Roswell 

Storia e versione ufficiale: l'atteggiamento delle autorità governative e militari dal 1947 a oggi

di Antonio Manera

Il “caso Roswell” è il più importante e documentato UFO-crash dell’era moderna. Se la sua datazione è ancora incerta, collocandosi comunque fra il 2 ed il 4 Luglio 1947, certi sono i luoghi e i protagonisti (testimoni) dell'evento. Il motivo per cui questa storia non può essere considerata una semplice voce o leggenda, come se ne sono sentite tante del genere, è perché si tratta dell'unico caso su cui è stato possibile condurre un'indagine accurata. Questo grazie a diverse centinaia di testimoni, sia di prima mano (molti dei quali ancora in vita), che hanno dichiarato di essere stati direttamente coinvolti negli avvenimenti, sia altri testimoni, di seconda e terza mano. Come vedremo, sul caso c'è una versione ufficiale data dalle autorità militari e governative degli Stati Uniti che, al di là delle significative "correzioni" date dall'USAF negli anni Novanta, è sostanzialmente la stessa dal 1947. Questa versione ufficiale si scontra con le numerose testimonianze, sia di civili che di militari, che un po' alla volta sono venute alla luce. Tutti gli elementi oggi conosciuti sul caso Roswell portano al sospetto che sulla vicenda i Servizi di Intelligence abbiano all’epoca deciso di far calare una pesante coltre di silenzio, ufficialmente tenuta sino ad oggi. Così, durante i primi giorni di quel luglio ormai lontano, il “caso Roswell” finì sulle pagine di tutti i principali giornali del mondo, per poi essere dimenticato. E solo molti anni dopo è stato “ufficiosamente” riaperto da uno stuolo di ricercatori che ne hanno ripercorso scrupolosamente i fatti, giungendo alla conclusione che qualcosa di veramente strano accadde in quell'estate.        

La storia

Roswell, nel Nuovo Messico, non è una cittadina qualsiasi. Nel 1947 aveva un indiscutibile primato strategico: ospitava nelle vicinanze una base aerea dell’esercito americano, nel cui perimetro era stanziato il 509° Gruppo Bombardieri, a quel tempo l’unico gruppo da bombardamento al mondo armato con ordigni nucleari. La regione è molto vasta e caratterizzata dalle alture desertiche di Lincoln County. La zona è un'unica sconfinata distesa spazzata dal vento, perfetta per il pascolo. Qui viveva e lavorava un allevatore, William W. “Mac” Brazel (il ranch di cui si occupava era il "Foster" e si trovava nella parte sud-orientale della regione di Corona). La mattina del 3 luglio Brazel trovò dei misteriosi rottami sparsi su una superficie larga poco meno di un paio di chilometri. Erano ovunque, spuntavano sulla sabbia bagnata e dalle buche piene di acqua piovana. La notte precedente c'era stato un violento temporale e Brazel ricordava di aver udito un tuono più forte di tutti gli altri. C'erano frammenti di metallo, materiale piuttosto leggero e ancora strani filamenti e sottili barre sulle quali erano incisi simboli che gli ricordavano certe iscrizioni su argilla dei pellerossa. In seguito altri testimoni li avrebbero descritti simili a geroglifici egiziani.  L'allevatore quel giorno non poté condurre le sue pecore attraverso il campo per raggiungere una fonte a più di un miglio di distanza perché gli animali ci giravano intorno. Brazel raccolse alcuni pezzi e li portò a far vedere ad alcuni suoi vicini, Floyd e Loretta Proctor, che gli consigliarono di andare a Roswell per fare rapporto alle autorità. Quella sera dopo la visita ai Proctor, Mac tornò al campo dei rottami. Secondo suo figlio Bill, Mac Brazel raccolse un frammento piuttosto grande e lo sistemò in un riparo per il bestiame, a tre miglia a nord dell'incidente. L'allevatore aveva molto lavoro da svolgere e per due giorni, il 4 e 5 luglio, si occupò del gregge, poi il 6 si alzò di buon mattino e si recò a Roswell, nell'ufficio dello sceriffo George Wilcox e gli raccontò della sua scoperta. Lo sceriffo mandò due suoi vice al ranch e si mise in comunicazione con la base militare di Roswell. Fu così che il maggiore Jesse Marcel del 509° Bombardieri si precipitò dallo sceriffo, insieme ad un uomo dei Servizi Segreti in borghese. Ascoltato Brazel, Marcel informò il comandate del 509°, il colonnello William Blanchard, questi ordinò a Marcel e all'agente speciale di recarsi al ranch in compagnia dello stesso Brazel. Intanto i due vice-sceriffo, ritornati a Roswell, dissero a Wilcox di non essere riusciti a individuare il campo dei rottami ma che sul terreno del pascolo avevano notato una strana impronta.

Il maggiore, l'allevatore e l'agente dei Servizi Segreti passarono la notte nel rifugio del pascolo. Durante la serata, il maggiore Marcel tornò al recinto del bestiame e portò con se un rilevatore geiger per stabilire il grado di radioattività del rottame che Brazel aveva conservato: quel materiale non era radioattivo. Il giorno seguente, il 7 luglio, stiparono i rottami nella macchina del maggiore e nella jeep dell'esercito, e all'imbrunire si diressero verso Roswell. L'8 luglio un volo di ricognizione faceva parte di uno schema di ricerche del Bomb Group 509 per individuare altri rottami scaglionati oltre il terreno di Brazel. Mac Brazel era a bordo dell'aereo, conosceva molto bene i punti di riferimento, nel caso altri frammenti fossero stati localizzati avrebbe potuto subito indirizzare i militari verso il luogo. 

Diffusione della notizia...

Il mattino di martedì 8 luglio, il maggiore Marcel fece rapporto al comandate del 509°, il colonnello Blanchard. Il colonnello ordinò al capo della polizia militare di delimitare il campo dei rottami e di mettere delle sentinelle per impedire qualsiasi accesso all'area interessata. Quindi, il colonnello Blanchard riferì al Quartier generale di Forth Worth, e ben presto il Pentagono spedì un aereo con un reparto speciale da Washington a Roswell. Nella stessa mattinata, alle 11, il tenente Haut terminò il comunicato, ne avrebbe consegnato le copie ai quotidiani e alle due stazioni radio di Roswell. Ecco il testo:

Le molte voci relative ai “dischi volanti” sono diventate ieri una realtà quando l’ufficio informazioni del 509° Gruppo Bombardieri dell’ottava Forza Aerea presso l’Aeroporto dell’Esercito di Roswell è stato tanto fortunato da venire in possesso di un disco, grazie alla collaborazione di un allevatore locale e dell’ufficio dello sceriffo della Contea di Chaves. L’oggetto volante è atterrato in un ranch nelle vicinanze di Roswell in un giorno non precisabile della scorsa settimana. Non disponendo del telefono, l’allevatore ha custodito il disco fino al momento in cui è stato in grado di prendere contatto con l’ufficio dello Sceriffo, che si è quindi rivolto al maggiore Jesse A. Marcel, dell’Ufficio Informazioni del 509° Gruppo Bombardieri. Con l’azione successivamente intrapresa, il disco è stato prelevato presso l’abitazione dell’allevatore. Esso è stato poi ispezionato presso l’Aeroporto dell’Esercito a Roswell e in seguito affidato dal maggiore Marcel alle autorità superiori.

Chiaramente un simile comunicato stampa non poteva  passare inosservato. Venne rapidamente trasmesso in tutto il Paese, per telefono e telescriventi, diramato dalle radio e pubblicato dai giornali. Nel primo pomeriggio, il Quartier Generale dell'Ottava Armata Aerea, a Fort Worth, diramò la notizia che l'oggetto sarebbe stato inviato in volo al centro studi di Wright In un'edizione straordinaria il "Roswell Daily Record" uscì inizialmente con un clamoroso titolo in prima paginaField, nell'Ohio, per essere esaminato. Il giornale della sera di Roswell, il Daily Record, riportò la straordinaria notizia in prima pagina, a caratteri enormi: "L'Aeronautica s'impadronisce di un disco volante in una fattoria nei dintorni di Roswell". Vi si poteva leggere una testimonianza, quella di Dan Wilmot e della moglie, definiti come "cittadini rispettabili e degni di fede", che raccontavano di aver visto, la sera di mercoledì 2 luglio, un grande oggetto luminoso e silenzioso volare a velocità vertiginosa da Sud­Est verso Nord-Ovest. L'avvistamento era durato circa quaranta o cinquanta secondi. Il signor Wilmot aveva stimato volasse all'incirca a 500 metri di quota, a una velocità tra i 600 e gli 800 km all'ora. L'oggetto aveva una forma ovale, quella di due dischi incollati insieme. L'uomo aveva avuto l'impressione che la luce che sprigionava provenisse dall'interno, come se fosse trasparente. Era quello l'oggetto precipitato e recuperato dai militari?

Smentita della notizia

Roswell, cittadina tanto  tranquilla, fu travolta da una valanga di telefonate che arrivavano alla base aerea, ai giornali, alle radio e anche all'ufficio dello sceriffo, George Wilcox. L'8 luglio a mezzogiorno ogni linea telefonica per Roswell era intasata. Al 509° lo stesso colonnello Blanchard non riusciva a prendere una linea esterna, era impossibile. Alle quattro del pomeriggio, dopo aver collaborato alla ricerca e alla raccolta dei rottami, Mac Brazel era rientrato a Roswell riuscendo ad eludere la sorveglianza dei militari. Walt Whitmore, titolare della stazione radio KGFL di Roswell, era riuscito a trovarlo il 7 luglio e si fece raccontare tutta la storia. Ma ben presto Brazel fu rintracciato dai militari che lo portarono con loro. Il 9 luglio, accompagnato dai militari, Mac Brazel si presentò alla radio KGFL raccontando una storia completamente diversa da quella rivelata due giorni prima a Whiltmore.

