NOTIZIE SUL FURTO DI DASHUR E ALTRI MISTERI NELLE PIRAMIDI:

 

[Foto: Controversa foto del presunto "Disco Volante" di Dashur]



La controversa foto del  "Disco Volante" di Dashur, secondo La Nacion.

 

[Foto: La Piramide di Dashur]

 MATEMATICA E ASTRONOMIA A GIZA
LA PIRAMIDE DI DASHUR
 

OPERAZIONE "DASHUR"

1978: a 30 Km dal sito archeologico di Menfi si innesca una crisi per il possesso di un misterioso oggetto sepolto sotto la piramide di Dashur. Cronaca degli scontri tra l’esercito di Gerusalemme e gli Egiziani.



Condurre una revisione esaustiva della bibliografia ufologica in spagnolo è sicuramente una chimera. Desideriamo comunque gettare nuova luce su alcuni casi che tempo addietro non sono stati compresi o studiati appieno. Redatto nel 1978, dall’inquirente Jean Pierre Jorde, il servizio che segue riguarda un caso avvenuto lo stesso anno in Egitto. Secondo Jorde, stando ad una informazione confidenziale "Commandos israeliani si sarebbero confrontati con l’esercito egiziano, in una lotta disperata per la conquista di un UFO localizzato nella parte sottostante di una piramide". La notizia venne diffusa a livello mondiale dal periodico californiano "La Nación".
A metà del Febbraio 1978, un gruppo di archeologi israeliani iniziò gli scavi nei pressi della grande piramide di Snefru, a Dashur (regione di Menfi). La piramide, come quelle circostanti, non era mai stata aperta per questo tipo di ricerche, trattandosi di una zona adibita dagli Egiziani a operazioni militari Top Secret. Si può attribuire al clima di distensione nei confronti di Israele, l’autorizzazione agli scavi da parte del presidente egiziano Anwar Sadat. Gli archeologi lavoravano a quindici metri di profondità, in una zona mai esplorata prima, a nord della piramide, quando, nel sistemare la base di un treppiedi di una macchina fotografica, uno dei sostegni urtò una pietra friabile, una sorta di materiale di riporto, che cedette sotto il peso e la pressione della macchina fotografica. 

 

OPERAZIONE PIRAMIDE DASHUR

1978: a 30 Km dal sito archeologico di Menfi si innesca una crisi per il possesso di un misterioso oggetto sepolto sotto la piramide di Dashur. Cronaca degli scontri tra l’esercito di Gerusalemme e gli Egiziani.

Condurre una revisione esaustiva della bibliografia ufologica in spagnolo è sicuramente una chimera. Desideriamo comunque gettare nuova luce su alcuni casi che tempo addietro non sono stati compresi o studiati appieno. Redatto nel 1978, dall’inquirente Jean Pierre Jorde, il servizio che segue riguarda un caso avvenuto lo stesso anno in Egitto. 

Secondo Jorde, stando ad una informazione confidenziale "Commandos israeliani si sarebbero confrontati con l’esercito egiziano, in una lotta disperata per la conquista di un UFO localizzato nella parte sottostante di una piramide". La notizia venne diffusa a livello mondiale dal periodico californiano "La Nación". 

A metà del Febbraio 1978, un gruppo di archeologi israeliani iniziò gli scavi nei pressi della grande piramide di Snefru, a Dashur (regione di Menfi). La piramide, come quelle circostanti, non era mai stata aperta per questo tipo di ricerche, trattandosi di una zona adibita dagli Egiziani a operazioni militari Top Secret. Si può attribuire al clima di distensione nei confronti di Israele, l’autorizzazione agli scavi da parte del presidente egiziano Anwar Sadat. 
Gli archeologi lavoravano a quindici metri di profondità, in una zona mai esplorata prima, a nord della piramide, quando, nel sistemare la base di un treppiedi di una macchina fotografica, uno dei sostegni urtò una pietra friabile, una sorta di materiale di riporto, che cedette sotto il peso e la pressione della macchina fotografica. 


L'incredibile ritrovamento

Il fotografo si inchinò per guardare attraverso il buco formatosi accidentalmente. Sotto i loro piedi si apriva una caverna. Con foga gli archeologi spazzarono via i detriti e ampliarono il foro con picconi e pale, fino a intravedere un oggetto misterioso. Non era un antico manufatto egizio. Era di 120 centimetri di diametro, a forma discoidale. Al centro la sua parte più spessa doveva essere di tre metri e sembrava costituito da metallo nitido e brillante, privo di segni degli effetti del tempo. Nessuna tomba, né statue, né offerte votive sacre circondavano lo strano artefatto che era sostenuto da tre zampe. 

Esaminando attentamente la caverna, due degli archeologi scesi nella cavità constatarono la presenza di equipaggiamento elettronico e medicinali (nella fattispecie pasticche), in perfette condizioni. Per Israele, Paese da sempre preparato per un’eventuale guerra, quel materiale rappresentava una buona dotazione di armi sofisticate e ultramoderne, di cui avrebbero potuto vantare il possesso. Gli archeologi, dopo aver parlato tra loro, decisero che era necessario comunicare immediatamente la notizia del ritrovamento al proprio governo, segretamente e rapidamente, in modo che gli Egiziani non se ne accorgessero e quindi confiscassero il materiale rinvenuto. Venne deciso che il fotografo, che aveva scattato innumerevoli foto dello strano artefatto, avrebbe portato i rullini a Tel Aviv, per mostrarli alle autorità. Nel frattempo, gli altri membri del gruppo continuarono a scavare, fingendo di continuare i lavori, per evitare sguardi indiscreti. Erano giunti alla conclusione che si doveva trattare di una nave spaziale, nascosta al di sotto della piramide di Snofru. Infine le foto giunsero al Ministero della Difesa di Israele, dove venne riunito lo "Zahal", un gruppo militare ultrasegreto. 

Alla sessione, che si prolungò fino all’alba, parteciparono anche gli esperti che tempo addietro pianificarono l’operazione "Entebbe". Il tema della discussione era come appropriarsi dell’oggetto, che avrebbe garantito loro un vantaggio bellico insuperabile e come evitare di farlo cadere nelle mani degli Egiziani. E così, mentre parallelamente i politici di ambo le nazioni si scambiavano calorosi saluti, promesse di pace e aiuti reciproci... l’intelligence israeliana pianificava la realizzazione di un’operazione militare di Commandos, simile a quella di "Entebbe", in pieno territorio egiziano. Solo le forze armate israeliane più selezionate vennero messe pienamente al corrente delle caratteristiche dell’azione militare, decisa per il primo Marzo.

