L’ organizzazione politica: città-stato e loro associazioni:

All’epoca dei contatti dell’Etruria con Roma la vita politica della nazione etrusca poggia essenzialmente sopra un sistema di piccoli stati indipendenti facenti capo a città preminenti per grandezza e per ricchezza. Non sappiamo quali fossero le effettive condizioni del periodo arcaico; ma la coesistenza di diversi centri di grande importanza a poca distanza l’uno dall’altro, come Veio, Caere, Tarquinia, Vulci, con propri poteri, caratteristiche e costumanze, sembra effettivamente ispirarsi al sistema della città-stato proprio delle contemporanee colonie greche e fenicie d’occidente. Questa struttura politica - estesa anche nel Lazio etruschizzato - è designata tecnicamente in latino con il termine populus, di probabile origine euusca, che appare, in un certo senso, sinonimo di civitas, dell’osco-umbro touto, toto. In etrusco il concetto è reso, probabilmente con diverse sfumature, dai termini spur-, mex e forse anche tufi (dall’italico). Il nome ufficiale dei populi è quello degli abitatori stessi delle città: Veienti, Tarquiniesi, Ceretani, Chiusini, ecc. È probabile che con il procedere del tempo le singole città sovrane si siano aggregate un territorio più o meno vasto, sottomet- tendo altre città rivali, come vediamo in atto nella più antica storia di Roma; ma non è escluso che alcune delle città conquistate possano aver conservato una parziale autonomia o siano state legate da rapporti di alleanza con i dominatori (ciò che potrebbe spiegare l’esistenza di centri di media importanza specialmente nell’Etruria interna, come Nepi, Sutri, Blera, Tuscania, Statonia, Sovana, ecc., nel territorio delle maggiori città, cioè di Veio, Tarquinia, Vulci). Si consideri inoltre la possibilità di vincoli di dipendenza delle colonie dalle città di origine: per esempio nella espansione etrusca in Campania e verso settentrione. Ma in realtà, per quanto ci consta, il principio dell’autonomia e del frammentismo politico deve aver prevalso anche nella costituzione dei domini etruschidell’Italia meridionale e settentrionale. Il centro della vita politica e culturale dell’Etruria è dunque da ricercare nelle grandi città dominanti, di cui possediamo gli splendidi resti, e che il computo tradizionale calcola in numero di dodici (solo in età romana si parla di quindici popoli). Quali sono queste città? Certamente all’epoca della conquista romana si contano tra di esse Caere, Tarquinia, Vulci, Roselle, Vetulonia, Populonia, Volsinii, Chiusi, Perugia, Cortona, Arezzo, Fiesole, Volterra; Veio era stata annessa al territorio romano già dall’inizio del IV secolo, Alcuni centri minori dovevano essere ancora autonomi nel IV e III secolo a.C., come parrebbe risultare da monete con i nomi di Peithesa, Echetia e di altre città non meglio identificate. Nuclei abitati fiorenti in età arcaica, quali Acquarossa, Bisenzio, Marsiliana d’ Albegna (Caletra?) e la stessa Vetulonia, decadono più tardi: altre città si svilupperanno soltanto alla fine della civiltà etrusca, sotto il dominio di Roma, quali Siena, Firenze, Pisa, Luni. Una fase anteriore a quella dell’organizzazione urbana non è documentabile storicamente: ne possiamo quindi conoscere il sistema politico e i reciproci rapporti dei villaggi protostorici dei quali restano tracce nel territorio etrusco. Accenni indiretti di scrittori e l’analogia con la costituzione primitiva di Roma potrebbero far supporre che la popolazione delle città fosse ripartita in tribù e in curie. Per il resto, cioè per il rapporto fra queste ripartizioni interne e i nuclei territoriali di aggregazione dai quali sarebbero sorte le città stesse, nonche i centri minori dipendenti, regna almeno per ora l’oscurità più completa. Ogni città-stato o città capitale (caput) di uno stato costituisce un mondo politicamente ed entro certi limiti culturalmente a se stante (si pensi ad esempio allaspecializzazione dei prodotti artistici, per cui tra le altre Tarquinia eccelse soprattutto per la pittura funeraria, Caere per l’imitazione dell’architettura interna delle tombe, Vulci per i bronzi e per la scultura, e così di seguito). Gestione interna, commerci, eventuali imprese navali dovettero essere autonome come nelle poleis della Grecia arcaica e classica. Le notizie delle fonti storiche ci persuadono a ritenere che anche la politica estera fosse decisa con sostanziale autonomia da ciascuna città secondo i propri interessi. Tuttavia esistono altri indizi, sempre delle fonti, che ci indirizzano verso il ricordo di un tipo di associazione delle città etrusche per la quale si è usato modernamente il termine di lega o di federazione. Dobbiamo chiederci quale sia l’effettiva natura di quest’ultima istituzione, che ha dato luogo a discussioni tra gli studiosi. L ‘esistenza di forme associative tra diverse comunità autonome è un fatto ben noto nel mondo antico, in Grecia come in Italia, sia pure