Il generale Ramey comandava l'Air Force di stanza a Fort Worth (Texas), Quartier generale da cui dipendeva il 509°. Prima ancora che gli uomini del 509° iniziassero a raccogliere i rottami, il Quartier Generale era già in linea diretta con il Pentagono. Nel mattino dell'8 luglio fu organizzato il volo con un Team di forze speciali da Washington all'aeroporto di Roswell. Ramey ordinò al colonnello Blanchard, comandante del 509°, di inviare l'agente speciale maggiore Marcel a Fort Worth. Su quello che avvenne dopo si hanno diverse versioni. Qualche ricercatore sostiene che Marcel non riuscì a portare i frammenti nello studio del generale, ma Randle e Schmitt del CUFOS ritengono che Marcel era all'oscuro di Il 9 luglio i giornali riportano le parole di Ramey: il caso Roswell è chiuso ciò che stava per avvenire. Così il maggiore avrebbe portato nell'ufficio del generale i frammenti dei rottami chiusi in una piccola scatola che lasciò sulla scrivania del generale. Ramey gli disse di seguirlo in un'altra stanza per consultare insieme una mappa. Rientrati nella stanza di Ramey, la scatola era sparita, al suo posto c'era un pallone sonda piuttosto danneggiato. Fu allora che Ramey convocò i giornalisti per una conferenza stampa di chiarimenti: "È stato solo un errore - esordì il generale - da parte di Marcel e del Bomb Group 509 - e aggiunse - piuttosto questo è un nuovo tipo di pallone". Con le parole del generale Ramey il caso era ufficialmente chiuso. Il giorno dopo i giornali smentirono la notizia della caduta del "disco volante", riportando le spiegazioni del generale e le foto del maggiore Marcel accanto ai resti del pallone sonda. Ben presto i giornali dimenticarono quella storia. 

Lo scenario della Guerra Fredda 

Lo scenario politico e militare del caso Roswell è quello dell'America del 1947, ovvero quello di una superpotenza uscita vincitrice dalla seconda guerra mondiale che si preparava ad affrontare un altro conflitto con l'altra superpotenza, quella comunista. Iniziava così quello che verrà ricordato come il conflitto silenzioso: la Guerra Fredda. Per più di quarant'anni gli Stati Uniti e l'URSS si sono studiati e spiati a vicenda cercando di carpire i segreti militari l'uno dell'altro. Non c'è da stupirsi, quindi, se una delle prime ipotesi avanzate sull'origine del fenomeno degli UFO fosse proprio quella dell'"arma segreta nemica", che avrebbe potuto risolvere un eventuale conflitto a favore del Paese che ne era in possesso. Alla luce di questa analisi storica, le considerazioni che si possono trarre dalla questione di un possibile ritrovamento di un mezzo non terrestre, dalle caratteristiche tecnologiche superiori a quelle di qualsiasi mezzo militare umano, sono tante e interessanti. Come doveva agire il Governo degli Stati Uniti? Non c'è dubbio che questa tecnologia doveva essere accuratamente studiata e analizzata in apposite basi top secret. Secondo alcuni, le conoscenze scaturite dallo studio di questa tecnologia sono state utilizzate per la costruzione di armi e velivoli militari all'avanguardia. Si è parlato delle fantascientifiche attività di basi supersegrete come la famosa Area 51 e di velivoli segreti rivoluzionari. Oltre a queste questioni di natura puramente militare ce ne sono altre che ne sono una diretta conseguenza. Secondo diversi ufologi, poiché la questione ufologica è stata limitata ai settori politici e dirigenziali del più alto livello, e naturalmente dell'Intelligence, è ovvio che la questione sia rimasta poi di pertinenza di certi individui che inizialmente avevano conosciuto questa realtà. Pertanto, era inevitabile che queste persone poi facessero parte di quei vertici che gestiscono attualmente sia la politica che l'economia delle grandi nazioni. Il sapere è Potere ed era importante, per evitare uno shock culturale e per il mantenimento e la gestione del Potere, che l'opinione pubblica non sapesse nulla su quello che era successo. Per cercare di comprendere questo aspetto è necessario analizzare l'atteggiamento delle autorità statunitensi nei confronti del caso Roswell dal 1947 a oggi. Sappiamo che nel luglio del 1947 è bastata la smentita del generale Ramey, con la spiegazione della caduta del pallone sonda e le foto scattate da Marcel vicino ai rottami di uno di questi oggetti, per convincere l'opinione pubblica che l'iniziale notizia della caduta del "disco volante" era stato un semplice errore di valutazione del maggiore Marcel. Ma quando trent'anni dopo il caso è stato riaperto - prima dalla testimonianza dello stesso Marcel e in seguito da dichiarazioni di altri testimoni militari e civili che erano stati coinvolti in quell'evento - l'atteggiamento del Governo doveva per forza di cose cambiare.    

Una nuova versione ufficiale            

Il caso Roswell è abbastanza complesso ma non privo di alcune certezze che non possono essere contrastate. È importante sottolineare che qualunque cosa sia accaduto, anche se il tutto fosse un equivoco generato da un pallone sonda, è certo che Un pallone sonda l'evento ha interessato le alte sfere di Washington che sono subito intervenute per gettare acqua sul fuoco. Ciò non vuol dire necessariamente che c'era un disco volante da recuperare, l'intervento del generale Ramey poteva servire semplicemente ad attenuare la tensione e a riportare tutta la vicenda nei giusti canoni. Un altro dato di fatto sono gli interventi delle squadre di recupero. Il punto è questo: cosa si doveva recuperare? Sono state proposte diverse ipotesi su ciò che può essere accaduto, si è detto tanto e si è discusso sulla validità delle testimonianze. Per quanto riguarda le teorie si va da quelle più convenzionali (oltre al pallone sonda, il missile V-2, aerei segreti, palloni giapponesi) a quelle più incredibili (oltre all'astronave extraterrestre qualcuno addirittura ha parlato di una macchina del tempo proveniente dal futuro). Ma negli anni '90 sono state rese note dalle autorità statunitensi delle nuove versioni che, almeno in parte, sembrano essere più soddisfacenti della vecchia tesi del pallone sonda...     

Uno degli avvenimenti più importanti del 1995 è stata la pubblicazione, il 28 luglio, del rapporto dell'inchiesta del Congresso americano sul caso Roswell. Il Congresso si era deciso ad indagare su richiesta di un deputato del Nuovo Messico, Steven Schiff. Dietro l'interessamento di Schiff c'era stato l'intervento di due ricercatori, Karl Pflock e Fred Whiting. Questi due si erano conosciuti a Washington, dove entrambi si erano occupati di pubbliche relazioni in campo politico. Whiting aveva ripreso contatto con Pflock per aiutarlo a promuovere il dossier sugli UFO nel mondo politico. Pflock, essendo stato consigliere del ministro della Difesa durante la presidenza Reagan, aveva conservato numerosi contatti a Washington, inoltre, sua moglie, Mary Martinek, era segretaria del deputato Steven Schiff a Albuquerque. Fu così che Pflock e Whiting erano riusciti, nel 1992, a fare in modo che Schiff si interessasse del dossier Roswell. A quanto pare Schiff non rimase indifferente a questa richiesta, tant'è che, nel marzo 1993, scrisse al ministro della Difesa, Les Aspin, per chiedergli chiarimenti sul ruolo dell'Aeronautica nell'incidente di Roswell. Il ministro lo indirizzò agli Archivi nazionali, dove sono conservati i dossier delle inchieste sugli UFO che il Project Blue Book ha condotto per diciotto anni, sino al 1969. Insoddisfatto, Schiff scrisse ancora una volta ad Aspin, in maggio, per richiedere un rapporto diretto del ministero della Difesa; lo stesso mese, gli Archivi nazionali gli risposero che non c'era alcun documento sul caso Roswell, né tra le carte del Blue Book, né in alcun altro dossier della Difesa. Deciso a non arrendersi, Schiff chiese al Congresso che venisse avviata un'inchiesta coinvolgendo il General Accounting Office (GAO), una specie di Corte dei Conti al servizio del potere legislativo americano. La sua richiesta fu accolta, e l'inchiesta fu intrapresa nel gennaio 1994. 

Nello stesso periodo anche l'Aeronautica aveva iniziato una sua inchiesta. L'Aeronautica, alla quale il GAO aveva chiesto chiarimenti, uscì dal suo mutismo nel settembre del 1994, esibendo un suo rapporto e pretendendo di aver eseguito ricerche approfondite. Il rapporto è breve (ventitré pagine), ma è corredato da circa ottocento pagine di allegati, che si possono consultare solo alla biblioteca del Pentagono. Il rapporto militare riprendeva la tesi del ricercatore Karl Pflock pubblicate qualche mese prima sul libro Roswell in Perspective, ovvero che a Roswell non era caduto un pallone sonda ma qualcosa di più complesso: un pallone spia legato al "Progetto Mogul". Quasi tutta la stampa approvava il rapporto della prestigiosa US. Air Force. 