Scatta l'operazione di recupero

Tre aerei Hercules 103-E vennero utilizzati per il trasporto e un Hercules 103-H, detto "Ippopotamo", venne dislocato per un camion da dieci tonnellate. Uno degli Hercules 103-E trasportava un ospedale da campo, mentre gli altri contenevano jeeps, armi leggere e un commando di cinquanta soldati a testa. Inoltre, una squadriglia di caccia F4 avrebbe garantito la copertura aerea necessaria per l’operazione. Il camion da trasporto (su cui si sarebbe caricato l’UFO) era un molotov sulle cui paratie esterne vennero collocate taniche extra di benzina coperte da placche protettive di acciaio, questo per evitare che una granata trasformasse il camion in una bomba. 

Tra la cabina di guida e il resto del camion vennero installati due ganci ed i motori corrispondenti per il sollevamento dell’oggetto e alla piattaforma portante si aggiunse una rampa molto larga. Anche le jeeps furono equipaggiate con taniche extra di benzina. Alle tre del mattino venne dato l’ordine "Zanek" agli aeroporti Ben Gurión, di Tel Aviv e a quelli segreti delle Forze Armate israeliane. Tutto fu classificato come una "operazione di routine". La rotta da seguire passava sopra il sud est del Sinai e il Mar Rosso, addentrandosi direttamente nel basso Egitto. Un quinto aereo Hercules volava dietro la flotta, pronto a sostituire uno dei cargo nel caso fosse stato messo fuori combattimento. Il piano, in caso di scontro, era di attaccare violentemente e con decisione, per terminare l’operazione al massimo in due ore e rientrare in Israele più rapidamente possibile. 

Il camion, da parte sua, nel ritorno avrebbe dovuto aprirsi il passo attraversando i dintorni del Mar Rosso e tagliare attraverso la penisola del Sinai per dirigersi verso casa. Dietro il camion si sarebbero posizionate le quattro jeeps e gli uomini che sarebbero sopravvissuti alla battaglia, custodi del prezioso carico. Non ci sarebbero state soste. Se un aereo o un veicolo si fosse rotto o rimasto indietro, andava abbandonato sul posto. Gli agenti segreti in territorio egiziano avevano ricevuto istruzioni di ottenere delle lance per attraversare il Nilo, la parte più pericolosa della missione. Il fattore sorpresa era il più importante, perché bisognava entrare e uscire dal territorio prima che dal Cairo si trovasse il tempo necessario per spedire un contingente armato per intercettarli. Il Sinai doveva essere raggiunto prima che venisse chiusa la via di ritirata.

L'astronave issata sul camion

Nella piramide di Snofru il gruppo archeologico era ancora in attesa. Erano nove giovani eccitati e trepidanti che verso le ore 13.00 videro giungere gli aerei. Uno degli Hercules, adibito ad ospedale da campo, doveva raccogliere gli archeologi e riportarli in Israele. Il secondo ordine era stabilire un perimetro di difesa attorno alla piramide. 

Il camion da trasporto fuoriuscì dall’enorme ventre dell’"Ippopotamo" e avanzò verso la caverna. I commandos avevano iniziato a piazzare i ganci e le funi per issare l’astronave extraterrestre sulla piattaforma del camion. Fu allora che arrivò un contingente armato di Egiziani: evidentemente gli aerei erano stati localizzati dai radar. I soldati egiziani saltarono fuori dai loro veicoli e stabilirono un fronte di battaglia ad una certa distanza. Gli Israeliani, da parte loro, disponevano di mortai e di armi leggere. Seguirono dieci minuti di combattimento furioso. Poi gli Egiziani, che avevano subito numerose perdite, si ritirarono. 

Ma un nuovo contingente armato egiziano, molto più poderoso, si avvicinava a tutta velocità. Nel contempo si lavorava febbrilmente, assicurando l’UFO sopra la piattaforma del camion. Il combattimento divampò nuovamente. I mortai israeliani sollevavano ondate di sabbia sopra le forze egiziane e i cannoni anticarro si accanivano contro i veicoli che non si aspettavano una simile accoglienza di fuoco e sangue. I sistemi di puntamento degli Israeliani e la qualità delle loro armi frustrarono tutti i tentativi degli Egiziani di circondarli. Ormai l’UFO era alloggiato sopra il gigantesco camion. 

Le jeeps furono collocate attorno al veicolo da trasporto, montando mitragliatrici da 50mm raffreddate ad acqua. Anche i caccia F4 collaboravano all’attacco delle forze di terra israeliane, spianando con i missili il campo di battaglia. Terminato il loro compito, gli aero cargo si mossero, necessitando di poco spazio per il decollo. Così partirono, sotto un diluvio di proiettili egiziani. Tre soldati del commando israeliano furono feriti mentre venivano ultimati i preparativi della partenza del camion con a bordo l’astronave stellare. In molti morirono. Gli Egiziani, forti della superiorità numerica, guadagnavano terreno, nonostante fossero carenti di artiglieria e molti giacevano morti tra le sabbie del deserto. 

Con quindici minuti di ritardo sul piano prestabilito, il grosso camion da trasporto degli Israeliani iniziò ad arrancare sul terreno sabbioso. Da un momento all’altro i caccia egiziani avrebbero potuto apparire sulle loro teste...

In zona pericolo

Le jeeps avanzavano scortando il camion, per proteggere un carico costato tante vite. I veicoli egiziani, bloccati dall’aeronautica israeliana, non potevano gettarsi all’inseguimento dei commandos, almeno in quelle prime ore della giornata. Mentre il convoglio prima lambiva e poi attraversava il Nilo, si ebbe notizia che i caccia israeliani F4 avevano sostenuto una cruenta battaglia aerea con i MiG egiziani. Un allarme via radio aveva raggiunto il Cairo. 
Ma le truppe inviate per intercettare il commando invasore non riuscirono a giungere in tempo, proprio come aveva pianificato Israele. Sembra però che le truppe già sul luogo continuassero a pressare gli Israeliani fino alla zona del Sinai. Ad un certo momento, il combattimento si fece talmente cruento che fu necessario fermare il convoglio e far fronte al nemico. Questa battaglia, che iniziò alle 3.00 pomeridiane, terminò con altri dieci soldati israeliani morti e una jeep completamente distrutta. La carovana riprese il viaggio, sempre tallonata dagli Egiziani. L’inseguimento continuò durante tutta la notte. All’alba, mancavano ancora 800 chilometri di spietato deserto da attraversare ed il combustibile stava terminando. 

Anche i caccia israeliani F4 dovettero tornare alla base per il rifornimento. Fu allora che il quinto Hercules entrò in azione, atterrando nelle vicinanze del convoglio e rifornendo i mezzi di carburante, olio e pezzi di ricambio. I feriti furono portati via dall’Hercules. Finalmente attraversarono la frontiera d’Israele, ma gli Egiziani per un po’ continuarono a seguire le loro orme passo passo e ogni confronto armato significò morte e sangue per ambo le parti. La nave spaziale, centro di tutta l’azione, servì molte volte come riparo ai combattenti, da cui sparavano con le loro armi, o morivano...

