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Speciale

Porsenna, il suo film. Tra storia e mito

12 febbraio 2009, 18:33

SIENA. Il caso della scoperta archeologica avvenuta nel sito delle Pianacce - quello noto per la presenza della splendida tomba della Quadriga Infernale – ha destato l'attenzione e la curiosità dei lettori, oltre le aspettative.

Che quello rinvenuto sia il basamento del mitico “mausoleo di Porsenna” come dice il “non titolato” Romagnoli o che sia un monumento funebre del V secolo come dichiarato dalle fonti istituzionali - e le due cose non sono poi così incompatibili - resta la straordinaria scoperta che appare evidente anche agli occhi dei profani.

I nostri lettori, però, affascinati dalla leggenda del re di Chiusi, hanno chiesto di sapere l'origine delle affermazioni fatte da “visionario” Stefano Romagnoli. E di questa origine – che ha aspetti romanzeschi accanto a prove documentate – si tratta in questo articolo.

Abbiamo tradotto la vicenda in chiave "cinematografica", come la potrebbe raccontare un colossal di Hollywood.
Il primo passo della storia è la fugura di Porsenna. Una figura controversa nella storia, amata quanto negata; ammirata quanto ignorata. E' Porsenna il protagonista della nostra storia.

Il re di Chiusi, per tanto tempo relegato come "mito", torna con la sua straordinaria potenza evocativa e viene riconosciuto come unico condottiero che fu capace di conquistare Roma e di imporre durissime condizioni di pace.
Era il 509 avanti Cristo. A governare Roma c'era Tarquinio il Superbo da poco cacciato dalla città. Fu lui a chiedere agli etruschi di attaccare la sua città per aiutarlo a riprendere il potere.
Porsenna, in quell'anno re della dodecapoli etrusca, attacca Roma e la conquista.  Le condizioni: disarmo e divieto di uso del ferro eccetto che per la costruzione di strumenti agricoli. Inoltre Lucumone chiede ai romani di offrire, in segno di riconoscimento al vincitore, un trono d'avorio, un manto regale, uno scettro ed una corona d'oro, tutti simboli della regalità  etrusca.
Il suo dominio è liberale: egli lascia "il governo che trova" e non riporta Tarquinio al potere. Nonostante questo ci sono documenti che richiamano alla sua figura, talmente temuta anche dal Senato romano che lascia impietriti i suoi membri.
La sua fama non è legata, comunque, solo all'episodio della conquista di Roma.
Porsenna è ancora vivo nelle leggende del sud della Toscana, nelle favole che vengono raccontate ai bambini, nel sogno di una civiltà ancora avvolta, proprio come il suo più famoso re, nel mistero.
Non poteva mancare l'aggettivo "misterioso" anche per la sua tomba ed il suo mausoleo che, secondo la leggenda supportata da resoconti di storici latini, è colma di tesori.
Ecco il secondo protagonista della pellicola: il mausoleo di Porsenna. Proprio come l'arca dell'alleanza nei film di Indiana Jones.
Il testo di maggiore interesse per "conoscere" il mausoleo è la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio che sostiene di aver avuto notizia del mausoleo da un manoscritto di Marco Terenzio Varrone. Segue un brano dalla Naturalis Historia XXXVI, 13 riportato da quasi tutti coloro che nel tempo si sono occupati del mistero della tomba di Porsenna.
“Esistono ancora le sue vestigia, mentre di quello cretese e italico non rimangono tracce… E ora conviene parlare di quello italico che Porsenna re d'Etruria fece per se a scopo di sepoltura e al tempo stesso perché anche dagli italici fosse superata la vanità dei re stranieri. Ma poiché la favolosità supera ogni immaginazione, ci serviremo della descrizione, delle parole di Varrone stesso: Fu sepolto, egli dice, sotto la città di Chiusi; nel qual luogo lasciò un monumento (quadrato) di pietra squadrata; ciascun lato era largo 300 piedi e alto 50; dentro questa base quadrata un labirinto inestricabile nel quale se qualcuno entrava non poteva trovare l’uscita senza un gomitolo di filo. Sopra questo quadrato stanno 5 piramidi, 4 agli angoli, una in mezzo; in basso larghe 75 (?) (quinûm septuagenûm) piedi, alte 150, inclinate in modo tale che in cima a tutte è collocato un globo di bronzo ed un unico “petasus” (cappello da viaggio con falde, una cupola?), dal quale pendono campanelli tenuti da catene, i quali, agitati dal vento, mandano i suoni lontano come un tempo fu fatto a Dodona. Su questo globo stanno al di sopra quattro piramidi, alte ciascuna 100 piedi. Sopra queste, in un'unica base, cinque piramidi delle quali Varrone ebbe vergogna a dare l’altezza. Le favole etrusche tramandano che l’altezza fosse la medesima di tutto quanto l’edificio, e che pertanto l’avere cercato la gloria con stolta pazzia non fu di giovamento a nessuno. E inoltre che si esaurirono le forze del regno soltanto perché la lode dell’artefice fosse maggiore…".
Questa descrizione non convince più gli storici che ritengono quasi unanimemente che i romani abbiano proseguito anche in questo caso con la loro propaganda "negativa" volta a sradicare dalla storia la figura del re etrusco che era riuscito a soggiogare Roma e la cui figura ancora primeggiava nel ricordo delle popolazioni di derivazione etrusca.