Il GAO forse stava ottenendo qualcosa, ma per qualche strano motivo la pubblicazione del rapporto veniva rinviata continuamente. In un articolo del Washington Post del primo giugno 1995, Jack Anderson e Michael Binstein sostenevano che i ricercatori del GAO non credevano all'ipotesi dell'UFO ma avevano acquisito la convinzione che l'Aeronautica nascondesse qualcosa di importante, forse la caduta di un bombardiere che trasportava un'atomica. In effetti il rapporto del GAO, finalmente pubblicato in luglio, insieme a un comunicato stampa di Schiff, confermava questa tendenza. Il rapporto si presentava, a una prima lettura, come un semplice ripetizione delle risposte negative (con copia delle lettere) fornite dalle diverse amministrazioni pubbliche che erano state interrogate. Le risposte, che provenivano in special modo dalla CIA, dall'FBI e dal National Security Council, ripetevano di non sapere niente sul fatto di Roswell. Questa mancanza di notizie è in sé un'informazione importante, perché il GAO ha obbligato le amministrazioni a uscire dal silenzio e a dare una risposta ufficiale. Nel rapporto del GAO, la questione dei documenti mancanti veniva riassunta in questo modo: "Nella nostra ricerca di resoconti concernenti l'incidente di Roswell, abbiamo saputo che alcuni documenti governativi che riguardavano l'attività della RAAF (Roswell Army Air Field) sono stati distrutti, e altri no. Per esempio, i documenti amministrativi della RAAF (da marzo 1945 al dicembre 1949) e i messaggi trasmessi dalla RAAF (dall'ottobre 1946 all'ottobre del 1949) sono stati distrutti. Il formulario che riporta queste distruzioni non indica quale organizzazione o quale persona ha distrutto questi documenti, né a quale data, né sotto quale autorità questi documenti sono stati distrutti". Nel rapporto si legge anche che non si tratta di un caso a sé stante: ci sono altre distruzioni inspiegate negli Archivi. Secondo il capo archivista del Centro nazionale degli Archivi del personale, numerosi documenti relativi all'organizzazione dell'Aeronautica che riguardano quel periodo sono stati distrutti senza che si possa citare l'autorità governativa responsabile di queste distruzioni. Ci si chiede allora perché l'Aeronautica avesse pubblicato un proprio rapporto in cui veniva data una spiegazione inedita dei fatti di Roswell e nello stesso tempo alle richieste del GAO rispondeva che i documenti relativi all'incidente non si trovavano più. Era solo un caso che la faccenda del "Progetto Mogul" venisse fuori proprio allora?

Il Progetto Mogul

La tesi del "Progetto Mogul" è stata presentata da due rapporti, oltre a quello dell'Aeronautica c'è quello del ricercatore Karl Pflock (pubblicato qualche mese prima del rapporto dell'Aeronautica). Secondo questa versione non si trattava più di un volgare pallone-sonda con bersaglio radar, ma di un grappolo, o piuttosto un treno di palloni legati tra loro in fila indiana, più o meno dello stesso tipo dei palloni-meteo, solo un po' più grandi. Un gruppo di aerostati ha una forma insolita e ci si può chiedere se, effettivamente, gli aviatori scelti di Roswell si sarebbero turbati al punto da confonderlo con un disco volante. Il professor Charles Moore (il fisico responsabile dei lanci degli aerostati) fa notare che, oltretutto, vi erano stati agganciati dei bersagli radar di nuovo modello, che perciò erano poco conosciuti, costituiti da pannelli triangolari simili ad aquiloni.          

La tesi di Pflock, quella del rapporto militare e quella di Moore non sono identiche. Pflock sostiene che si era voluta nascondere alla stampa l'esistenza di un progetto top secret e che, quindi, era stata ideata la montatura del pallone meteorologico. I resti che furono presentati alla stampa erano quelli di un pallone e di un bersaglio radar, ma non di un semplice pallone meteorologico, come si voleva far credere. I resti facevano parte di un treno di palloni che si stava sperimentando nell'ambito di un progetto top secret, il "Progetto Mogul" appunto, la cui segretezza andava assolutamente salvaguardata, e questo perché si trattava di un sistema sperimentale ideato con lo scopo di indagare, con l'aiuto di apparecchi acustici, sugli esperimenti atomici sovietici. Bisognava che i russi non si accorgessero di questa sorveglianza. 

Il rapporto militare (Report of Air Force Research Regarding the "Roswell Incident") confermava il fatto che il "Progetto Mogul" era top secret ma poneva dubbi sul fatto che il generale Ramey ne fosse a conoscenza: poteva darsi che il generale avesse creduto veramente che si trattasse di una sonda-meteo con bersaglio radar. 

Karl Pflok sottolinea che il "Progetto Mogul" era di una tale importanza che gli era stato conferito un livello di segretezza AAA, fino a quel momento attribuito solo al "Progetto Manhattan" (progetto top secret relativo agli esperimenti atomici). Anche il suo nome in codice era segreto. L'idea era stata suggerita nel 1945 al capo dell'Aeronautica, il generale Spaatz, da un geofisico, William Ewing. Si trattava di sfruttare un fenomeno di "conduzione acustica", di cui si supponeva l'esistenza fra la troposfera e la stratosfera, e dunque tra i 10.000 e i 15.000 metri di altitudine. Spaatz affidò il progetto ai Laboratori Watson (con il patrocinio dell'Air Material Command). La realizzazione venne avviata nel 1947, sotto la direzione, da parte militare, del colonnello Duffy e del capitano Trakowski, mentre il dottor Peoples dei Laboratori Watson lavorava alla messa a punto delle sonde acustiche. La realizzazione del treno di palloni fu fidata al dottor Spilhaus della Università di New York, che disegnò il progetto e incaricò Charles Moore di realizzarlo. 

Quale di questi palloni ?

Una prima serie di prove del "Progetto Mogul" fu effettuata a White Sands, e, più esattamente, alla base aerea di Alamogordo (oggi chiamata Holloman AFB), dalla fine di maggio all'inizio di giugno del 1947. I palloni disponibili erano composti di neoprene, una plastica sintetica che presentava l'inconveniente di deformarsi in volo: questo rendeva difficile mantenerli a un'altitudine costante. I palloni non erano abbastanza grandi e anche usando il modello più grosso bisognava metterne insieme fino a venti o trenta, per un'altezza superiore ai 200 metri. Era stato previsto l'utilizzo di aerostati in polietilene (una sostanza che oggi largamente conosciuta ma che all'epoca era nuovissima) che erano più grandi e più solidi, ma non furono disponibili che all'inizio di luglio, per una nuova serie di prove. All'inizio, ogni lancio era registrato con un numero e ne veniva seguita la traiettoria. In realtà molti voli di prova non furono seguiti, e altri non furono registrati. E così, in quei due mesi, parecchi treni di palloni, più o meno grandi, navigavano nel cielo del Nuovo Messico, cadendo qui e là, senza che l'équipe addetta ai lanci venisse sempre a sapere se erano stati recuperati. Conoscendo il luogo dei lanci e la direzione delle correnti dominanti, si può arrivare a stabilire quale di questi voli avrebbe potuto essere il responsabile dell'equivoco di Roswell  Il primo volo di palloni in polietilene, effettuato il 3 luglio 1947, portava il numero 8. Tutti i voli del primo gruppo, all'inizio di giugno, furono compiuti con aerostati in neoprene, compreso quello del secondo gruppo, il numero 7, lanciato il 2 luglio. Karl Pflock, in Roswell in Perspective, parla del lancio numero 9 di cui non si sapeva dove fosse caduto. Il diagramma delle traiettorie dei voli 8 e 10 è stato ritrovato negli archivi: i palloni si erano diretti a Nord, nella valle del Rio Grande. L'ufologo Kevin Randle ha controllato negli archivi meteorologici dell'epoca: la direzione dei venti era stabile e, di conseguenza, anche il volo numero 8 doveva aver seguito il cammino degli altri. Il professor Moore sostiene che almeno uno di questi aerostati in neoprene è caduto ed è stato recuperato nei pressi di Roswell, il numero 5, lanciato il 5 giugno: il volo era terminato, dopo qualche ora, vicino a Roswell, in direzione Ovest. Quali di questi lanci potrebbe essere allora quello caduto nel ranch di Brazel? Dopo aver eliminato diversi voli le cui traiettorie, controllate, non corrispondevano, l'Aeronautica ha ipotizzato che si trattasse, probabilmente, di un volo non controllato, il numero 4, di cui si sapeva solo la data di lancio, il 4 giugno. 

Una peculiarità dell'aerostato in neoprene, non senza importanza nella definizione della faccenda, è che il colore di questa plastica sintetica, inizialmente avorio, vira al marrone in qualche ora e si annerisce dopo appena qualche giorno di esposizione al sole. Dopo due o tre settimane all'aperto, il neoprene finisce per disgregarsi in pezzi nerastri. Per di più come ha spiegato Moore, c'era l'abitudine, per migliorare le prestazioni dei palloni, di temprarli in acqua molto calda, il che aveva come conseguenza diretta di accelerarne il degrado, a cui si accompagnava un acre odore di bruciato. Un odore che il meteorologo Irving Newton e il fotografo Bond Johnson sostengono di aver sentito nell’ufficio del generale Ramey, dov'erano stati disposti i rottami. Questi gruppi di aerostati trasportavano bersagli radar di un modello ancora poco utilizzato (ML-307B/AP), dotati di tre pannelli triangolari di 50 pollici (1 metro e 27 cm.) per lato, fatti di carta coperta da una lamina d'alluminio riflettente, montata su assicelle di balsa. Alcuni gruppi di aerostati trasportavano fino a tre bersagli radar di questo nuovo modello.

Charles Moore ha raccontato di aver saputo dalla stampa della scoperta di Roswell quando lui e il gruppo avevano preso l'aereo per tornare sulla costa orientale, perché avevano terminato la seconda serie di prove. Lui e gli altri pensavano che la gente doveva essere stata affascinata dai nuovi aerostati in polietilene, perché i modelli in neoprene erano molto banali. Moore cambiò parere solo nel 1992, quando venne a conoscenza della testimonianza di Brazel, quella riportata dalla stampa il 9 luglio 1947. La descrizione dei rottami l'aveva portato a pensare che si trattasse dei modelli in neoprene. 

Uno scoppio o un'esplosione?