Israele mantiene l'ufo in suo possesso

Valse davvero la pena spargere tanto sangue e aver provocato una situazione internazionale delicatissima, solo per appropriarsi di un misterioso oggetto che riposava sotto la piramide? I servizi segreti israeliani ne erano convinti. Si pensa che venga mantenuto il riserbo più assoluto sulla situazione proprio perché le armi che vennero rinvenute nel Disco Volante erano di incredibile potenza. Il mistero persiste.

La sensazione generale è che, con questo colpo di mano, Israele si sia trasformata nella nazione più potente del mondo. Quando il pieno potenziale di tali armi sarà stato sviluppato (tramite retroingegneria, ndr.), la bilancia politica in Medio Oriente penderà sicuramente a favore d’Israele... Altri elementi che furono rinvenuti nell’UFO sono ancora oggetto di analisi e il governo israeliano ha molti dubbi su come e se utilizzarli. Un Paese che lotta palmo a palmo per ogni centimetro di terreno - dicevano - non può concedersi il lusso di non usare elementi chimici che diminuiscono o ritardano l’invecchiamento del corpo umano e che, al massimo delle possibilità, negli extraterrestri assicura una longevità di secoli. 

In Israele si sono realizzati esperimenti con soggetti di oltre 81 anni, con le droghe di longevità nascoste nell’UFO. Tutti gli esperimenti conclusero che il processo di deterioramento biologico veniva ridotto e contenuto (a partire da poche alcune settimane dall’inizio del trattamento). Tre dei soggetti testati si considerano tanto rinnovati mentalmente che desiderano frequentare l’Università e altri due chiedono il permesso di contrarre matrimonio tra di loro, visto che il loro appetito sessuale si è rinnovato completamente. L’uso massiccio di questi farmaci anti-invecchiamento prevederebbe una maggiore necessità di territorio e potrebbe essere fonte di nuove guerre per espandersi, incluso appropriarsi, come già accadde, di regioni che non appartenevano loro...
Gli archeologi israeliani che scoprirono l’oggetto volante affermano che potrebbero essercene di più, sotterrati tra le soffici sabbie che circondano la piramide "ritorta", situata a nord di quella di Snefru. Si chiama così perché il suo angolo di salita cambia quando ci si trova a due terzi di distanza dalla cima. 
La teoria secondo cui le piramidi sarebbero una specie di batteria energetica e hangar per i Dischi volanti pare essere pienamente dimostrata da questo episodio. È possibile che anche gli Egiziani avessero trovato, o fossero sul punto di trovare un UFO, con tutto il suo straordinario potenziale di strumenti e tecnologia avanzata. 

Esiste una parte delle Sacre Scritture che afferma che la fine del mondo comincerà il giorno che nel Medio Oriente avverrà un disastro. È possibile che gli extraterrestri, migliaia di anni fa, giunsero sul nostro pianeta e visualizzarono il futuro con i loro apparecchi. Forse per questo motivo sotterrarono l’UFO, approntato tanto per allungare la vita con le sue droghe di longevità, come per distribuire morte e distruzione tramite le sue armi sofisticate. Può darsi che, sul punto di ritornare verso le loro remote galassie, gli extraterrestri decisero di lasciare la scelta a noi, oppure chissà, lasciarono un legame indecifrabile per motivare l’essere umano a un cambiamento di comportamento e poco dopo ripresero il loro inesorabile cammino verso le stelle.

 

 

 

 

L'Egitto misterioso

La religione Egiziana precede tutte le religioni "dei misteri" e si sviluppa attorno ad un mistero. Le spiegazioni che ci sono state fornite fino ad oggi lasciano ancora molto da capire, e le interpretazioni sul sistema di convinzioni, molto a desiderare. Una consistente perdita di materiale si aggiunge alla difficoltà di comprendere una religione così complessa. E’ anche vero che la missione dell’interpretazione di queste credenze è diventata secondaria in tempi recenti, per la prevalenza accordata alle questioni filologiche e storiche.

Lo studio delle possibili origini della religione Egiziana, potrebbe svilupparsi come naturale conseguenza dello studio del sistema di credenze del neolitico. Ma è molto più di questo. E’, in parte, una ricerca sulla primitiva capacità dell’uomo di osservare, misurare, e predire i cambiamenti celesti che risultano dal fenomeno chiamato della precessione degli equinozi. Ed è anche una ricerca sulle scritture religiose dei tempi storici e la ricerca di indicazioni sui continui mutamenti nei cieli.

Gli studi sulla preistoria suggeriscono che i primi uomini non si dedicassero all’osservazione del cielo in modo regolare, ancora meno a registrare e trasmettere questo genere di informazioni. E’ stato sostenuto che nei primi tempi della storia, gli antichi osservatori del cielo non avrebbero notato neppure i mutamenti apportati dalla precessione. Ma noi sappiamo che un’attività di osservazione semplice, seppure accurata e protratta nel tempo, sarebbe sufficiente per comprendere la presenza del movimento precessionale ed il modo in cui esso si sviluppa: e la considerazione che la religione dei primi egiziani si fondasse su questa specifica conoscenza, ci porta a non poter ignorare il peso che essa può avere avuto.

Tutte le posizioni stellari cambiano a causa della precessione, anche se molti individuano come unica conseguenza il migrare del polo nord celeste intorno ad un cerchio nel cielo, e come sua conseguenza il fatto che la stella designata come polare muti nel corso dei millenni. Più immediatamente, l’esistenza del moto precessionale si può evincere dalla data in cui una stella sorge nuovamente, dopo la sua assenza stagionale, specie per quelle stelle che sembrano viaggiare sulla stessa rotta del sole, o vicino ad essa. La "prima levata" o "levata eliaca" si verifica subito prima dell’alba. Orione, una volta, ritornava nei cieli all’inizio della primavera, ma oggi gli osservatori debbono attendere i cieli della tarda estate perché la costellazione riappaia. Se partiamo dal presupposto che le antiche culture basassero le certezze dei loro miti sui risultati osservabili della precessione, le continue differenze nel cielo dovevano riflettere le composizioni religiose scritte durante i tre millenni e rotti di storia Faraonica in Egitto.

Quali miti si possono essere originati da queste osservazioni? Potrebbero queste informazioni essere considerate tanto importanti da essere state preservate già dai tempi della tradizione orale?