Forse, la chioccia e i cinquemila pulcini d'oro, il cocchio con i 12 cavalli d'oro non sono reali; forse le dimensioni del mausoleo sono da rivedere.
Una cosa parrebbe certa: quel "sub" usato da Plinio non vorrebbe dire "sotto Chiusi" ma "davanti Chiusi". E questo ha aperto nuove strade agli archeologi e agli appassionati "cercatori di tesori" alla Indiana Jones.
“Il re Porsenna giace sepolto “davanti” ad alla città di Chiusi, in un luogo far Chiusi e la Solaia; da dove si guarda Chiusi e si domina Roma…"
Le pianacce, forse?
Ed ecco il terzo protagonista della storia: il luogo in cui la storia di Porsenna uomo ha avuto fine - almeno in questo film - e dove il suo mito ha avuto inizio. Il mito Porsenna si incrocia con il mito mausoleo e con il fascino di un tesoro nascosto che attende ancora di essere trovato.
Alla ricerca di questo tesoro si sono impegnati in tanti... anche attraverso nuovi documenti. Si può fare il nome di Pomponio Mela ( 200 a. C.). Il contributo di questo "visionario" è stato trovato da Stefano Romagnoli - uno dei protagonisti più recenti di questa cinematografica storia - durante una delle sue incursioni nella biblioteca della Bonifica della Valdichiana.
Nel volume trovato da Romagnoli, viene confermata la descrizione della locazione del mausoleo fornita dal Varrone, ma vengono smentite clamorosamente le misure. A tradurre dal latino questo volume, per dovere di cronaca, diciamo che è stato il celebre Gismondo Tagliaferro, autore del libro "Tombaroli si nasce" diventato un vero

must per gli appassionati di archeologia.

“Uscii dalla Città e scesi nella valle lungo il sentiero da cui un tempo ero venuto – è il protagonista della vicenda narrata da Pomponio Mela, Turms Porsenna, che parla - Io non scelsi la strada facile, che conduce alla montagna sacra, quella usata dai tagliapietre, bensì la Scala Santa fiancheggiata dai pilastri di legno dipinti… In silenzio oltrepassai l’ingresso alle tombe segnate dai tumuli di pietra e prima di toccare la vetta, mi “imbattei” anche nella Tomba di mio Padre. Dinnanzi a me, in ogni senso, si stendeva vasta la mia terra con le sue fertili vallate e le sue boscose colline. A settentrione luccicavano le acque azzurro cupo del mio lago, a occidente si levava il “cono tranquillo” ch’è la montagna della dea, dirimpetto si stendevano le dimore eterne dei trapassati…”.

La terra descritta, ancora una volta, sembra essere la zona compresa tra Chiusi e Sarteano. Il lago a nord, il “cono tranquillo” che è la montagna di Cetona ad ovest; le strade usate dai tagliapietre, e cioè le vie cupe (Via Inferi) che portavano dalla cava di travertino di Sarteano delle “Pianacce” a Chiusi; la valle con le tombe dei trapassati, “Costolaie e San Giuseppino”. Il figlio di Porsenna dice di essersi “imbattuto” nel mausoleo del padre che, evidentemente, non poteva essere alto 170 metri e poggiare su un basamento di m. 89 X 89 X 89: se queste misure fossero state reali il narratore avrebbe visto il mausoleo da molti chilometri di distanza, ovunque si fosse trovato in tutta la Valdichiana.

