in grado di descrivere ogni tipo di campo
gravitazionale
ed addirittura l'universo nel suo complesso.
08 - Conseguenze della RG.
Il fatto che il campo gravitazionale creato dalle masse incurvi lo spazio-tempo
produce conseguenze
assolutamente nuove rispetto alla meccanica classica. Ne elenchiamo alcune
particolarmente importanti :
1- spostamento verso il rosso (red shift) gravitazionale : a
causa dell'incurvamento dello
spazio-tempo un orologio immerso in un campo gravitazionale viene
visto marciare più
lentamente da un osservatore posizionato al di fuori del campo
(ovvero dove il campo è più
debole). Supponiamo allora di osservare un orologio posto sulla
superficie del sole dove
il campo gravitazionale è sicuramente molto intenso. Secondo quanto
precedentemente
affermato lo dovremmo vedere segnare il tempo più lentamente di un
analogo orologio
posizionato qui sulla terra. Il problema è che non potremo mai
posizionare un orologio
sul sole per via della enorme temperatura. Possiamo però utilizzare
gli "orologi naturali"
che già vi sono posizionati. Gli atomi eccitati emettono radiazioni
di frequenza ben
determinata. Noi possiamo considerare queste frequenze tipiche di
ogni atomo come
degli orologi perfetti. Osservando le frequenze di emissione degli
atomi sul sole osserviamo
che esse ci appaiono minori, più rosse, di quello che dovrebbero
essere e ciò conformemente
all'incurvamento dello spazio-tempo prodotto dal campo
gravitazionale solare..
2- spostamento del perielio di mercurio : mercurio è il pianeta
più vicino al sole e la sua orbita
deve risentire più di ogni altro pianeta dell'incurvamento spaziale
generato dal campo
gravitazionale solare. Gia da metà '800 era nota una piccola
variazione (43" per secolo) del
perielio di mercurio secondo la quale il pianeta non percorre una
ellisse chiusa, bensì compie
un'orbita a "rosetta". Questa anomalia non trovava una spiegazione
nell'ambito della teoria
newtoniana. All'interno della RG questo fenomeno trova una
spiegazione nell'incurvamento
spaziale che in prossimità del sole è apprezzabile. .
3- deviazione della posizione apparente delle stelle nelle vicinanza
della superficie solare :
se lo spazio è incurvato dal campo gravitazionale del sole, un
raggio di luce che passa nelle sue
vicinanze (dove l'incurvamento è maggiore ed il fenomeno più
rilevabile) non può compiere un
cammino rettilineo (come se lo spazio fosse euclideo). Le stelle
posizionate (apparentemente) nei
pressi della superficie del sole devono allora avere la loro luce
deviata dal campo gravitazionale
solare. Il sole funge allora da "lente gravitazionale" e le stelle
appaiono spostate rispetto alla posizione
che hanno quando sono posizionate lontane (apparentemente) dal
sole. Questo fenomeno è verificabile
solo durante le eclissi solari totali.
4- onde gravitazionali : come ogni campo, anche il campo
gravitazionale deve propagarsi
nello spazio con una velocità finita. Einstein stesso ipotizzò che
anche il campo gravitazionale
si propaga per onde gravitazionali alla velocità della luce. Le
onde gravitazionali possono essere
immaginate come le "increspature" del campo gravitazionale. Le onde
gravitazionali sono state
anche quantizzate ed è stata fatta l'ipotesi che esse viaggino
sotto forma di particelle, i gravitoni,
così come le onde elettromagnetiche viaggiano sotto forma di
fotoni. Le onde gravitazionali
sono molto deboli per cui a ancora oggi non sono state rivelate con
esattezza.
5- buchi neri : se la massa di una certa distribuzione di materia
è sufficientemente grande e
gli atomi possono avvicinarsi liberamente, si ha il fenomeno del
collasso gravitazionale. Ciò
può accadere in una stella che sta esaurendo il combustibile
nucleare che la tiene in vita,
(l'idrogeno). Quando una stella si raffredda, essa comincia
a contrarsi e a ridursi di volume
fino a densità enormi (col raffreddamento progressivo, la gravità,
che è sempre centripeta,
vince la repulsione elettrica fra i protoni i quali
vengono compattati sempre più e combinati
con gli elettroni fino a che la stella diventa composta da soli
neutroni). Quando (se ciò è
possibile) tutta la materia di un corpo che collassa entra dentro
la superficie degli eventi di
quel corpo (ogni corpo ha la propria, per la terra è una sfera di
raggio 0,9 cm concentrica col
centro della terra, per il sole è una sfera di 3 km di raggio), si
crea un fenomeno del tutto nuovo.