E’ risaputo che il movimento dei cieli era una parte necessaria dell’educazione dei sacerdoti dai primi tempi della storia. Le stelle annunciavano l’arrivo dell’alba: l’apparire del dio Sole. Ogni importante momento del corso del sole era accompagnato da un rituale prescritto, e certe date erano ricordate e festeggiate con riti speciali. Sappiamo che, in tempi storici, una posizione importante tra i sacerdoti egiziani era quella dell’ "osservatore delle ore" o imy-wnwt, e questo sacerdote può essere immaginato seguire in tutto il suo peregrinare celeste, la stella o la costellazione che annunciava l’imminente sorgere del sole. Di prima importanza era stabilire il periodo esatto del tempo prima dell’alba; trascorrere le ore della notte a preparare i cibi e le cerimonie… tutto doveva essere pronto per lo speciale momento.

L’alba purificava il sacerdote, il sostituto del re, che avrebbe rimosso la statua del dio dal "buco dei buchi". Era una cerimonia di grande solennità, e doveva svolgersi nel preciso istante in cui il sole compariva all’orizzonte.

La magnificente armonia del cielo si muove con grande regolarità, e niente sulla terra può rivaleggiare questa precisione. Ciò nonostante, casi di irregolarità, come le eclissi, ed il risultato del lento moto retrogrado della precessione, mentre portavano sicuramente terrore in alcuni, avrebbero significato, per i prescelti, situazioni da motivare e giustificare adducendo plausibili ragioni.

Una volta appurato che il fenomeno precessionale era un fenomeno normale, gli antichi pensatori dovettero cercare in qualche modo di misurarlo e comprenderne il preciso funzionamento, e le prove suggeriscono che è quello che hanno fatto.

I miti non sarebbero altro che vettori di informazione sui movimenti celesti e su eventi ciclici molto ben conosciuti, e tramandati per lungo tempo prima di essere posti per iscritto. Quando si è cominciato a leggere le più antiche scritture della storia, gli studiosi hanno avuto l’impressione che alcune siano state scritte da uomini dotti e colti, e altre da uomini spaventati e superstiziosi. Ma un testo che racchiudesse in sé le conoscenze, astronomiche e matematiche, fondamentali per la religione, ed essenziali per datare i giorni sacri e stabilire quindi i riti religiosi, non è mai stato trovato. Solo dopo lunghi studi e ricerche si è compreso che per riscoprire queste conoscenze, era necessario decifrare l’intricato vocabolario della mitologia.

L’osservazione del cielo aveva luogo ed era registrata nei templi, ma non si può certo credere che non fosse già praticata e registrata prima che i templi fossero costruiti. Quando non si aveva ancora una scrittura, la trasmissione della conoscenza e dei dati dipendeva dall’effettività del linguaggio parlato e dalla memoria dei pochi. Leggiamo in Platone che quando il dio egiziano della parola concesse al Faraone il dono della scrittura, questo non fu ricevuto con grande entusiasmo. Il Faraone disse che l’arte di ricordare si sarebbe persa, adesso che ognuno poteva portare le sue conoscenze scritte sulla carta. Ma una volta affermatasi la scrittura, la conoscenza della parola fu affidata agli scribi, e la costruzione di ogni parola considerata lo specchio della mente divina. Le somiglianze ovvie, come quelle rivelate nei giochi di parole, non sembravano essere considerate accidentali, e la conoscenza dei sacerdoti era necessaria per scoprire il significato divino di tutte le sottili connessioni. Questo appare dalle loro scritture: si operavano delle distinzioni mediante la ricerca di relazioni di una parola con altra parola, e della designazione con altra designazione.

Gli antichi egizi solevano ricordare il loro passato e ritenevano che più la scrittura fosse antica, più era sacra. La religione aumentava in complessità ed inglobava in sé idee e forme, che quando si incontrano nei testi sono scambiate per contraddittorie commistioni di discorsi senza senso sulle origini degli dei e sul destino dei morti, accanto all’incantata convinzione di possedere un potere in se stessi.

E’ stato detto che gli egiziani non sarebbero stati egiziani se non avessero preservato a lungo il nuovo con il vecchio. E’ anche stato detto che: "la religione egiziana attrae come i fuochi fatui per causa del suo mistero e a dispetto della sua assurdità".

Questo perché solo in tempi recenti si è stati capaci di studiare le scritture di questi illuminati personaggi del passato. La Stele di Rosetta fu scoperta nel Luglio del 1799 ma non fu prima del 1822, che grazie al diligente ed ispirato lavoro di Thomas Young e Jean Francois Champollion, divenne possibile decifrare gli enigmatici geroglifici.

Nel diciannovesimo secolo, si avevano ovunque testi religiosi ancora non tradotti, la maggior parte dei quali, incisi sulle fiancate dei monumenti sparsi per il paese; altre erano scritte su rotoli di papiro, a lungo sotterrati e solo successivamente riportati alla luce dal lavoro degli archeologi. Nel 1880 i lavoratori della piana di Saqqara, 32 miglia a sud ovest del Cairo, penetrarono nella piramide di Pepi I, un faraone della sesta dinastia, e nel 1881 si scoprì la piramide di Unas, della quinta dinastia. Entrambe aggiunsero grande quantità di testi.

Questi edifici piramidali differiscono in modo sostanziale dalle più note costruzioni di Giza, che le hanno precedute. Le tombe costruite dagli ingegneri della quarta dinastia non hanno decorazioni di alcun tipo sui muri interni. Quelle di Unas e di Pepi erano invece ricche di iscrizioni meravigliose. I loro corridoi e camere sono ricoperte di scritti che riga dopo riga si sovrappongono perpendicolarmente, con tracce di dipinti ancora perfettamente conservati e con immagini finemente decorate. Poco era conosciuto a quel tempo della grammatica o del vocabolario egizio, ma una traduzione preliminare di G. Maspero non si fece attendere.

Immediatamente dopo queste due, altre quattro nuove piramidi furono scoperte a Saqqara, e si trovarono testi similari iscritti sulle loro pareti. Queste iscrizioni furono chiamate collettivamente i "Testi delle Piramidi", la più antica e completa raccolta al mondo di testi religiosi. Fin dalla loro scoperta, le traduzioni e grammatiche sono proliferate e la conoscenza del linguaggio Egiziano è diventata la branca di una vera e propria disciplina scientifica.

Ma contestualmente alla scoperta dei Testi, si è verificata una cospicua perdita di interesse nell’interpretazione della religione essa stessa. Nel 1948, Henri Frankfort, noto professore e ricercatore di Archeologia Orientale all’Università di Chicago, scrisse:

La religione egiziana è cresciuta in interesse per il mondo occidentale molto prima che i geroglifici fossero decifrati. La favolosa antichità della civiltà egiziana e le sue stupende rovine hanno sempre suggerito che ci fosse un retroterra di profonda conoscenza… ma la decifrazione dei documenti ha deluso secoli di aspettative… i testi introducono ad un’apparente giungla di teorie religiose, così impenetrabile alla nostra comprensione che gli Egittologi hanno evitato in modo crescente la missione della loro interpretazione.