Le foto scattate nell'ufficio di Ramey, subito dopo la conferenza stampa del generale, mostrano abbastanza distintamente da una parte i resti sfasciati di un pannello triangolare con una lamina di alluminio, che evidentemente proveniva da un bersaglio radar del nuovo modello ML-307B/AP, utilizzato secondo Charles Moore dai treni di palloni "Mogul" e, dall'altra parte, dei resti nerastri, molto probabilmente quel che restava di un involucro in neoprene, annerito da un'esposizione di almeno quindici giorni al sole. Alcuni testimoni presenti nell'ufficio hanno parlato dell'odore acre della plastica disgregata. Questi resti avevano un aspetto miserevole, come ha ricordato il generale DuBose. Questo però non dimostra necessariamente che erano proprio quelli i resti ritrovati nel campo di Brazel. La descrizione dei voli indica, d'altra parte, che non solo un treno di aerostati (il numero 5) è caduto vicino a Roswell, ma che anche altri avrebbero potuto precipitare nella stessa zona. Se ne deduce che gli aviatori di Roswell avrebbero potuto raccogliere in quel periodo uno o anche diversi gruppi di palloni, che potrebbero esser stati conservati per qualche tempo alla base, forse dagli addetti al servizio meteorologico. Ecco quindi da dove potevano arrivare i rottami spediti in aereo a Fort Worth l'8 luglio. 

C'è un aspetto del caso Roswell che sembra difficilmente riconducibile all'ipotesi del pallone spia. Il maggiore Marcel ha sottolineato, nelle sue dichiarazioni, che l'aspetto della distesa di rottami faceva pensare che ci fosse stata una violenta esplosione. Effettivamente, i resti, estremamente solidi, erano sparsi su una superficie molto vasta. Ma tutti quegli aerostati erano gonfiati con elio, un gas inerte, che non poteva esplodere. Charles Moore ha proposto una tesi abbastanza complessa, a suo avviso si sarebbe verificata non una esplosione ma uno "scoppio". Dopo lo scoppio di uno dei palloni il resto era caduto a terra e le apparecchiature al di sotto del treno di palloni avevano toccato il suolo. Il vento avrebbe spinto i palloni più in alto e l'apparecchiatura sarebbe stata trainata attraverso i cespugli. Nel caso in cui si fosse impigliata in uno di questi cespugli, avrebbe potuto essere staccata dalla forza del vento e, quindi, i palloni ancora gonfi sono stati liberati da questo carico e si sono innalzati nuovamente, finché altri palloni sono scoppiati e il tutto è caduto di nuovo a terra. Siccome i bersagli-radar si trovavano nella parte bassa del gruppo, avrebbero potuto sfasciarsi e spargersi sul terreno, dopo che l'apparecchiatura si è staccata restando impigliata nei rami dei cespugli. Tutto ciò però non spiega la natura degli strani rottami trovati dal maggiore Marcel e da altri testimoni. A meno che, come suggerisce Moore, non era stato lo stesso Brazel a portare all'equivoco il maggiore Marcel parlandogli della ricompensa di 3000 dollari nel caso del ritrovamento di un "disco volante". Il maggiore Marcel avrebbe cercato di convincere Newton, l'ufficiale del servizio meteorologico di Fort Worth, che i resti provenivano da un "disco volante", mentre questi era stato il primo a riconoscere che erano componenti di una qualsiasi apparecchiatura meteorologica. Tutto ciò mette in ridicolo il maggiore Marcel, "accusato" di essersi lasciato fuorviare da un allevatore di pecore allettato da una ricompensa, e di aver a sua volta indotto in errore il suo colonnello. Tesi un po' difficile da sostenere... 

Confronto con le descrizioni di Marcel...

Tutti i sostenitori della tesi del treno di aerostati concordano sul fatto che questo assemblaggio speciale era sufficientemente bizzarro da indurre gli aviatori di Roswell a scambiarli per uno di quegli strani "dischi volanti" che venivano avvistati un po' dappertutto da una quindicina di giorni. Il maggiore Jesse Marcel e il capitano Cavitt (l'ufficiale del controspionaggio che aveva impiegato tutto un giorno per raccogliere i rottami con Marcel) pur nella loro competenza non avrebbero mai potuto riconoscere quegli strani aggeggi. Fino a che punto è sostenibile questa tesi ? È possibile che i membri di un corpo d'élite come il Bomb Group 509 fossero così ingenui? A quanto pare questi "palloni spia" assomigliavano più a un aquilone che a un congegno aeronautico. Erano così fragili che era stato chiesto al fabbricante di rinforzarli con carta adesiva. Il paradosso è che proprio questa modesta carta riveste al giorno d'oggi una notevole importanza agli occhi dei ricercatori dell'Aeronautica. Moore sostiene che il fornitore dei bersagli era un ex fabbricante di giocattoli, che aveva usato uno stock di adesivo decorato con simboli floreali stilizzati, abbastanza curiosi, di colore rosa-violetto. Erano gli stessi visti dal maggiore Marcel e suo figlio? Charles Moore ha disegnato i simboli a memoria, esattamente come Marcel jr aveva disegnato quelli che lui ricordava. I due disegni sono sicuramente diversi e, soprattutto, le dimensioni e la collocazione non sono le stesse. Sullo schema di Charles Moore il nastro adesivo decorato è molto più largo dell'assicella di balsa, che è larga 8 millimetri. Il nastro, in tutto, dovrebbe misurare circa tre centimetri di altezza, e i simboli circa due centimetri, mentre Marcel aveva descritto simboli piccoli, di circa 5-6 millimetri, impressi lungo le assicelle metalliche larghe circa un centimetro, e come scolpiti nel metallo. Interrogato su questo punto il dottor Marcel faceva osservare, comunque, che sussistevano differenze tra le due descrizioni. Una delle principali, secondo lui, era che le assicelle che aveva esaminato erano sicuramente metalliche, anche se non ne aveva riconosciuto la lega: "Ho costruito molti modelli di aerei - sostiene Jesse Marcel Jr. - e non penso che avrei potuto confondere la balsa con una sostanza metallica". Quanto ai simboli, ammetteva che erano di un colore simile, ma i suoi erano dentro i limiti della superficie delle assicelle: non debordavano, come nello schema tracciato da Moore. Altra differenza segnalata da Marcel nella sua lettera: il bersaglio radar era in carta coperta da uno strato di alluminio, mentre il materiale che lui aveva osservato non aveva uno strato di carta. 

I dummies

Dopo il rapporto dell'Aeronautica militare del 1994 in cui si parlava per la prima volta del "Progetto Mogul" si è tornanti a parlare di Roswell nel 1997. Il 24 giugno 1997, in perfetta coincidenza con il primo avvistamento di Kenneth Arnold, l'Air Force ha offerto all'opinione pubblica una nuova versione ufficiale sul caso Roswell. Nella conferenza stampa il colonnello Richard Haynes ha confermato la tesi del "Progetto Mogul", stavolta formalizzata attraverso la pubblicazione di un rapporto ufficiale dal titolo Roswell Report - Case Closed (Rapporto Roswell - Caso Chiuso). Le novità riguardavano degli aspetti del caso Roswell che non erano stati spiegati nella precedente relazione. Innanzitutto, per la prima volta l’Aeronautica ha ammesso che i testimoni non si sbagliavano quando parlarono di corpi umanoidi nei pressi dei rottami, ma che in realtà non si trattava di alieni, bensì di "dummies", manichini utilizzati per "crash test" aeronautici, nell'ambito dei programmi "High Dive" ed "Excelsior", finalizzati a verificare la possibilità di fornire ai piloti una via di scampo in caso di emergenze a grandi altezze. La struttura di questi manichini era in alluminio e acciaio, ricoperta di uno strato di lattice per renderli quanto più simili agli esseri umani. Venivano quindi vestiti con tute di volo e fatti cadere da un pallone aerostatico stazionante a tremila metri d'altezza. I manichini spesso cadevano al suolo al di fuori del perimetro militare, ed essendo sprovvisti di padiglioni auricolari, glabri (ma non sempre, a giudicare dalle foto che lo stesso rapporto ha pubblicato) e mutilati Sonda discoidale di provaa causa della caduta (le dita da cinque sarebbero spesso divenute quattro), sarebbero stati confusi dai testimoni per extraterrestri a quattro dita. Il rapporto tentava anche di dare spiegazioni su chi diceva di aver visto un "disco volante" e di aver avuto in mano degli strani rottami. Stando a quanto scritto e divulgato a mezzo conferenza stampa, tra il 1966 ed il 1972, ai palloni aerostatici venivano collegate delle sonde discoidali di prova, per test realizzati dall'agenzia spaziale americana su apparecchiature da inviare su Marte. Il loro aspetto avrebbe creato la leggenda del disco precipitato. Allo stesso modo, i rottami con i geroglifici che Jesse Marcel Jr. avrebbe visto, portati dal padre nella sua abitazione, non sarebbero altro che gli equipaggiamenti dei test, con le relative etichette di avvertenza sull'utilizzo degli stessi. 

Spiegazioni insufficienti  

Inevitabilmente, queste "spiegazioni" dell'Aeronautica hanno destato nuove polemiche negli ambienti ufologici. Per quanto riguarda i "dummies", il problema principale nell'accettare questo tipo di spiegazione risiede nel fatto che i test con i manichini sono ufficialmente iniziati nel 1954 e terminati nel 1957. 

Per quanto riguarda i rottami, Marcel Jr., oggi medico affermato, all'epoca dodicenne, sarebbe stato certamente in grado di distinguere parole in lingua inglese, seppur tecniche, da una forma sconosciuta di scrittura a geroglifici. Un altro punto debole, e, forse, il più inverosimile dell'intero rapporto, riguarda la spiegazione della testimonianza secondo cui un alieno vivo avrebbe camminato scortato nei locali dell'ospedale della base di Roswell e successivamente portato a Wright Field. In realtà - afferma il rapporto - l'alieno non era altro che Dan D. Fulgham, un militare, sopravvissuto ad una prova di lancio, il quale, precipitato con violenza al suolo, riportò ferite ed ecchimosi che determinarono un innaturale gonfiore al capo e agli occhi. La data però non coincide, l'incidente occorso a Fulgham risalirebbe al 1959, dodici anni dopo il crash di Roswell. A tutto questo l'Air Force ha risposto attaccandosi al fatto che gran parte delle testimonianze sono state rese molti anni dopo dell'evento, e che i testimoni avrebbero subito un processo di "fusione mnemonica", in cui diversi eventi sono andati fondendosi in un unico ricordo, dando vita al mito Roswell. 