Il campo gravitazionale diviene così intenso da curvare talmente lo
spazio-tempo a tal punto
che nulla può più uscire da quella sfera, neanche la luce. Si ha
così la nascita di un buco nero.
Un buco nero, per la sua caratteristica di non emettere alcunchè
non è visibile e quindi non
può essere osservato direttamente. Una verifica dell'esattezza di
questa teoria è assai
problematica, però, indirettamente, si possono notare stelle che
ruotano velocemente
attorno ad un punto ed altri fenomeni analoghi. Evidenze di
fenomeni di questo tipo
cominciano ad essere numerose per cui si può dedurre che siano
causati da ipotetici
buchi neri. Recentemente è stata fatta l'ipotesi che in effetti un
buco nero non è poi così
nero, esso emette materia e radiazione anche se in misura minima.
Questo avverrebbe per
fenomeni legati alla meccanica quantistica. In
meccanica quantistica, una particella può
superare, con una certa probabilità (non nulla) anche una barriera
di potenziale che secondo
la meccanica classica sarebbe insuperabile. Questo fenomeno, detto
effetto tunnel, fa sì che
io abbia una probabilità non nulla, per esempio, di saltare 10
metri in alto. E' chiaro che questa
probabilità è pressochè nulla, però, per la legge dei grandi
numeri, se facessi infiniti tentativi,
avrei un numero di risultati positivi uguale alla probabilità
teorica (rapportata al numero dei
tentativi). In una stella collassata vi è un numero grandissimo di
particelle, per cui qualcuna
esce di fatto dal buco nero. Un buco nero evapora lentamente .
09 - Cosmologia.
L'equazione di Einstein è in grado di descrivere l'evoluzione sia del
campo gravitazionale
che del moto delle masse al suo interno. L'equazione di Einstein è in grado di
descrivere,
quindi, anche la struttura dell'universo nel suo insieme (in larga scala, ovvero
quando i
fenomeni quantistici che agiscono a livello atomico e subatomico sono
ininfluenti).
Questo fatto assolutamente nuovo fu subito messo in luce da Einstein stesso
(1917).
Da quel momento la cosmologia diventò una branca della fisica dinamica e vitale
come
non mai in passato. Si iniziò a ipotizzare modelli di universo basati sui
presupposti più
svariati ma che sempre dovessero soddisfare l'equazione di Einstein. Furono
ipotizzati
modelli omogenei o non, isotropi o non, aperti, chiusi, statici o non.
Fu solo nel 1929 che con la scoperta (dovuta a Hubble) dello spostamento verso
il rosso
delle galassie (red shift cosmologico) la cosmologia prese una direzione
ben precisa :
l'universo sembra espandersi.
Osservando le galassie esse appaiono più rosse di quello che dovrebbero essere.
Ciò si può spiegare in base all'effetto Doppler. Questo effetto, che noi
sperimentiamo
comunemente nel campo delle onde acustiche (il fischio del treno che ci viene
incontro
è più alto mentre è più basso quando si allontana), afferma che la frequenza di
un'onda
di qualunque tipo (acustica, elettromagnetica) emessa da una sorgente in moto
relativo
rispetto ad un osservatore appare maggiore se la sorgente si muove in direzione
dell'osservatore, minore se si allontana.
Ora, se le galassie appaiono più rosse, ciò potrebbe significare che esse si
stanno
allontanando rispetto a noi. L'universo, quindi, si starebbe espandendo e,
portando
il processo all'indietro nel tempo, probabilmente, in un lontano passato, esso
doveva
essere tutto concentrato in un volume limitato da cui, poi, è iniziata
l'espansione. Questa
è l'ipotesi del big bang che oggi rappresenta la teoria più avvalorata
sulle origini e
l'evoluzione del cosmo.
Se l'universo si espande, ci possono essere due possibilità. O l'espansione dura
per
sempre e l'universo è destinato a diventare sempre più rarefatto e freddo
oppure, dopo
l'espansione, se la massa totale è sufficientemente grande, l'universo comincerà
ad
implodere (big crunch) fino a tornare alla situazione iniziale per poi,
magari, riesplodere
e ricominciare ad espandersi di nuovo.