Frankfort sottolineava come l’indirizzo impartito ai nuovi studi in materia di egittologia, preferiva credere che la religione fosse sempre una conseguenza del potere politico, e così ne tralasciava lo studio.

Nel 1952 fu pubblicata una versione inglese dei Testi delle Piramidi di Samuel A. Mercer. Nel 1954, il primo di sei volumi di una traduzione di vari testi religiosi tratti da tombe e papiri, fu offerta da Alexandre Piankoff. Nel 1969 i testi di tutte le cinque piramidi furono tradotti in inglese da R.O. Faulkner. La pubblicazione avvenne nel 1972.

Nel 1954 Piankoff scrisse:
L’egittologia è una scienza giovane. Dai tempi dalla decifrazione delle iscrizioni geroglifiche da parte di Champollion, è stata già portata avanti un’evoluzione tempestosa. Per esempio, l’approccio allo studio della religione egiziana è passato senza transizione da un estremo ad un altro. Per i primi egittologi la religione era altamente misteriosa e mistica… quindi è venuta un’improvvisa reazione: gli studiosi hanno perso tutto il loro interesse nella religione e hanno cominciato a vedere i testi religiosi solamente con fonti di materiale per le loro ricerche storico-filologiche.

Alexandre Piankoff morì nel 1966 con gli ultimi due volumi della sua traduzione avanti abbastanza per essere pubblicati postumi nel 1968 e nel 1974. Anche il lavoro sul Libro dei Morti di Thomas G. Allen fu pubblicato postumo.

Fino a quando la ricerca filologica sarà al centro della ricerca generale, in che modo si potranno incoraggiare gli studiosi ad attribuire valore a questioni puramente speculative come le origini delle credenze religiose? Solo recentemente alcune riviste specializzate hanno iniziato a volgersi in questa direzione.

Nel libro "La morte degli dei nell’antico Egitto", Jane B. Sellers porta avanti un’ investigazione attenta sui testi degli antichi egizi e le loro connessioni con i fenomeni astronomici, e suggerisce che la precisa conservazione, in modo sia scritto che orale, di questi dati, ha come necessario punto di partenza Osiride, il dio dei morti egiziano. Gli osservatori del cielo del neolitico registravano e studiavano il complesso movimento dei cieli. Una nuova consapevolezza relativamente al processo logico di adattamento ai cambiamenti celesti (cambiamenti sui quali era basata la storia originale della morte e della nuova nascita di Osiride) ci darebbe una differente visione delle attività intellettuali delle culture antiche. Del resto la religione egiziana è sempre stata vista come la forza dell’Egitto, ma è una religione le cui origini sono completamente sconosciute. Se queste potessero essere identificate, non solo gli scritti, ma l’intera antica cultura, i disegni e le pitture, i riti funerari ed i festeggiamenti, l’architettura ed il governo, potrebbero essere finalmente compresi.

La Sellers sostiene, sulla base delle prove esistenti (in primo luogo l’orologio stellare degli egiziani) che i primi osservatori del cielo, fossero innanzitutto osservatori dell’orizzonte. Altri autori, tra cui Hancock e Bouval, credono invece che i primi egiziani osservassero i transiti. La configurazione celeste che supporta la data del 10.500 a.C. per il cosiddetto "Primo Tempo" degli egiziani, è interessante. Ma questa configurazione non ha niente a che vedere con la data per l’origine della storia egiziana, quando cioè Osiride fu immerso nella sua stessa acqua.

La Sellers ritiene che quando Hancock e Bouval riportano che:

"Alla luce delle nostre conoscenze è difficile immaginare che il riferimento ad Osiride che arriva "sulla Terra" possa significare qualcosa di diverso da una costruzione fisica del "corpo di Osiride sulla terra" sulla riva occidentale del Nilo – nella forma della Grande Piramide"

stiano ignorando deliberatamente sia un espressione Egiziana per "morire", sia la spiegazione precessionale della mancata comparsa di Orione sull’orizzonte est.

C’è un altro punto che Jane B. Sellers sottolinea chiaramente. Il numero 72 viene considerato da molti autori come centrale nella matematica e negli studi sulle proporzioni egizi. Ma la Sellers invita a non dimenticare che tale numero viene introdotto da Plutarco quando tratta la storia di Osiride. Al tempo in cui visse Plutarco (dal 45 al 120 d.C.) i sacerdoti egiziani, da cui Plutarco aveva ricevuto le testimonianze, sapevano che questa storia aveva riguardo al movimento retrogrado della precessione, un movimento che però, per il 120 d.C. era ampiamente conosciuto, grazie ad Ipparco. Questo è effettivamente differente che dire che il numero 72 era contenuto nella tradizione Egiziana.

Primariamente, Jane B.Sellers vuole convincere i lettori sull’origine dei due miti principali della religione egiziana e vuole sperare che i lettori saranno ben preparati a considerare perché le principali caratteristiche di così tanti dei miti del mondo sembrino avere tanto in comune. Dechend e Santillana hanno dato a ciò grande risalto, e sebbene non abbiano mai investigato a fondo i miti dell’antico Egitto, nelle prime pagine del loro libro può essere letta questa affermazione provocatoria:

"L’intensità, la ricchezza, e la coincidenza dei dettagli del pensiero comune, hanno portato alla convinzione che il racconto sulle origini del mondo, sulla sognata prima età del mondo, sia nato nel Vicino Oriente"

Lo studio del pensiero degli antichi è al tempo stesso affascinante e frustrante. Le teorie relative ai popoli prima della letteratura, devono essere comprese con un grado minore di certezze, e la più profonda convinzione di dovere aspirare solo ad un buon grado di probabilità.

Le origini dei miti egizi sono sconosciute e queste origini giacciono possibilmente sepolte o nascoste nell’età comunemente definita preistorica. In questa età la memoria era un elemento importante che avrebbe potuto perpetuare le tradizioni, mediante il racconto e la ripetizione orale; ed il movimento degli oggetti celesti era molto più misterioso di quanto non sia oggi.

Nel 1969 Giorgio De Santillana ha descritto nel "Mulino di Amleto", una summa dei miti di uno spazio di tempo, il primo riconoscimento di un reame ancora incontaminato. Professore di storia e filosofia e scienze al MIT realizzò, come fece Frazer, l’inevitabile fatto che non riusciremmo mai a penetrare totalmente la mente e il ragionamento degli antichi. Non potremmo mai condividere gli stessi quesiti e interrogativi, o l’orrore agghiacciante che gli eventi inesplicabili scatenavano negli uomini di quel tempo, affrettando il loro battito cardiaco e sconvolgendo la loro mente.