con diverse caratteristiche a seconda dei tempi e dei luoghi; ne può quindi destare meraviglia. Per l’Etruria gli scrittori antichi non usano, a quanto ci consta, un termine specifico per indicare l’associazione stessa; ma parlano dei duodecim populi, dei duodecim (o quindecim) populi Etruriae o semplicemente di Etruria, di omnis Etruria. Il numero dodici delle grandi città dell’Etruria propria - alle quali facevano riscontro altrettante della Etruria padana e della Campania - ha probabilmente un carattere rituale: come in altri casi analoghi del mondo antico, e forse, ma non necessariamente, per analogia con le dodici città della lega ionica (considerati gli antichi legami culturali fra Etruria e lonia asiatica). Che si tratti per altro non soltanto di uno schema ideale, ma di una reale istituzione politica, può dedursi da quei riferimenti, principalmente di Livio (IV, 23; V, 1; X, 16, ecc.), nei quali si accenna ad una adunanza di consultazione annuale o comunque periodica (concilium) tenuta dagli stati etruschi e dai loro capi (principes) al Fanum Voltumnae. Ha giustamente posto in rilievo L. Pareti che simili testimonianze non sono sufficienti a provare il carattere continuativo ed un forte potere soprastatale del supposto istituto federale etrusco. Accertata l’esistenza di feste e di giochi annuali panetruschi nel santuario di Voltumna - non altrimenti da ciò che sappiamo relativamente al mondo greco per Efeso, Olimpia, Delfi, Corinto -, si potrebbe infatti supporre che soltanto circostanze politiche di carattere eccezionale, come la minaccia di Roma, possano avere indotto i rappresentanti dei diversi stati etruschi a concertarsi nel santuario nazionale e financo a coalizzarsi in una lega politica e militare. Ma esistono d’altra parte riferimenti che paiono indicare una certa continuità dell’istituto ed una relativa subordinazione ad esso dei singoli stati: ad esempio il passo di Servio (ad Aen., VIII, 475), nel quale è detto che l’Etruria aveva dodici lucumoni, o re, dei quali uno era a capo degli altri, o gli accenni di Livio (l, 8, 2; V, 1) alla elezione di un re da parte dei dodici popoli, ciascuno dei quali forniva un littore per i fasci, e più tardi alla elezione di un sacerdote al Fanum Voltumnae in occasione delle adunanze degli stati etruschi. In sostanza dall’attendibilità delle notizie contenute in questi riferimenti dipende il nostro giudizio sulla lega etrusca. È interessante notare che in due delle testimonianze si parla di re: ci si riferisce cioè preferibilmente ad epoca arcaica. Ma in altro passo di Livio si parla di un capoelettivo della comunità degli Etruschi, il quale alla fine del V secolo (cioè all’epoca del conflitto tra Veio e Roma) era un personaggio designato con il titolo di sacerdos, e perciò dotato di poteri eminentemente religiosi (o ridotti alla sola sfera religiosa). In alcune iscrizioni latine di età imperiale ricorre il titolo praetor Etruriae che appare anche nella forma praetor Etruriae XV populorum, cioè della comunità nazionale etrusca che in età romana pare accresciuta di tre città. Ora fra le cariche esercitate da personaggi etruschi e ricordate da iscrizioni in etrusco conosciamo il titolo zilat? mexl rasnal. Dal celebre passo di Dionisio (I, 30, 3) in cui gli Etruschi sono designati con il nome nazionale di Rasenna sappiamo che la parola rasna dovrebbe significare «etrusco, Etruria». D’altra parte la magistratura indicata con la parola zilat?, che pare sia la più elevata fra le cariche delle repubbliche etrusche, equivale assai probabilmente al praetor dei Romani. Per mexl si può pensare ad un genitivo della parola mex che ricorre nella iscrizione della lamina d’oro lunga di Pyrgi, e forse tradurre “dei populi”. Risulterebbe così una corrispondenza del titolo zilat? mexl rasnal con praetor Etruriae (populorum). Si può discutere se questa carica si identifichi con la suprema presidenza elettiva dei populi etruschi, o con una magistratura di rappresentanza dei singoli populi nel concilio federale, come quella dei principes ricordati da Livio. La prima ipotesi sembra oggi la più probabile. Se le notizie relative alla supremazia di uno degli antichi sovrani delle città etrusche non sono del tutto prive di fondamento, si potrebbe arrischiare l’ipotesi che una forma originaria di legame unitario esistesse fra gli Etruschi del sud all’inizio dei tempi storici, sotto la egemonia di una o dell’altra città. Più tardi questa antica unità avrebbe assunto il carattere di associazione religiosa, commerciale e politica, con feste e adunanze nazionali nel santuario di Voltumna presso Volsinii. La elezione di un supremo magistrato annuale è forse il ricordo dell’alta sovranità di un capo sugli altri. Sappiamo da Livio che verso la fine del V secolo il re di Veio poneva la sua candidatura alla elezione - il che conferma implicitamente l’importanza della magistratura nazionale -, ma ne usciva battuto.