L'avverarsi di uno o l'altro dei modelli dipende dalla massa complessiva
dell'universo.
La misura della massa totale è un problema assai complesso perchè la massa di
cui ci
perviene "informazione" è solo quella che emette radiazione elettromagnetica (al
momento
noi "vediamo" l'universo attraverso telescopi ottici, radiotelescopi, telescopi
a raggi infrarossi,
x ecc. ma tutti solo in grado di captare radiazioni elettromagnetiche).
Nell'universo, però, c'è sicuramente anche della massa della quale non ci
perviene
informazione, la cosiddetta massa oscura. E' formata almeno dai buchi neri e dai
neutrini,
nel caso essi abbiano massa non nulla (non è ancora chiaro se la massa del
neutrino sia nulla
o no).
Se consideriamo solo la massa visibile, sembra che essa sia troppo piccola per
contrapporsi
all'espansione per cui l'universo dovrebbe espandersi per sempre. Il problema è
aperto ma,
mentre si stanno facendo stime ed ipotesi sempre più approfondite sulla massa
oscura, una
scoperta recente (ancora in fase di verifica) è destinata a rivoluzionare tutte
le nostre idee riguardo
al cosmo : sembra che l'espansione dell'universo stia addirittura accelerando
(in positivo).
Siamo forse alla vigilia della scoperta di una nuova forza ?
Questa teoria ha introdotto nella fisica moderna delle significative novità che praticamente hanno rivoluzionato tutto il sistema galileano scardinandone le fondamenta su cui esso poggiava: lo spazio, il tempo assoluto e la relatività del moto. Concetti che vanno bene per dei parametri adeguati alla nostra vita quotidiana, a misura d'uomo se vogliamo, ma non altrettanto quando il nostro campo d'osservazione si sposta allo spazio cosmico. In esso infatti entra in gioco la velocità della luce, un valore ben piu' grande di quelli con cui siamo abituati a convivere, la cui quantificazione ha posto peraltro il problema di riposizionare ogni punto di riferimento fisico rispetto al passato.
Infatti, se prendiamo il caso di un marinaio che cammini lungo il ponte di una nave a 5 km all'ora, dalla terraferma lo vedremmo muoversi secondo due diverse velocità, a seconda del riferimento usato. Una di 5 km/h riferita alla nave, e l'altra di 5 km/h piu' quella propria del battello, se useremo la Terra come punto di riferimento. E fin quì tutto a posto con il sistema galileano. Il problema nasce se la velocità con cui si muova il nostro ipotetico viaggiatore sia pari a quella della luce. In questo caso non lo vedremmo piu' spostarsi ad una velocità pari alla somma delle due, come ci potremmo aspettare, bensì sempre a quella stessa della luce.
La stessa cosa riguarda la luce solare che ci giunge sempre nello stesso tempo, sia che la Terra si stia avvicinando al Sole, ed in questo caso dovremmo osservarne una maggiore perchè il nostro pianeta andrebbe incontro ad essa, sia che la Terra se ne stia allontanando, ed in questo caso ne dovremmo avere una minore perchè i raggi solari sarebbero costretti a rincorrere la Terra.
E' questa una caratteristica della luce, da cui si ricava che la sua velocità, la massima attualmente conosciuta, non risponde alle regole del sistema galileano ed è perciò uguale per ogni punto di riferimento a prescindere dallo spazio e dal tempo.
Di questo se ne accorse A. EINSTEIN che elaborò la teoria della relatività prendendo spunto dalla scoperta di due scienziati americani, i quali alla fine del diciannovesimo secolo avevano notato che, nonostante la luce viaggi ad una velocità grandissima, questa non puo' superare comunque i 300000 km al secondo. Essa è dunque una quantità finita che si mantiene costante nel tempo e nello spazio.
Come diretta conseguenza di questo, avremo la distorsione dello spazio e del tempo che prima erano invece ritenute entità assolute. Prendiamo l'esempio di un veicolo che proceda a tale velocità, noteremo che pur accelerandolo esso continuerà a muoversi in maniera costante. Dovranno variare allora altri elementi per soddisfare la maggiore quantità di energia spesa a spingerlo piu' rapidamente. Essendo la velocità della luce costante la maggiore accelerazione, l'energia, comporterà l'aumento della massa del veicolo con la diretta conseguenza che un osservatore esterno vedrà l'auto accorciarsi, per la contrazione dello spazio, ed i movimenti dell'autista rallentare, per la dilatazione dei tempi.