De Santillana ed il suo co-autore Herta Von Dechend, Professore di Storia e scienze all’università di Francoforte, presentarono una complessa analisi dei grandi miti del mondo. Giunsero alla conclusione che tutti avessero un’origine comune e che il fenomeno noto come precessione degli equinozi fosse la base per molte delle storie antiche, strettamente intrecciata alla morte degli dei e alla loro susseguente risurrezione. Ora Santillana è morto, ma la sua teoria vive ancora. Philips Morrison, professore di fisica al Mit, rileggendo il "Mulino di Amleto" (nel 1969) scrisse per Scientific American:

"Questa è la chiave che ci consentirà di aprire molti cancelli"

Ma nessuno ha usato ancora questa chiave o l’ha applicata specificamente ai miti dell’antico Egitto.

Nel suo giudizio critico al "Mulino di Amleto", Morrison scrive ancora:
"L’esistenza di un’età dell’oro è la componente dei desideri dell’uomo, parte del suo inconscio; ma ci fu un periodo veramente luminoso, attorno al 6000a.C., e non sulla terra, ma in cielo. In quel tempo l’area del cielo dove il piano dell’eclittica attraversa l’equatore celeste era occupata contemporaneamente dalla Via Lattea e dalle stelle lucenti della Cintura di Orione. A dispetto di ciò il libro di Santillana da solo un rapido sguardo alla religione degli egiziani, una religione che indicava Orione come un aspetto di Osiride, uno degli dei più importanti nel pantheon egizio. Suggerisco che la mancata apparizione di Orione, dovuta al moto processionale, diede luogo, attraverso i secoli ad una tradizione orale circa la morte del dio. Credo che la morte di Osiride, essendo la morte di un dio celeste, fosse una morte più preoccupante e inspiegabile di quella di una figura storica. Il fatto che questi eventi fossero celestiali, ha reso la sua risurrezione non solo possibile, ma addirittura certa.

Nell’enigmatica e confusa religione di questi abitanti delle rive del Nilo, ci sono due eventi di primaria importanza; la morte e la rinascita di Osiride e il sacrificio fatto per Osiride da suo figlio, dell’importantissimo occhio di Horus. Nonostante il sacrificio dell’occhio di suo figlio, (e la sua promessa di vita eterna per tutti coloro che fossero stati bene equipaggiati per averla) possa sembrare particolarmente egiziana, la storia ha vaghe eco in tutti i miti del mondo.

Se la tradizione collegata a Osiride e Horus, si è originata nei millenni prima della scrittura, e se l’ origine è stata determinata dal maestoso movimento nei cieli, allora la ricerca deve trovare un supporto testuale di queste tesi.

Tale supporto dovrebbe riflettere il fatto che nel lasso di tempo tra i primi insediamenti conosciuti nella Valle del Nilo, fino alla dismissione della religione egiziana, dunque almeno sei millenni, il ritardato arrivo, causato dalla precessione, di importanti stelle, avrebbe dovuto riguardare anche altri gruppi chiave di stelle, dopo il trauma iniziale della scomparsa di Orione. Se il mito riflette le conseguenze della precessione, il collegamento tra le antiche convinzioni circa la risurrezione e i cambiamenti occorsi nel cielo, si vanno rafforzando. Il lungo periodo dell’antica storia egiziana prevedere un inusuale terreno di prova per una simile teoria."

I Testi delle Piramidi dell’Antico Regno e altre scritture funerarie, come il Libro dei Morti, il Libro delle Caverne e la Litania del Re, dovrebbero essere esaminati prestando attenzione al fatto che gli antichi guardavano al cielo per cercare i loro dei, e che questo fosse un evento infinitamente più importante per la formazione della loro religione, che qualunque cosa potesse accadere sulla terra. La religione egiziana dei tempi storici può essere considerata incentrata sul mito del Sole; ma nell’era predinastica, il più importante oggetto di venerazione a Eliopoli, più tardi luogo centrale per il culto del dio-sole Ra, era quello delle stelle.

L’egittologo Jhon A.Wilson spiegò che nelle prime scritture mortuarie, i Testi delle Piramidi, la destinazione dei morti era l’area delle stelle circumpolari che giravano attorno alla stella del Nord. Questo è vero, ma quando si leggono questi testi, appare evidente che un importante e forse intermediaria speranza fosse per i defunti rinascere ancora come Sahu-Orione. Ciò non toglie che l’ultima speranza per i morti fosse quella di risuscitare sotto forma di stella, che non sarebbe mai più perita, come "Akhus". Il morto diventa "Akhu" attraverso il rituale funerario quando diventa uno "Spiriti prefigurato ben equipaggiato. Si credeva che l’ Akhus possedesse la luce, e la luce era vista come una pre-condizione per la vita.

Questi "esseri luminosi" avrebbero poi occupato l’area circumpolare – chiamata DUAT- un’area mai toccata dalla morte. Le stelle circumpolari non scompaiono mai per un’assenza stagionale, né sono toccate dagli effetti della precessione, per la loro particolare posizione nel cielo.

Nei Testi delle Piramidi la storia di Osiride sembra essere riportata per quello che oggi sarebbe una verità "data". Questa storia era accettata per fede, e le sue origini erano vaghe e misteriose. Tanto che, recentemente, alcuni egittologi hanno insistito nel dire che il culto di Osiride non esistesse fino alla Quinta Dinastia (2501-2342), poiché le prime menzioni di questo Dio si troverebbero solo nei Testi delle Piramidi, nella tomba dell’ultimo legislatore della Quinta dinastia e nella tomba di un re della Sesta. Molti altri elementi conducono invece alla differente conclusione che la storia di Osiride si perda nei secoli di una distante antichità, molto prima di questa data. La scoperta a Helwan di un simbolo molto antico di Djed, e del volto di Iside (la controparte femminile di Osiride) mostrano che durante il periodo arcaico (dalla I alla II dinastia) il culto di Osiride fosse già esistente.

Gli egiziani avevano necessità di una visione dell’Universo come immutabile. I loro tentativi di registrare e spiegare le deviazioni delle cose sono state tristemente male interpretate dai ricercatori. Questa è la storia, al meglio di come può essere presentata:

Osiride è il legislatore d’Egitto, Iside è sua moglie / sorella e Seth il fratello cattivo. Seth uccide Osiride e butta il suo corpo chiuso in un sarcofago dentro il Nilo. Iside riesce a recuperare il sarcofago e nasconderlo; ma Seth lo trova e taglia il suo corpo in 14 pezzi e li disperde per il territorio dl’Egitto. Iside piangente vaga per tutto il territorio alla ricerca dei pezzi del corpo di suo marito, e quindi, con l’aiuto di Nefiti, sua sorella, di Anubi, il dio dalla testa di sciacallo e di Thoth, dio della conoscenza e della parola, mette insieme i pezzi del corpo smembrato, avvolgendolo in bendaggi di limo e pronunciando sacre parole e riti magici. Quindi Iside avvolge il corpo di Osiride con le sue ali e riesce a farlo rivivere il tempo sufficiente a concepire Horus.