Chissà se sapeva tutto questo Papa Pio II quando fece visita a Chiusi per rintracciare la tomba di Porsenna!

Eh si... c'è anche un Papa in questa storia! Enea Silvio Piccolomini, l'illuminato papa che diede vita a Pienza, la città simbolo dell'Umanesimo.
Come lui sono stati in tanti a mettersi a caccia del mausoleo del Lucumone e molti nomi si incrociano in questa mirabolante storia mista a leggenda.
Dai tempi remoti facciamo un salto mirabolante - con l'ausilio di una macchina del tempo e di un prolungato effetto dissoluzione - e giungiamo a solo poco più di 13 anni fa quando, per la prima volta, torna forte il nome di Porsenna.
Torniamo al 1995 esattamente, quando in un libro si anticipava l’ubicazione di oltre 100 “nuove” tombe etrusche ancora da scoprire, in un’area circoscritta fra Sarteano e Chiusi. Ed ecco il quarto protagonista di questa storia: il libro.
"Io citto, tu citta – i segreti nascosti nelle terre di Porsenna". Questo è il titolo del libro scritto da Stefano Romagnoli mai dato alle stampe.
Questo libro, infatti, non può esser pubblicato perché, se lo fosse, rileverebbe a tutti la locazione esatta di più di un centinaio di tombe, oltre a quella di Porsenna, che ancora non sono state rinvenute. Un fatto che spinse gli autori del volume a consegnarlo, accompagnato da un esposto che denunciava le scoperte, alla Procura della Repubblica di Montepulciano. Un'autodenuncia degli autori per garantire il patrimonio dello Stato e, contemporaneamente, per tutelare il primato della scoperta.
L’esposto fu anche inviato al Ministero dei Beni Culturali, alla Soprintendenza per la Toscana, a tutti gli Enti preposti ed, anche, al Presidente della Repubblica.
Per tutta risposta, l’allora Soprintendente della Toscana, denunciò i tre autori del libro per millanteria e probabili ricerche non autorizzate. La Procura avviò delle indagini per appurare se fossero stati fatti scavi abusivi non consentiti.
Una Commissione guidata dal Procuratore della Repubblica Federico Longobardi; dal CTU della Procura della Repubblica, il Professor Angelo Vittorio Mira Bonomi; dall’ispettore Onorario per i beni archeologici, Giulio Paolucci e da altre autorità per la tutela del patrimonio archeologico, nonché dalle forze dell’ordine e dallo stesso Romagnoli e dai suoi due amici. Furono effettuati dei sopralluoghi in 14 siti enunciati nel libro. Tra questi 14 siti era compreso il Pianoro delle Pianacce, quello in cui è stata ritrovata la tomba della Quadriga Infernale e l'ultima scoperta annunciata solo qualche giorno fa.
Dalla scoperta della tomba fatta dall'archeologo Methz negli anni '50 e fino al momento del sopralluogo le Pianacce erano state ignorate dagli studi archeologici. Ingorate al punto che parte del pianoro era stato adibito a zona edificabile, sia per edifici privati che artigianali.