La teoria della relatività allora ribalta i punti di riferimento fissati dal sistema galileano quando la velocità di un corpo si approssima a quella della luce. Ogni evento fisico non è piu' relativo al moto, con lo spazio ed il tempo invariabili, bensì alla posizione dell'osservatore, dove l'unica entità assoluta diviene appunto la velocità della luce.
A. EINSTEIN codificò il tutto in quella famosa formula che caratterizza tutta la sua teoria:
E (Energia) = M (massa) x C2 (velocità della luce al quadrato)
Applicando tutto questo all'universo Einstein elaborò la seconda parte della teoria, la Relatività Generale, mentre la prima è chiamata Ristretta, dove entra in gioco un'altra forza fondamentale, quella gravitazionale, a cui praticamente si sottomette persino la luce. Infatti, nello spazio cosmico, un raggio di luce che transita in prossimità di una grande massa viene da questa deviato verso se stessa in maniera direttamente proporzionale all'entità del corpo celeste.
Ciò è stato appurato durante le eclissi solari, osservando come alcune stelle apparivano spostate rispetto alle posizioni reali, a causa della massa solare. Ma come sappiamo dall'evoluzione dei corpi stellari, questi alla fine della loro vita si contraggono, aumentando quindi grandemente la loro densità. A densità maggiori corrispondono gravità maggiori, e perciò piu' deviazioni della luce, sino al caso limite di densità infinita cui corrisponderà una forza gravitazionale infinita ed una conseguente deviazione totale della luce.
Allora un raggio di luce che passi in vicinanza di una grande massa gravitazionale verrà risucchiato da questa in un pozzo senza fondo, senza piu' essere visibile dall'esterno e con una velocità sempre maggiore. Ma come sappiamo dalla relatività ristretta, questa non può superare il suo stesso limite di 300000 km al secondo, ragion per cui, ad esserne in primo luogo influenzati saranno lo spazio ed il tempo.
Una teoria rivoluzionaria dunque, che porta come diretta conseguenza nel campo astrofisico alla scoperta di uno dei piu' straordinari oggetti dello spazio: il buco nero.
La teoria della relatività ristretta o relatività speciale, come viene chiamata nei paesi anglosassoni, trae origine dagli studi di Albert Einstein formalizzati in un articolo del 1905.
Per poter dare un’occhiata a questa teoria ed a come essa ha rivoluzionato il mondo della fisica occorre tornare un po’ indietro nel tempo e risalire fino a Newton ed al suo problema della ricerca del sistema di riferimento assoluto. Per poter descrivere qualsiasi fenomeno fisico sotto forma di legge è necessario avere un sistema di riferimento ed occorre che tale sistema di riferimento non alteri in alcun modo la nostra descrizione del fenomeno. Nella nostra vita quotidiana siamo portati spontaneamente a fare riferimenti quando facciamo delle misure, o quando diamo delle indicazioni. Per descrivere le leggi della fisica dobbiamo definire una categoria di sistemi di riferimento, detti inerziali. Nei sistemi di riferimento inerziali vale il principio di inerzia o prima legge della dinamica che afferma che se un corpo non è soggetto a forze fisiche esso rimane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme. Questa definizione del principio di inerzia è dovuta a Galileo Galilei.
Un sistema non inerziale è quindi un sistema associato ad un corpo sottoposto a forze e quindi ad una accelerazione. Trovato un sistema inerziale, se ne possono definire infiniti altri purché il moto relativo di ognuno di questi sistemi sia rettilineo uniforme.
Un esempio di situazione in cui vale il principio di inerzia è il volo delle sonde spaziali nel cosmo. Una volta che queste sonde sono sfuggite alla forza di gravità della Terra, esse continuano il loro viaggio con velocità costante, la velocità che avevano nel momento in cui non subivano più la forza di gravità. Se tutti i sistemi di riferimento inerziali hanno moti relativi, ci si chiede quale è, fra tutti questi, quello che è in quiete assoluta, cioè fermo.
Il problema di Newton consisteva nel trovare un sistema inerziale in quiete assoluta e si pensò di trovare tale sistema introducendo l’esistenza dell’etere, una sorta di quasi-vuoto, trasparente, impalpabile e legato alle stelle fisse. Tutti i sistemi inerziali hanno quindi un moto rispetto all’etere anche se tale moto è costante, cioè rettilineo uniforme.