Questa ipotesi potrebbe anche essere valida per i testimoni civili, tenuto conto della pubblicità dei Mass-Media, che nell'estate del 1947 riportavano in continuazione notizie dell'avvistamento dei dischi volanti, ma certo è più difficile credere che anche ufficiali militari fossero rimasti suggestionati fino al quel punto. Senza contare che un evento del genere avrebbe creato un'immagine indelebile nella memoria dei testimoni, che mai avrebbero potuto cadere nell'errore, confondendo fatti accaduti tra il 1947 e il 1972 con un singolo ed eccezionale evento datato 1947. Una sindrome piuttosto strana, che avrebbe simultaneamente colpito tutte le decine di testimoni del caso Roswell, nessuno escluso. 

Testimonianze: dal ritrovamento di Brazel alla conferenza stampa di Ramey

di Antonio Manera

Esistono due verità su Roswell: da un lato quella delle autorità governative e militari, dall'altra quella delle dichiarazioni di molte persone coinvolte nell'evento, civili e militari, che molti anni dopo hanno decisamente contraddetto la versione del pallone sonda o del pallone spia. Si ritorna quindi al punto di partenza. Che cosa poteva aver spinto il colonnello Blanchard ad annunciare la scoperta di un disco volante, obbligando il suo superiore diretto a diramare una smentita la sera stessa? Poteva un ufficiale esperto come Marcel essersi sbagliato? Ma soprattutto, perché la versione ufficiale sembra così poco credibile? Questi alcuni degli interrogativi a cui si è cercato di dare una risposta. Ma sono passati 30 anni prima che qualcuno ricominciasse a fare ricerche. In effetti, la storia di Roswell così come la conosciamo oggi (seppur con diverse versioni sostenute dai vari ricercatori sulla modalità degli avvenimenti e in particolare sui luoghi del crash) è venuta fuori sul finire degli anni Settanta. A partire dal 1980, libri come quello di William L. Moore e Charles Berlitz, The Roswell Incident (trad. it., Accadde a Roswell”, 1981), avrebbero spinto altri autori a cercare la verità. Da allora le inchieste e i sopralluoghi a Roswell si sono intensificati. Gli inquirenti del CUFOS (il Center For UFO Studies) Kevin Randle e Don Schmitt, giunsero pazientemente a nuovi risultati, che esposero nel 1991 nel libro UFO Crash at Roswell, seguito nel 1995 da The Truth About the UFO Crash at Roswell. Invece il fisico nucleare Stanton T. Friedman e lo scrittore Don Berliner nel loro Crash at Corona portano avanti la “teoria del doppio crash” (relativa all’individuazione di due possibili, contemporanei punti di impatto di un UFO o due UFO nella zona di Roswell ed in quella di San Augustin). Ma queste sono soltanto alcune delle iniziative editoriali che hanno dato nuova luce agli eventi del 1947.

Le dichiarazioni del maggiore Marcel

Il 20 febbraio 1978, Stanton Friedman si trovava al Baton Rouge, in Louisiana. Doveva tenere una conferenza sugli UFO all'Università di Stato e concedere delle interviste radiofoniche e televisive. Il direttore di una delle emittenti, durante una pausa, gli disse che conosceva un ex militare che aveva avuto tra le mani dei particolari reperti. Il militare in pensione era Jesse Marcel. Friedman decise di chiamarlo, e da subito gli sembrò del tutto degno di fede. Marcel gli riferì di essere stato l'ufficiale addetto alla sicurezza alla base aeronautica di Roswell. In un primo momento non ricordava la data precisa dell'incidente, che individuava "verso la fine degli Anni Quaranta". Tuttavia, raccontò una prima versione dei fatti. Marcel aveva ricevuto una telefonata dallo sceriffo George Wilcox, mentre stava per mettersi a tavola, alla mensa degli ufficiali. Lo sceriffo gli aveva parlato di un contadino che aveva portato diversi pezzi presi da uno strano relitto, e che ne aveva molti altri nel suo ranch: aveva pensato che la cosa avrebbe potuto interessarlo. Marcel si recò all'ufficio dello sceriffo, a Roswell, dove interrogò il contadino, esaminò i rottami e tornò alla base per parlarne con il suo superiore. Ebbe l'ordine di andare sul posto per vedere di cosa si trattava, accompagnato da un uomo del controspionaggio, Sheridan Cavitt. Giunsero sul posto mentre calava la notte e così dormirono nella fattoria. L'indomani, ispezionarono il luogo dov'erano sparsi i rottami, e passarono la giornata a raccoglierli su due auto e lasciandone ancora molti sul posto. Marcel tornò alla base tardi, molto tempo dopo il ritorno di Cavitt: era così impressionato che aveva voluto subito mettere al corrente della scoperta la moglie Viaud e suo figlio Jesse Junior, di undici anni. Così passò da casa alle due del mattino e li svegliò per mostrar loro quel che aveva scoperto. Stese una parte dei resti sul pavimento della cucina e cercò inutilmente, aiutato dal figlio, di ricostruirne qualche pezzo. Quindi, riprese tutto, proibendo al figlio di tenerne la benché minima parte. Jesse Marcel tornò alla base e fece rapporto al suo comandante, il colonnello William Blanchard alle sei del mattino di martedì 8 luglio 1947, la giornata cruciale del comunicato stampa e della sua smentita.

Questo racconto, senza dubbio una delle testimonianze più importanti di tutto il caso Roswell, richiede d'essere esaminato con molta attenzione. Oltre a Friedman, il maggiore Marcel ha rilasciato diverse altre interviste. Ad esempio, quella condotta da Leonard Stringfield insieme a Steve Tom, giornalista della NBC di Chicago. L'intervista ebbe luogo il 7 aprile 1978 e Stringfield la rese nota nel luglio di quello stesso anno, in una relazione tenuta al raduno annuale del MUFON (Mutual UFO Network). Fu pubblicata nella sua versione definitiva nel gennaio 1980. Questa testimonianza era ancora abbastanza breve. Alcune interviste più approfondite furono fatte a Marcel nel febbraio 1979 da Friedman e William Moore, un altro ricercatore col quale Friedman s'era associato. In seguito fu Moore a prendere il testimone, e l'anno seguente pubblicò il primo libro su Roswell, insieme allo scrittore di successo Charles Berlitz. Un'altra intervista divulgativa fu pubblicata dal giornalista Bob Pratt l'8 dicembre 1979 sul National Inquirer, periodico popolare di inchieste di vario genere. 

I rottami ritrovati

Sia Moore che Friedman sostengono nei loro libri che la superficie ricoperta dai rottami era molto vasta: circa un chilometro di lunghezza (tre quarti di miglio) per più di cento metri di larghezza (diverse centinaia di piedi). Un gran numero di piccoli pezzi erano sparsi in quest'area. Il ranch di cui Brazel si occupava era su un terreno vasto, di circa 200 km quadrati, secondo la stessa testimonianza di Jesse Marcel. A quel tempo non c'erano quasi strade su quel terreno pianeggiante, con una scarsissima vegetazione, che era appena sufficiente al pascolo delle pecore. Si ritiene che si sia verificata un'esplosione al di sopra del suolo, ma bisogna tenere conto che gli aerostati, quale che fosse il modello, erano gonfiati con elio, un gas inerte che non poteva esplodere. Come avrebbero potuto uno o più aerostati, spandere su un terreno così vasto tanti piccoli rottami? Anche se un gruppo di aerostati fosse precipitato in quel posto e fosse stato malridotto da un violento temporale, non si vede in che modo quei palloni-sonda avrebbero potuto essere sparsi in migliaia di piccoli pezzi, estremamente resistenti, così come li hanno descritti gran parte dei testimoni. 

Resta da capire allora cosa è esploso. Il maggiore Marcel era ancora in grado di fornirne una descrizione abbastanza precisa trent'anni dopo. I due resoconti più dettagliati sono quelli raccolti da William Moore, in The Roswell Incident (1980) e da Bob Pratt nella versione integrale pubblicata da Karl Pflock in Roswell in Perspective nel 1994. Marcel esclude in modo categorico che ciò che aveva visto fosse un pallone sonda. "Conoscevo bene quasi tutto quel che volava all'epoca - disse Marcel a Moore - che fosse o meno d'origine americana. Conoscevo anche tutti i modelli di palloni meteorologici o di bersagli-radar, utilizzati spesso sia in campo civile che militare. Sono assolutamente certo che non si trattava né di un aerostato meteo né di un radar, e tantomeno di un aereo o di un missile. Non so che cos'era. Si trattava di qualcosa che non avevo mai visto prima e che non ho mai visto dopo". Marcel aggiunse a Pratt che il materiale che ebbe tra le mani  era poroso, e ciò indicava, a suo avviso, che non poteva essere stato l'involucro di un aerostato. C'erano alcune assicelle, un materiale che sembrava pergamena, e infine parti metalliche che parevano lamine di stagno molto sottili. I rottami fatti "a perganena" avevano un colore bruno ed erano composti  da un materiale molto solido: su di essi c'erano dei piccoli numeri, con dei simboli simili a geroglifici. Questi simboli avevano qualcosa di somigliante tra loro, benché differenti gli uni dagli altri. Erano di colore rosa e porpora, e sembravano dipinti sulla superficie. I pezzi ritrovati non potevano essere rotti, né bruciati. Marcel sostiene di aver cercato di bruciarli col suo accendino, ma che non fumavano nemmeno. Le "lamine di stagno" erano sottili come la carta metallizzata dei pacchetti di sigarette. Tuttavia alle prove di resistenza risultò che quel materiale non poteva essere deformato, neanche a colpi di mazza. Poteva essere piegato e anche ammaccato ma tornava sempre nella posizione iniziale. Ci sono al giorno d'oggi dei materiali che anche piegati tornano sempre alla forma originaria, ma questa scoperta non ha potuto influenzare il racconto di Marcel, che era molto precedente. Il maggiore Marcel ha raccontato anche che Cavitt aveva trovato una scatola nera, che sembrava di metallo, e che misurava qualche centimetro per lato. L'oggetto era molto leggero e, almeno in apparenza, non c'era modo di aprirlo. Per quanto riguarda le "assicelle" con su impressi i geroglifici, secondo Marcel questi pezzi assomigliavano un po' a legno di balsa: erano dure, ma anche flessibili, e non bruciavano. Marcel prosegue: "La loro grandezza era variabile. Erano, se ben ricordo, grossi circa da 6 millimetri a un centimetro". Questi pezzi sembravano essere estremamente leggeri, ma anche solidi. Erano di sezione rettangolare, come un regolo. Sulla parte lunga di alcuni di essi figuravano dei segni piccoli, di due colori, che ricordavano gli ideogrammi cinesi.