Nonostante diventi predominante nel mito ad un livello di molto successivo, sembra che l’episodio dello smembramento non figuri nella tradizione più primitiva. I 14 pezzi in cui il corpo è stato diviso, possono rappresentare i 14 giorni di crescita della luna, e anche i 14 giorni della sua riduzione progressiva. I testi matematici successivi mostrano questa frazione, che è basata essenzialmente sulla aritmetica Egiziana, e si pensa che ogni parte rappresentasse una frazione del tutto.

Osiride è ora diventato legislatore dei morti, non potendo mai più occupare il suo trono precedente. Comunque, nelle scritture e nei disegni sui muri dei templi Tolemaici, il ritrovamento del corpo è salutato al pianto di "Evviva, è risorto". Infatti, i testi più antichi che abbiamo, i Testi delle Piramidi, parlano del legislatore morto dicendo "sorgente come Osiride". Lui è risorto ma la sua natura è mutata, ed il suo posto sulla terra è ora occupato da suo figlio.

Iside si isola per tutta la durata della gravidanza ed il bambino Horus viene partorito in un luogo segreto. Questi cresce fino all’età adulta ed in un evento descritto come "il giorno della battaglia", Horus combatte contro l’assassino di suo padre.

Questa battaglia è dettagliatamente raccontata dagli scribi come un evento avvolto nel mistero. Nel Libro dei Morti, specialmente nella linea 17, importante perché ci da un racconto dettagliato della battaglia, le glosse aggiunte dagli scribi successivi chiedono "cosa è successo quindi?" e "Chi è lui?". Le glosse e le interpretazioni delle innumerevoli generazioni di sacerdoti, sono state accettate come un modo per ricercare la verità.

Horus perde il suo occhio nella battaglia e Seth perde i testicoli, Horus e Seth ingaggiano una susseguente contesa per il periodo di otto anni durante i quali gli altri dei sono stati profondamente incerti nel tentativo di decidere chi dei due avesse ragione di occupare il posto vacante di Osiride.

E’ sconcertante che alcuni egittologi accettino la data del conflitto tra Horus e Seth più prontamente di quanto non facciano per le origini della storia di Osiride. Un primitivo prototipo di un falco su una serekh, tipica rappresentazione del dio Horus, è datata a quella che è chiamata la cultura Naqada I, 4000a.C. La serekh è una struttura con una facciata a nicchia, un dettaglio architettonico creduto essere stato una prima innovazione della cultura dell’est, impiegata nei palazzi dei primi re o nelle loro tombe a mastaba.

Una raffigurazione di Seth è stata trovata in un cimitero predinastico datato molto indietro nel tempo, e artefatti come vasellame, piatti, e altri utensili, tutti attestano la possibilità che esistesse un culto molto primitivo di entrambe le divinità. Certamente, al tempo del secondo insediamento Neqada (3500 a.C. circa) il significato religioso di un falcone non può essere revocato in dubbio.

La battaglia tra Horus e Seth è detto sia stata determinata dalla disputa su chi dovesse succedere sul trono di Osiride, e suggerisce l’esistenza di una storia su Osiride antica almeno quanto il culto di Horus. L'antico testo riporta che Horus prese l’occhio che aveva sacrificato per Osiride e glielo portò nell’aldilà. Dando a suo padre il suo occhio, gli diede eterna vita e Osiride poté dirsi "ben equipaggiato".

Nel papiro Chester Beatty, dal regno di Ramesses V, datato 1160-1154 a.C. (circa mille anni dopo i Testi delle Piramidi), troviamo un racconto del conflitto tra Horus e Seth. Qui si dice che la contesa tra i due continuò per otto anni.

Anche in questo caso, dunque, si potrebbe supporre che la battaglia abbia avuto qualcosa a che fare con accadimenti osservati nel cielo, con il lento ma verificabile moto della precessione; quindi, se la storia degli dei è collegata agli eventi celesti, qualcosa deve essersi verificato nei cieli sopra l’Egitto, e protratto per un periodo di circa 8 anni. Ma può essere prospettata un’altra soluzione. I miti egizi indicano anche che ad un ceto punto l’occhio di Horus fu perso, certi testi riferiscono di una ricerca simile a quella per il corpo di Osiride; ma l’occhio venne ritrovato, ed è allora che Horus lo portò a suo padre, Osiride. Nella risurrezione di Osiride gli egiziani volevano leggere la speranza di una vita eterna per se stessi, dopo la morte. Il defunto assume il titolo di Osiride, se la famiglia o gli amici faranno per lui ciò che è stato fatto per Osiride, ad esempio mediante la dazione di offerte, (in luogo del sacrificio dell’occhio) affinché il defunto viva per sempre.

 

I MISTERI DELLA GRANDE PIRAMIDE di Alfredo Lissoni

Recenti scavi e ritrovamenti sembrano dimostrare che all'interno della Grande Piramide di Cheope si trovino delle stanze segrete, custodi dell'esistenza di un'antichissima, perduta civiltà. Ma le autorità del Cairo mettono a tacere ogni cosa.

Nel marzo del 1993 un robot meccanizzato di fabbricazione tedesca, l'Upuaut II ('colui che apre la via', in egiziano antico) scopriva, al termine di un lungo cunicolo sotterraneo all'interno della piramide di Cheope, una piccola porta di marmo o calcare, con fissate sopra due maniglie di rame. In quel momento la spedizione archeologica tedesca guidata dall'ingegnere di robotica Rudolf Gantenbrink di Monaco esultò. Era stata scoperta una stanza segreta all'interno della Grande Piramide. Chissà quali misteri erano celati dietro quella porta. Si trattava di una scoperta eccezionale!
Ma ecco che, improvvisamente, le autorità egiziane revocavano agli occidentali il permesso di proseguire gli scavi, espellendoli dal Paese. "Le piramidi sono patrimonio dell'Egitto e non dell'Occidente", pare abbia dichiarato il Direttore Generale degli scavi archeologici di Giza, il dottor Zahi Hawass del Cairo, che da allora ha negato a tutti gli occidentali il permesso di scavare o di effettuare rilevamenti nelle piramidi.
"Non c'è nulla dietro la porta trovata dal robot di Gantenbrink", ha detto Hawass alla stampa. Pure, durante un viaggio in America alla ricerca di fondi, Zahi Hawass si lasciò scappare in via confidenziale: "Il ritrovamento di quella porta è la più importante scoperta della storia dell'Egitto. Abbiamo trovato dei manufatti che costringeranno l'Occidente a riscrivere la storia passata..."
Da allora più nulla si è saputo della misteriosa 'camera segreta' all'interno della Grande Piramide, che la tradizione vuole tomba del faraone Cheope (2625 a.C.). Ma si sa per certo che da quel momento l'Egitto ha vietato l'accesso a tutte le spedizioni occidentali, proibendo addirittura di filmare o fotografare nei pressi del sito, a Giza.