Il bisogno della ricerca dell’etere si fa più pressante quando si ha l’unificazione delle forze elettriche e magnetiche ad opera di James Clerk Maxwell. Una carica elettrica (ad esempio un elettrone) che oscilla nello spazio genera un campo elettromagnetico che si propaga sotto forma di onda piana. Il problema sta nell’individuare il mezzo di propagazione delle onde elettromagnetiche.
Le conoscenze che si avevano alla fine del secolo scorso dei fenomeni ondulatori mostravano che era necessario averne uno: le onde sonore si propagano nell’aria, mentre l’acqua propaga le perturbazioni. Per le onde elettromagnetiche il mezzo di propagazione non poteva essere il vuoto e quindi viene riesumato l’etere.
Un esperimento, molto noto, fatto nel 1887 da Michelson e Morley, eseguito proprio per misurare la velocità della Terra nell’etere, mostra inconfutabilmente che tale velocità è nulla. Sulla base di tale esperimento Einstein ipotizza che l’etere non esista e di conseguenza non esiste un sistema di riferimento assoluto: i moti sono tutti relativi. All’epoca di Einstein già si sapeva che la luce e più precisamente la radiazione elettromagnetica, si propagava con velocità finita pari a 300.000 km/sec.
Già verso la fine del 1600 l’astronomo danese Roemer constata che la luce ha una velocità finita. Osservando le eclissi dei satelliti di Giove nota che c’è un ritardo tra la posizione dei satelliti e la previsione. Giustamente Roemer imputa il ritardo al fatto che la luce non si propaghi istantaneamente e dà una prima valutazione della velocità della luce: circa 220.000 km/sec. Considerando l’epoca di questa misura, è un’ottima approssimazione.
Da questi presupposti Einstein enuncia i suoi postulati di relatività:
Le leggi della fisica hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziali; La luce ha una velocità finita sempre uguale in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Il secondo postulato quindi pone un limite invalicabile alle velocità in natura. Se in qualsiasi sistema di riferimento inerziale un segnale luminoso ha la stessa velocità, sarà impossibile superare tale limite. Supponiamo di trovarci su un’astronave in moto ad una velocità sostenuta. Se dall’astronave viene inviato un segnale luminoso nel verso di percorrenza dell’astronave, un osservatore fermo rispetto all’astronave dovrebbe vedere quel segnale muoversi ad una velocità pari alla somma della velocità della luce più quella dell’astronave. Il secondo postulato di relatività afferma che ciò non è vero: il segnale luminoso per l’osservatore fermo si muoverà sempre alla velocità della luce.
All’epoca di Einstein fare simili ipotesi era senz’altro azzardato, ma nel seguito i due postulati si sono dimostrati corretti tutte le volte che se n’è cercata la verifica. Da questi due postulati apparentemente semplici si deve edificare nuovamente tutta la fisica, migliorandone quelle parti che sono in contrasto coi postulati di relatività. Ciò significa che la fisica newtoniana ha una sua validità limitata al campo delle velocità molto basse rispetto alla velocità della luce. Il solo fatto di considerare la luce come una velocità limite della natura porta come immediata conseguenza l’eliminazione del concetto di tempo assoluto.
Nella fisica di Galileo e Newton il tempo scorre in modo assoluto in tutti i sistemi di riferimento; infatti un intervallo di tempo tra due eventi in un sistema di riferimento inerziale è lo stesso se misurato in un altro sistema in moto rispetto al primo. Nella relatività ristretta la situazione non è più la stessa. Per un osservatore che viaggia a velocità prossime a quelle della luce il tempo scorre più lentamente che per l’osservatore fermo. Per l’osservatore in moto l’intervallo di tempo è sempre lo stesso, cambia la sua misura quando si passa da un sistema all’altro.
Questo è dovuto al fatto che nella teoria della relatività la luce impiega tempo per collegare due punti dello spazio. Tale fenomeno è noto col nome di dilatazione del tempo. È chiaro però che nel momento in cui consideriamo eventi che si muovono a velocità molto basse rispetto a quella della luce vale la fisica classica così come la si impara a scuola.