Si noti che Marcel parla soltanto di rottami ma non aveva visto nessun "disco volante", però, secondo l'ex maggiore, l'oggetto doveva essere molto grande, tant'è che i militari tentando di riunire dei pezzi, come un puzzle, erano riusciti a ricostruire circa trenta metri quadrati, ma non furono sufficienti per farsi un'idea della forma complessiva dell'oggetto.     

I familiari di Marcel

Il maggiore Marcel è morto nel 1986 ma ha avuto il tempo di vedere riaperto il caso Roswell e di descrivere ciò che aveva visto. Il suo resoconto è confermato dalla moglie e da suo figlio Jesse Marcel jr, a cui aveva mostrato quegli strani rottami. Jesse Marcel jr ha rilasciato molte interviste ma anche lui, come il padre, ha sempre avuto idee ben chiare su ciò che era accaduto a Roswell. All'epoca Jesse jr aveva undici anni, ma è difficile trovare un testimone più credibile di lui: è dottore, colonnello della riserva nella Guardia Nazionale, pilota d'elicottero e perito qualificato sugli incidenti aerei. Nella sua prima intervista, pubblicata da William Moore, il dottor Marcel fa una breve descrizione che corrisponde abbastanza, tranne che per una divergenza, a quella del padre: "Il materiale era molto sottile, in apparenza metallico, anche se non lo era, e molto solido. C'era anche una sorta di materiale di struttura, erano assicelle, e altri pezzi, di cui molti, in plastica nera, che sembravano d'origine organica".  Di quest'ultimo elemento Marcel senior non aveva mai parlato. Come altri testimoni anche Marcel jr ha redatto, una dichiarazione scritta e firmata. Questa dichiarazione, anche se molto breve, conferma le sue dichiarazioni ai giornali, specialmente quella che concerne la descrizione dei rottami. Parla, allora, per descriverli, di piccole assicelle, "I beams", con una sezione simile alla forma del binario delle ferrovie. Il dottor Marcel ha cercato di definire meglio il ricordo che aveva di quegli strani pezzi, specificando che su di essi vi erano impresse una serie di forme geometriche. Sulla questione delle assicelle a forma di binario c'è la contestazione del ricercatore Karl Pflock, il quale fa notare che il maggiore Marcel, contrariamente al figlio, non aveva mai parlato della particolare forma di quelle travi. È vero che nel testo di William Moore c'è una certa confusione, perché il maggiore Marcel comincia a parlare di geroglifici a proposito dei pezzi dall'aspetto "pergamenato", ma l'ambiguità è chiarita grazie all'intervista fattagli da Bob Pratt. Marcel senior forse s'era espresso male, ma come il figlio anche lui aveva parlato della presenza di simboli geroglifici lungo certi pezzi. "Non c'erano figure di animali riconoscibili come se ne vedono nei geroglifici egiziani - ha detto Marcel jr - ma quei simboli sembravano essere di tipo geroglifico. La maggior parte dei rottami aveva l'aspetto di pezzi di una struttura di dirigibile e del suo guscio esterno. Certi resti non erano metallici, ma piuttosto erano simili a frammenti di parti in plastica nera più spessi dell'involucro metallico. I simboli erano di colore violetto o porpora".

Nel maggio 1990 il dottor Marcel ha accettato di sottoporsi a ipnosi. Don Schmitt e i suoi collaboratori volevano provare a ricostruire i simboli visti e avere una descrizione più precisa dei rottami. La seduta fu condotta da John Watkins, professore di psicologia all'Università del Montana. Marcel illustrò più dettagliatamente i simboli geroglifici e anche l'aspetto dei materiali d'altro tipo, in "plastica" nera, che somigliavano alla bachelite.  

Testimoni degli eventi dei primi giorni: Mac Brazel, Whitmore, Wilcox

Descritti i frammenti, diventa importante chiarire quando quella "cosa" è esplosa sul campo di Brazel, ma anche la data esatta della scoperta dei rottami. La sera del 2 luglio c'era stato un forte temporale e, secondo i familiari di Brazel, Mac avrebbe udito un'esplosione particolarmente violenta. Pertanto quella della mattina del 3 luglio resta la data più credibile del ritrovamento dei rottami al ranch Foster, ciò sembra essere confermato anche dal racconto del sergente maggiore Lewis Rickett, sottufficiale della base di Roswell, secondo il quale Brazel aveva indicato quella data ai ricercatori della base. Altre versioni indicano l'"incidente" tra la notte del 3 e il 4 luglio e la raccolta dei rottami nella mattinata del 4 luglio. È da escludere l'ipotesi del 30 giugno o addirittura del 14 giugno come ha sostenuto Brazel nelle dichiarazioni rilasciate il 9 luglio (sotto scorta militare). Brazel si recava in continuazione sul suo terreno e non poteva permettere che quei rottami restassero lì per troppo tempo. Tommy Tree, bracciante che aveva lavorato per Brazel, ha confermato che i rottami avevano causato parecchie preoccupazioni a Mac perché erano così numerosi che le pecore rifiutavano di attraversare il terreno. Per questo motivo è plausibile che una volta trovati quei rottami Brazel abbia subito avvertito lo sceriffo. Cosa che ha fatto domenica 6 luglio, arrivando nell'ufficio di Wilcox verso mezzogiorno e portando con sé alcuni rottami, dopo aver fatto molte ore di strada al volante della sua vecchia automobile.  

Altre importanti dichiarazioni sono venute dai vicini di Brazel. La casa dei coniugi Floyd e Loretta Proctor si trovava a circa 13 chilometri dal ranch Foster. Loretta Proctor ha confermato, in una dichiarazione firmata al FUFOR, che nel luglio del 1947 Mac Brazel era andato alla sua fattoria e aveva mostrato a lei  e al marito un pezzo di materiale proveniente da rottami sparsi sulla proprietà che aveva in affitto. Brazel era accompagnato solo dal loro figlio, il giovane "Dee" (Timothy D. Proctor) di sette anni, cui piaceva fare escursioni a cavallo nel ranch con Brazel. Il pezzo che aveva portato era di colore bruno, simile alla plastica e molto leggero. "Mac ci ha spiegato che un altro tipo di rottame, sul terreno, sembrava una lamina di alluminio molto flessibile, che non si poteva ammaccare, né bruciare", ha aggiunto Loretta Proctor."C'era anche qualcosa che lui ha descritto come una specie di nastro sul quale figuravano delle stampe di color porpora. Non era scrittura giapponese, ha detto, ma, da come le ha descritte, sembravano geroglifici. Un po' più tardi, mio marito, mio fratello e uno dei suoi amici hanno visto Mac a Roswell (il giorno 8 luglio n.d.w.), circondato da soldati. È passato proprio vicino a loro, senza dir parola. Quelli dell'Aeronautica l'hanno trattenuto cinque o sei giorni e quando è tornato ci ha detto che gli avevano spiegato che si trattava di un pallone­meteo. Era molto contrariato di essere stato trattenuto così a lungo lontano da casa... Mac Brazel era un buon vicino, di solito molto amichevole. Non era il tipo di persona che avrebbe mentito o ideato una truffa. Sapeva a cosa assomigliavano i palloni-meteo, perché ne aveva trovati altri. Il pezzo che ho visto non assomigliava a nulla che potesse far parte di un pallone-meteo. Anch'io ne avevo gia visti. Ma non avevo mai visto niente di simile". La donna ha anche detto che Mac era l'unico membro della sua famiglia presente al ranch Foster in quel momento. Questo particolare differisce dal secondo racconto di Brazel, fatto in presenza dei militari. Come riportava l'articolo del 9 luglio sul Roswell Daily Record, Brazel raccontò che si trovava al ranch con la moglie, il figlio più giovane Vernon e la figlia Bessie. 

I figli di Brazel

Mac Brazel dopo la brutta esperienza con i militari non aveva più voluto parlare di quella storia. Essendo morto nel 1963 non ha avuto il tempo di vedere riaperto il caso. Così gli ufologi sono andati alla ricerca dei suoi figli: Bill Brazel e Bessie Schreiber. 