Ma quale sarebbe il grande segreto custodito all'interno della Grande Piramide? Forse il ritrovamento di manufatti anteriori all'origine ufficiale dell'uomo, risalenti all'epoca del mitico continente di Atlantide. Una scoperta del genere retrodaterebbe la storia dell'umanità così come noi la conosciamo e, ovviamente, priverebbe l'orgoglioso Egitto del primato di "culla della civiltà".


TRE SCIENZIATI POCO ORTODOSSI

Di quest'idea è un team di archeologi dilettanti inglesi, particolarmente colpito dai divieti di Zahi Hawass, e scacciati dall'Egitto come indesiderabili. Costoro sono gli studiosi Robert Bauval, John West e Graham Hancock, moderni eredi di Indiana Jones, archeologi eretici e non ortodossi convinti che la culla dell'umanità non fosse affatto il Medioriente, ma l'Atlantide. Bauvall e soci sono sponsorizzati da un'associazione New Age americana legata al culto del celebre veggente Edgar Cayce (1877-1945), un profeta guaritore del Kentucky che si diceva in grado, in trance, di viaggiare a ritroso nel tempo, per scrutare la storia passata dell'umanità.
Cayce aveva profetizzato, per il 1998, la scoperta di una camera segreta all'interno della piramide di Cheope, contenente una stanza segreta dei costruttori di Atlantide. E chi si dice assolutamente convinto di quest'idea è proprio Bauval, autore del volume Il mistero di Orione (Mondadori, 1997), in cui si afferma, in maniera molto seria e scientifica, che il sito di Giza sia stato edificato nel 10.500 a.C. dagli atlantidei, orientando astronomicamente le tre piramidi in direzione della costellazione di Orione. Sempre secondo Bauvall, al di sotto della Sfinge si troverebbe un'antichissima Sala delle Documentazioni di Atlantide, contenente tutta la saggezza perduta dell'immaginario continente; altrettanto curioso è l'archeologo Graham Hancock, che dopo aver visto il film di Indiana Jones è corso alla ricerca dell'arca dell'alleanza di Mosè, la cassa contenente le Tavole della Legge del popolo ebraico, scoprendola in un monastero ad Axum in Etiopia; Hancock è convinto che Il Santo Graal, il calice dell'Ultima Cena in cui bevve Cristo e alla cui ricerca si misero, nel Medioevo, i cavalieri di re Artù, altro non fosse che l'arca di Mosè. Non meno bizzarro è John West che, nel 1993, si è recato con una spedizione in Egitto ed ha analizzato la Sfinge. Risultato: essa presenta segni di un'erosione fluviale vecchia di almeno 10.000 anni. Quindi, non può essere stata edificata 4500 anni fa dagli egiziani, ma da una civiltà assai più antica: gli atlantidei.
Queste scoperte, che se confermate toglierebbero all'Egitto qualunque paternità sul sito di Giza, non sono piaciute a Zahi Hawass, che ha prontamente espulso i tre Indiana Jones britannici.


LA PIRAMIDE SECONDO PINCHERLE

In realtà idee del genere non sono una novità, in quanto il primo a formularle in maniera seria e documentata fu un italiano (ma si sa, all'estero i nostri studi vengono costantemente ignorati).
Il bolognese Mario Pincherle, ingegnere con il pallino dell'archeologia, già negli anni Settanta si era detto convinto che la Grande Piramide fosse in stretta relazione con la civiltà atlantidea e che nascondesse un grande potere, quello dello zed.
Lo zed era un'antichissima torre di granito, costruita da una civiltà perduta e sacra al dio egizio Osiride, capace di captare ed amplificare le energie benefiche dell'universo, ritrasmettendole su tutto il globo. "Un tempo", sostiene Pincherle, "lo zed si trovava sulla cima della piramide a gradoni di Zoser; in seguito al progressivo imbarbarimento dell'umanità, dovuto al diluvio universale ovvero alla fine di Atlantide, esso è stato nascosto ed occultato all'interno della piramide di Cheope, murato in un'intercapedine nascosta. Ciò si ricava dal fatto che la Grande Piramide è costruita con massi piccoli, alla base, e pietre più grandi, in cima, e infine edificata due volte, come a nascondere qualche cosa. La parte interna, come ho potuto notare durante una mia spedizione archeologica, è in ricco granito levigato, in onore del prezioso reperto che custodisce. All'esterno, invece, quasi a scoraggiare ladri e predatori di tombe, essa è molto misera, è in scadente pietra calcarea di fattura poco pregevole. Sappiamo che la Grande Piramide non fu mai una tomba, difatti il corpo del faraone Cheope non vi venne mai né sepolto, né trovato. Dunque, doveva servire a qualcos'altro. Probabilmente a coprire e nascondere lo zed, che un tempo si trovava in cima ad un'altra grande piramide, quella a gradoni di Zoser, molto più antica di quella di Giza. La torre zed è più antica della Grande Piramide ed è antidiluviana, e quindi atlantidea".


PROVE NASCOSTE

Questa convinzione Pincherle l'ha maturata scoprendo e decifrando un antichissimo testo etiopico, il 'Libro di Enoch', in cui si narra la storia di un patriarca ebraico antidiluviano che, giunto in Egitto, "vide un'alta e grande torre di granito duro". "Lo zed dunque esisteva", ribadisce Pincherle, "e ce lo conferma un testimone oculare. E quando ho esplorato la Grande Piramide ho scoperto, al suo interno, degli sfiatatoi nascosti, dei condotti di ventilazione che evidentemente conducono ad una camera segreta, la 'stanza di Osiride' da cui si accede allo zed".
Anche il giornalista scientifico inglese Colin Wilson condivide il fatto che la Grande Piramide non possa essere frutto della civiltà egizia, all'epoca tecnologicamente arretrata. "Come han potuto gli schiavi egizi", dichiara Wilson, "sollevare con semplici corde e bastoni blocchi di pietra di sei tonnellate? E come potevano portarli in cima alla Grande Piramide, lungo gradini che a volte non eran più grandi di 15 centimetri? Per spostare poi oltre due milioni e mezzo di mattoni in questo modo, ci sarebbero voluti almeno 150 anni. Possibile che il faraone Cheope avesse tutto questo tempo a disposizione? Negli anni Ottanta i giapponesi cercarono di costruire un modello in scala della Grande Piramide, per un'esposizione, ma anche con le più sofisticate apparecchiature dell'era moderna non vi riuscirono. E il progetto venne abbandonato..."