Altra conseguenza della teoria della relatività ristretta è che un oggetto che si muove a velocità prossima a quella della luce appare ad un osservatore in quiete, più corto rispetto alla dimensione dell’oggetto medesimo in quiete. Quest’effetto noto come la contrazione delle lunghezze è un effetto che non può essere misurato direttamente, cioè non può essere verificato, a differenza del primo effetto relativistico, la dilatazione del tempo, che può essere quantificato sperimentalmente in vari modi. La dilatazione del tempo e la contrazione delle lunghezze sono le conseguenze più vistose della relatività ristretta.
Anche nel caso della teoria della relatività ristretta, come per tutte le teorie è sempre necessario che ci siano delle verifiche sperimentali. Dato che la contrazione delle lunghezze non può essere verificata, l’unico effetto realmente misurabile è la dilatazione del tempo. Tali misure vengono eseguite nei laboratori di fisica atomica dove studiando il tempo di vita delle particelle subatomiche, in quiete ed in moto, è possibile verificare appunto che le particelle in moto relativistico vivono più a lungo di quelle in quiete o comunque in moto newtoniano.
Unitamente a queste verifiche sulla dilatazione del tempo, quando una particella viene accelerata sempre più affinché raggiunga una velocità prossima a quella della luce, l’energia spesa per tale accelerazione si trasforma in massa, cioè aumenta la massa della particella in questione. Al limite, una particella che raggiunga la velocità della luce (e non sia un fotone, cioè un quanto di luce), dovrebbe avere una massa infinita.
La relazione che lega queste grandezze è la ben nota:
E = mc2
dove E è l’energia, m è la massa e c è la velocità della luce moltiplicata per se stessa due volte.
Molti altri esperimenti simili hanno sempre dimostrato la totale validità di questa teoria. Altro concetto di grande importanza nella relatività ristretta è lo “spaziotempo”: in relatività ristretta, dato che il tempo non è più assoluto, non è possibile slegare il concetto di spazio da quello di tempo. Il tempo diventa quindi un’altra coordinata da aggiungere alle tre spaziali che già conosciamo.
D’altronde anche noi in pratica usiamo quattro coordinate o quattro dimensioni nella vita di tutti i giorni. Quando fissiamo un appuntamento con una persona indichiamo un posto (tre coordinate per lo spazio) e l’ora (una coordinata per il tempo). La differenza sta nel fatto che in questa teoria si stabilisce un legame geometrico tra lo spazio e il tempo.
Dal concetto di tempo relativo si passa poi alla conseguenza che la simultaneità degli eventi viene a cadere quando abbiamo sistemi di riferimento in moto relativo. Due eventi si dicono simultanei quando accadono nel medesimo istante. Nella relatività ristretta, eventi che sono simultanei se misurati in un determinato sistema di riferimento inerziale senz’altro non lo saranno più se osservati da un altro sistema di riferimento inerziale in moto uniforme.
La relatività ristretta ed ancor di più la relatività generale, che è il miglioramento di questa teoria, hanno cambiato completamente il modo di porsi davanti alla natura.
Accettare che esiste una velocità limite, invalicabile, ha posto dei confini a ciò che noi possiamo fare. Ad esempio questa velocità rende di fatto impossibile i viaggi interstellari perché, pur essendo elevata la velocità della luce rimane sempre piccolissima rispetto alle distanze tra le stelle, inoltre per accelerare una astronave a velocità prossime a quella della luce occorre una quantità di energia talmente elevata da prosciugare tutte le riserve della Terra per secoli. Inoltre osservare oggetti celesti, come le galassie, che sono a distanze dell’ordine delle decine di milioni di anni luce (un anno luce è la distanza che compie la luce in un anno pari a circa 10.000 miliardi di chilometri) significa vedere tali oggetti come erano quando la luce è partita, cioè milioni di anni fa. Di fatto è come viaggiare indietro nel tempo.
Il fenomeno della dilatazione del tempo implica che un astronauta che viaggiasse alla velocità della luce per andare, ad esempio, alla stella più vicina, distante circa 4 anni luce, al suo ritorno sulla Terra, troverebbe non più la gente invecchiata di 8 anni, ma di secoli. Molto probabilmente si perderebbe il ricordo della sua partenza. Per lui sono passati fisicamente 8 anni, per chi è rimasto sulla Terra, col tempo relativisticamente dilatato, sono passati dei secoli. I concetti nuovi della relatività oltre a rivoluzionare la fisica ci costringono a confrontarci con situazioni che richiedono tempo e pazienza per essere accettate ed in seguito comprese.