Bill Brazel, morto negli anni Ottanta, era il figlio maggiore di Mac. Nel 1947 era già sposato e viveva con la moglie Shirley ad Albuquerque. Ha riferito di aver scoperto la storia vedendo la foto di suo padre sul giornale di Abuquerque, dopodiché si era recato a Roswell per capire che cosa era successo. Il padre era stato "trattenuto" sin dall' 8 luglio e, secondo Bill, era tornato al ranch  il 14 o il 16 luglio, ossia sei o otto giorni dopo. Una volta tornato s'era lamentato di essere stato trattenuto così a lungo. Sembra gli avessero imposto un esame medico "dalla testa ai piedi", ma in realtà non era stato trattenuto in prigione, nel senso letterale del termine, ma nella foresteria della base, senza poter comunicare con l'esterno. Da allora Mac non avrebbe più parlato di quella storia. Anche sua sorella maggiore, Lorraine Ferguson, la moglie di Bill, Shirley, hanno raccontato che Mac Brazel era diventato molto taciturno su tutta la vicenda. E così sarebbe stato fino alla sua morte. Le dichiarazioni di Bill Brazel non riguardano solo le ammissioni sulla brutta esperienza vissuta dal padre con i militari, egli ha rivelato anche che, per un certo periodo, ebbe tra le mani una parte dei rottami sfuggiti alla "pulizia" militare, commettendo però un grave errore: si era vantato della sua collezione con dei conoscenti di Corona e, così facendo, la notizia era arrivata  ai militari che subito lo andarono a trovare. Costoro gli fecero capire che avrebbe dovuto consegnarli tutti. E lui li consegnò. La descrizione dei rottami concorda con quelle di Jessie Marcel e di suo figlio: piccole parti di colore grigio, leggere come legno di balsa, ma molto resistenti. Fra i frammenti c'era un pezzo di circa 15 centimetri leggermente flessibile, delle lamine di una strana lega metallica. Bill Brazel ha raccontato un fatto curioso: aveva piegato alcune di queste lamine e le aveva messe in tasca, ed era rimasto sorpreso, quando, estraendole, si erano spiegate da sole per poi tornare perfettamente piatte. Osservare questo fenomeno era diventato quasi un gioco. Aveva trovato anche un altro tipo di rottami: pezzi di filo trasparente, che assomigliava a un grosso filo da pesca in nylon, già popolare all'epoca, ma che oggi fa pensare alle fibre ottiche. Brazel ha anche fornito a Randle e Schmitt una dettagliata descrizione della distesa dei rottami e l'indicazione di alcuni solchi causati dalla "cosa" caduta dal cielo. La descrizione di un'impronta è stata data anche da Walt Whitmore jr, che ha raccontato di essersi recato sul luogo dopo che i militari se ne erano andati. L'impronta era rimasta ben visibile per un paio di anni, prima che l'erba la nascondesse. Questa scoperta è di grande importanza, perché non si capisce come l'impatto col terreno di un pallone sonda o di un gruppo di aerostati potesse aver provocato un'impronta così profonda ed ancora visibile due anni dopo. 

Il racconto della figlia di Brazel

Le dichiarazioni di Bill Brazel non si accordano con la versione sostenuta da sua sorella, Bessie Schreiber, che all'epoca dei fatti di Roswell aveva quattordici anni. Le sue affermazioni sono state contestate dai ricercatori, perché contraddette da altre deposizioni, non solo relativamente alla descrizione dei rottami, ma anche allo svolgersi dell'incidente. La Schreiber ha rilasciato due dichiarazioni diverse nel 1979 e nel 1993. Quella del 1993 è una dichiarazione scritta sotto giuramento, davanti a un notaio, ed è importante perché porta un punto a favore della tesi del "Progetto Mogul", non a caso è citata sia dal rapporto dell'Aeronautica, sia dal ricercatore Karl Pflock che è stato uno dei primi a proporla. Ecco cosa riportava il documento:

"William W. 'Mac' Brazel era mio padre. Nel 1947, quando avevo quattordici anni, era fittavolo del ranch Foster, nella contea di Lincoln, in Nuovo Messico, vicino a Corona. La nostra famiglia possedeva una casa a Tularosa, dove mia madre, il mio fratello più piccolo e io stavamo durante l'anno scolastico. Tutti e tre passavamo l'estate al ranch Foster con papà. Verso il 4 luglio 1947, mio padre trovò una quantità di rottami sparsi su un terreno da pascolo a una certa distanza dalla nostra casa. Nessuno di noi era con lui quando rinvenne quel materiale, e non ricordo che nessun altro fosse presente. Ce ne parlò al suo ritorno, la sera. Mio padre era preoccupato perché i rottami si trovavano accanto a un serbatoio d'acqua al livello del suolo. Temeva che, sparsi dal vento, spaventassero le pecore, e che queste non volessero più bere. Così, dopo un giorno o due, è tornato sul posto insieme a me e a Vernon, per radunare quei materiali. Ci siamo andati a cavallo, portando con noi parecchi sacchi dove mettere i rottami. Non ricordo quanto fosse distante la casa dal pascolo, ma il tragitto ci ha preso tempo. C'erano molti detriti sparsi, distanziati tra loro, sul posto che mi sembra di ricordare avesse più o meno l'estensione di un campo di calcio. Forse ce n'erano anche altri, sparsi più lontano dal vento, che soffiava molto forte. I rottami sembravano pezzi di un grande pallone che fosse esploso. I pezzi erano piccoli, il più grande di cui mi ricordo poteva avere la grandezza di un pallone da basket. Per la maggior parte erano fatti da un materiale a doppio strato, metallizzato da un lato e che sembrava plastica dall'altro. Le due facce erano di un colore grigio argento, ma la parte metallica era più lucente. Dei bastoncini, una specie di assicelle per gli aquiloni, erano attaccati a pezzi di carta adesiva biancastra. Questa carta adesiva era larga circa tre pollici (poco meno di otto centimetri - n.d.w.) e aveva dei disegni stilizzati che sembravano fiori. Questi 'fiori' erano sbiaditi, di diverse tonalità pastello, e mi ricordavano delle stampe giapponesi con dei disegni di fiori separati tra loro. Non ricordo ci fossero altri tipi di materiale, e non ricordo nemmeno di aver visto dei solchi sul terreno, o altri segni indicanti che qualcosa potesse averlo urtato violentemente. Il materiale in plastica metallizzata non poteva essere piegato come si può fare con un normale foglio d'alluminio. Non ricordo altro riguardo alla solidità, o ad altre caratteristiche, di quel che abbiamo raccolto. Abbiamo trascorso diverse ore a raccogliere i rottami e a metterli nei sacchi. Mi sembra che ne abbiamo riempiti tre. Abbiamo anche discusso un po' su quel che potevano essere. Ricordo che mio padre disse: 'È solo un mucchio di spazzatura!'. Poco dopo, mio padre si è recato a Roswell, a ordinare del foraggio per l'inverno. Ne ha approfittato per informare lo sceriffo di quel che aveva trovato. Non ricordo più se eravamo con lui, perché in quel periodo avevamo fatto due o tre viaggi a Roswell. Non ci andavamo tutti insieme perché era un viaggio che richiedeva l'intera giornata; partivamo molto presto la mattina e tornavamo che era già notte. Invece, sono sicura che quel viaggio non sia durato più di un giorno. Quando mio padre andava in città, tornava sempre la sera stessa. Uno o due giorni dopo, sono arrivati al ranch alcuni militari. Erano almeno una quindicina. Uno o due ufficiali hanno parlato con mio padre e mia madre, mentre gli altri aspettavano. Nessuno ha parlato con me o Vernon. Mi sembra di ricordare che sono rimasti al ranch per la maggior parte della giornata, e che dunque hanno avuto la possibilità di andare al pascolo per raccogliere materiali. Non sono del tutto sicura di questo, ma ricordo molto bene che hanno portato via con sé i sacchi coi rottami. Anche se sarebbe stato possibile, non credo che altre persone abbiano trovato successivamente dei rottami. Mio padre riassumeva questa storia a suo modo: 'Hanno fatto tanto baccano per niente'. Non sono stata pagata e non mi è stato promesso niente per rilasciare questa dichiarazione che è del tutto veritiera riguardo a quel che ricordo".

La dichiarazione di Bessie Schreiber in sostanza ricalca quella fatta dal padre il 9 luglio sotto scorta militare, a parte alcune divergenze: il padre aveva rettificato dicendo di aver trovato i rottami il 14 giugno e non agli inizi di luglio e che si era trovato sul posto con il figlio Vernon, e non da solo, come invece sostiene Bessie. Si noti poi un'altra divergenza tra il racconto di Bill e quello di Bessie: Bessie ha sostenuto che suo padre era andato a Roswell per vendere al lana, mentre Bill ha detto che di sicuro suo padre non poteva esserci andato per quel motivo perché la vendeva sempre a una società che aveva sede nello Utah, e che andava a prenderla al ranch con i suoi camion.

Nel 1979 la Schreiber aveva rilasciato una dichiarazione a William Moore, riportata poi nel suo libro, nel quale già dava una descrizione dei rottami. "C'erano cose che sembravano pezzi di carta rinforzata con cera, e qualcosa sul tipo di fogli d'alluminio", riferì la Schreiber. "Su qualcuno di quei pezzi, si potevano distinguere iscrizioni che assomigliavano a numeri e lettere, ma non siamo riusciti a decifrare niente. Su certuni dei pezzi che somigliavano a fogli metallizzati era incollato una specie di nastro adesivo; quando li si guardava alla luce, si vedevano dei disegni stilizzati, come di fiori color pastello. Sembrava nastro adesivo, ma non si riusciva a staccarlo del tutto". Riguardo alle iscrizioni, Bessie chiariva a Moore che sembravano dei "numeri messi in colonna" anche se un po' diversi dai nostri numeri. Questa particolare è evidenziato anche nella testimonianza di Walt Whitmore jr, figlio del direttore dell'emittente radio di Roswell KGFL. Per il resto, però, la sua descrizione dei rottami ricalca quella dei Marcel: fogli metallici molto sottili, ma estremamente solidi, e assicelle che sembravano essere di legno o di una sostanza simile al legno. Il pezzo più grande misurava circa da 10 a 12 centimetri quadrati, assomigliava molto a una lamina di piombo, ma non poteva essere piegata né troncata, ed era estremamente leggera. La Schreiber negava la possibilità che quei rottami potessero appartenere ai resti di un pallone sonda. "Avevamo visto abbastanza bene dei palloni-meteo - disse la Schreiber a Moore - sia per terra che in aria. Avevamo anche trovato uno o due palloni di fabbricazione giapponese caduti da quelle parti. Ne avevamo anche recuperati alcuni, in plastica molto sottile, che avevano delle scatole di strumenti. Non era niente di tutto questo". 