Per ogni presunta struttura ancora sepolta ed indicata sul libro vennero presi appunti e misure: dati completi di oltre 300 fotografie ritraggono Romagnoli ed i suoi amici - De Ieso e Pellegrini - mentre indicano con l’indice il punto esatto dove scavare per riscoprire i tesori ancora sepolti. A verbale, da parte loro, i rappresentanti della Soprintendenza della Toscana, dichiararono e firmarono che non poteva esserci nulla in nessuno di quei 14 posti, compreso il numero 8 (il Pianoro delle Pianacce). Al contrario, il CTU della Repubblica, Angelo Vittorio Mira Bonomi, diede come attendibili circa il 60% delle scoperte presunte nel libro. Una dichiarazione che fu presa in seria considerazione dalla Procura che, infatti, dopo aver redatto un verbale per ogni singolo sito, archiviò il caso perché il libro era attendibile e, quindi, non era stato commesso nessun millantamento; che non era stato messo a rischio il patrimonio culturale e, inoltre, che non erano stati eseguiti scavi o ricerche non autorizzate ma solo ricerche storico scientifiche.
Il film, a questo punto, dopo aver sfiorato il genere poliziesco prende la piega più strana e "inverosimile". I tre autori del libro, infatti, vengono ignorati da tutti meno che dalla stampa. Dai giornali locali fino a quelli nazionali come "Corriere della Sera" fino alla Rai.
A fare clamore fu, senza dubbio, la magica, mitica parola: Porsenna.
Sempre il favoloso re che domina nei sogni dei ricercatori, degli appassionati di storia antica... e, persino, dei magnati. Proprio come quel filantropo giapponese che, pare, proprio all'epoca del boom mediatico, propose di finanziare gli scavi per l'individuazione della tomba.
Intanto i tre appassionati scrittori erano diventati "visionari", pazzi, da emarginare...  il silenzio era tornato a cullare il sonno del Lucumone.
Fino al 2003: nuovo colpo di scena. In quell'anno viene alla luce la splendida tomba della Quadriga Infernale, sul pianoro delle Pianacce. Una scoperta che ha inserito Sarteano tra i centri più importanti di tutto il mondo estrusco.
E si torna, dopo qualche anno dai sopralluoghi della Procura, proprio in quel luogo protagonista della storia... in quel punto che appare così "azzeccato" rispetto alle descrizioni sulla ubicazione del mausoleo di Porsenna. Romagnoli credeva, all'epoca, di aver individuato la tomba di Porsenna... si era sbagliato! Quella era la Quadriga Infernale. Altro colpo di scena!
Si torna a scavare alle Pianacce, a pochi metri dalla splendida tomba rinvenuta cinque anni fa. E, precisamente, all’ingresso delle pianoro - se si arriva da Chiusi percorrendo la “via degli Inferi” che è una strada indicata nel libro già citato (già protagonista).
Anche sulla “strada” ancora non valorizzata ci sarebbe molto da dire. Romagnoli parla di una via formata da un selciato composto di grandi pietre irregolari che si inerpica fra rocce che sembrerebbero tagliate all’uopo e che, da Chiusi, portava alle necropoli delle Pianecce e della Solaia; necropoli che sono situate, rispettivamente, prima e dopo Sarteano. Una strada sacra e particolarmente importante perché lì – “…sub urbe Clusium…”, come scrive Terenzio Marco Varrone – c'era il mitico mausoleo che annuncia la tomba del grande Lucumone delle 12 lucumonie che componevano l’intera Etruria; la tomba, quindi, del grande Re di tutti gli Etruschi che, come ormai tutte le recenti scoperte sembrano confermare, per primo sconfisse e governò anche su Roma!
La favola del mausoleo torna a far sognare e riempie di emozione l'annuncio della Dottoressa Alessandra Minetti, direttore del Museo civico archeologico di Sarteano, che spiega di aver trovato delle fondamenta di un importante monumento, a mezzaluna e della larghezza di metri 16, risalente al V secolo prima di Cristo. Un monumento funebre su cui sarebbero stati esposti i corpi dei morti durante le cerimonie funebri; ma, “che nulla centra con Porsenna”. Pure, su quell'area sono state trovate tombe del quarto e terzo secolo avanti Cristo. Se quella è una struttura del quinto secolo vuol dire che, in quell'area, non sono ancora state trovate le tombe che risalgono a quella struttura, al culto di quei morti che, certo, avranno avuto immediata sepoltura...
Qui la storia si interrompe. Sullo schermo appare la parola "intervallo" e le luci in sala si accendono.
Resta un sentimento di attesa, l'ansia di sapere la fine di una storia bellissima, avvicente, piena di colpi di scena...
Probabilmente, seppure fosse in quel luogo esatto, non si troveranno tracce del mausoleo di Porsenna. Pensare che i romani abbiano lasciato intatto il monumento simbolo del loro nemico è decisamente impensabile. Ma forse qualche traccia del mitico re ancora resta  nascosto nello spazio tra Sarteano e Chiusi. 
Del resto, c'è ancora chi rincorre l'arca dell'Alleanza. Chi aspetta di scoprire la seconda sfinge nella piana di Giza.
Il sogno ... non c'è tesoro più grande.