Intervista censurata  

Le dichiarazioni dei parenti e dei conoscenti di Mac Brazel sono importanti per capire i suoi movimenti in quell'inizio di luglio, ma altrettanto importante risulta essere, nei fatti di Roswell, il ruolo di George Wilcox e Walt Whitmore: il primo ero lo sceriffo in carica nella contea di Chaves che aveva avvertito per primo i militari dopo la segnalazione di Brazel, il secondo era il direttore della principale stazione radiofonica di Roswell, la KGFL, al quale Brazel aveva concesso un'intervista poco prima del suo arresto. 

Se lo sceriffo Wilcox, almeno inizialmente, si fosse occupato direttamente di fare indagini sul luogo segnalatogli da Brazel e avesse avvertito la stampa, probabilmente le cose avrebbero preso una piega diversa. Ma la decisione di avvertire subito i militari lo ha da subito escluso dall'inchiesta: i militari, una volta transennato il campo dei rottami, avevano impedito l'accesso a due suoi aiutanti. Questi, perlustrando i dintorni, avevano scoperto una zona in cui la terra era annerita, come se un grande oggetto circolare vi si fosse appoggiato. Il suolo s'era indurito come fosse stato cotto. Anche Wilcox era già deceduto all'epoca in cui le ricerche sono incominciate, ma ha parlare degli eventi del 1947 sono stati i suoi figli e i nipoti. Secondo una delle figlie, Phyllis McGuire, i militari erano arrivati in fretta nel suo ufficio, senza chiedergli precisazioni. Phyllis, che voleva sapere cosa fosse successo, non smetteva di far domande al padre. Sua madre, Inez Wilcox, dovette esortarla a smettere, perché i militari avevano chiesto a suo padre di tacere. Jay Tulk, marito di Elizabeth, un'altra figlia di Wilcox, ricorda di essere passato davanti all'ufficio poco dopo i militari, e di aver visto molti veicoli parcheggiati. Quegli avvenimenti avevano scosso Wilcox al punto che aveva perso ogni interesse per il suo lavoro di sceriffo, e aveva rinunciato a farsi rieleggere. Ciò è stato confermato da uno dei suoi aiutanti, Tommy Thompson, che ha parlato di un Wilcox depresso dopo quei fatti.

Walt Whitmore era stato informato della storia da un suo collega Frank Joyce. Joyce aveva l'abitudine di chiamare lo sceriffo Wilcox per tenersi aggiornato su quel che accadeva a Roswell, e telefonò il 6 luglio, verso mezzogiorno, proprio mentre Brazel si trovava nel suo ufficio. Wilcox gli passò Brazel che gli raccontò la sua storia. Joyce riferisce di aver ascoltato distrattamente, e di aver poi deciso di non diffondere lo scoop, ma aveva informato Walt Whitmore, direttore della radio KGFL. Il 7 luglio Whitmore si recò al ranch Foster, qui incontrò Brazel appena tornato dal campo dei rottami, dove aveva accompagnato gli ufficiali. Sembra ormai stabilito che Whitmore fosse tornato a Roswell l'8 luglio con Brazel per assicurarsi un'intervista esclusiva per la sua radio. Suo figlio, Walt Whitmore jr, ha riferito che il padre aveva "nascosto" Brazel in casa sua e l'aveva ospitato per la notte. Nel frattempo i militari avevano avuto l'ordine di cercare il "fattore che aveva trovato il disco volante". Tutto ciò è stato confermato anche da Judd Roberts, collaboratore radiofonico di Whitmore. Secondo Roberts, Whitmore aveva suggerito a Brazel di recarsi presso la sua abitazione, alla parte opposta della città e qui, al sicuro, Brazel gli avrebbe confidato l'intera storia. "All'epoca si disse che lo avevamo sequestrato - ha rivelato Roberts - ma penso che la definizione più simpatica sia che gli offrimmo un posto dove trascorrere la notte, lontano da un sacco di gente che avrebbe posto troppe domande". Ma le notizie correvano veloci e i militari lo avrebbero trovato presto: lo scovarono e lo arrestarono. Brazel dovette subire ore di intensi interrogatori e una visita medica quanto mai accurata. Roberts sostiene che il 9 luglio, alla stazione radio KGFL, Walt Whitmore ricevette una telefonata molto speciale da Washington. Gli fu intimato di non trasmettere l'intervista che aveva registrato, altrimenti gli sarebbe stata revocata la licenza. A quel punto i militari perquisirono le redazioni dei giornali e tutte le stazioni radio di Roswell. Sequestrarono le copie del comunicato stampa e qualunque altra cosa attinente. Poi, Mac Brazel, accompagnato da una scorta armata, si presentò alla radio KGFL con una storia nuova di zecca, e per nulla simile a quella riferita in precedenza a Whitmore.      

Un'altro episodio di censura sembra essere stato subito dall'altra radio di Roswell, la KSWS. La KSWS era associata alla radio KOAT di Albuquerque per poter diffondere messaggi via telescrivente, apparecchiatura che a Roswell non c'era. Lydia Sleepy, che nel 1947 era l'impiegata addetta alla telescrivente, ricevette una telefonata da Johnny McBoyle, giornalista della KSWS. Il giornalista le chiese di trasmettere con la telescrivente la notizia della caduta di un disco volante avvenuta nei pressi di Roswell. Quando la Sleppy stava per iniziare a battere la trasmissione del testo, che le stava dettando McBoyle al telefono, sentì il giornalista parlare con una terza persona e subito dopo le disse di non trasmettere più quella comunicazione. Lydia Sleepy chiese spiegazioni. Dall'altra parte del telefono McBoyle le rispose: "Dimentichi tutto. Non ne ha mai sentito parlare. Ascolti, lei non è tenuta a sapere. Non ne parli a nessuno". 

Altri testimoni militari

È evidente che, in una storia gestita dagli alti comandi militari, le testimonianze più interessanti siano proprio quelle dei militari. Per questo motivo, dopo le dichiarazioni di Marcel, l'obiettivo primario degli ufologi è stato quello di rintracciare tutti i dipendenti della base di Roswell rimasti coinvolti nella vicenda. Walter Haut, che su ordine del colonnello Blanchard aveva diramato la notizia ai giornali e alle radio di Roswell, non sapeva niente di più di quel che aveva riportato nel comunicato. Infatti, il giorno dopo era stata imposta agli uomini della base la consegna del silenzio. 

Altre persone sarebbero state testimoni delle operazioni militari: è il caso di Joe Briley, ufficiale responsabile delle operazioni della base a partire dalla metà di luglio del 1947. Briley ha confidato a Randle che il colonnello Blanchard s'era recato sul "luogo dell'impatto", e che il comunicato stampa ordinato da Blanchard era stato smentito dall'intervento di "gente di Washington" arrivata in gran velocità alla base. E forse non è un caso che Blanchard partì per vacanze il pomeriggio dell' 8 luglio. Di questa irruzione ha parlato anche il pilota Robert Shirkey, che sostiene di aver visto dall'ufficio operativo una decina di uomini della Polizia Militare che caricavano i rottami a bordo di un aereo: tutti quei poliziotti erano stati trasferiti in altre basi nel corso del mese successivo. Ciò è confermato anche dalla testimonianza di Thomas Gonzales, che nel 1947 era sergente nello "Squadron T" del reparto di bombardieri di Roswell: anche lui era stato trasferito alcuni giorni dopo aver fatto parte del cordone di sicurezza posto a guardia dell'UFO. Aveva visto sia l'UFO, descritto come simile ad un'ala volante, che il recupero di cadaveri di "piccoli uomini" a noi somiglianti. 

Il comandante Edwin Easley, ex capo della Polizia Militare e responsabile del cordone di sicurezza attorno all'apparecchio, ha detto e ripetuto che non poteva parlare. Ha anche confidato ai suoi familiari di aver prestato giuramento davanti al Presidente! Alla fine però ha ammesso di aver visto un velivolo di origine extraterrestre. Ha anche confermato il luogo dell'incidente. Kevin Randle, in Roswell UFO Crash Update, fornisce la testimonianza di Leo Spear, membro della 1395° Compagnia di Polizia Militare, che non aveva partecipato alle operazioni di recupero ma ricordava che altri soldati erano tornati dal luogo dell'incidente parlando di un disco volante. Di un certo interesse sono anche le affermazioni del generale Arthur Exon. Pilota scelto durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo il conflitto, allora tenente colonnello, era stato assegnato nel luglio 1947 alla base di Wright Field; più tardi divenne comandante della base. Si tratta quindi di una persona che ha occupato un posto importante nella gerarchia militare americana. Exon, pur sottolineando di non essere un testimone diretto, ha ammesso di essere stato informato, all'epoca, che alcuni suoi colleghi erano stati incaricati di fare dei test sullo strano materiale portato da Roswell. Seppe anche dell'arrivo dei cadaveri. Furono effettuate tutte le prove tecniche possibili, dall'analisi chimica ai test di resistenza, di compressione, di flessibilità, che avevano rivelato trattarsi di materiali molto strani: specie di lamine estremamente resistenti, flessibili ma indeformabili, anche impiegando pesanti martelli. Tutte le operazioni di recupero erano avvenute sotto il controllo diretto del Pentagono e della Casa Bianca. Exon sostiene di aver sorvolato il ranch Foster "molto più tardi" e di aver visto un solco nel terreno (visto anche da Bill Brazel e Whitmore jr). 

Cavitt, Rickett e le ricerche di LaPaz 

Un'altra persona alla quale i ricercatori si sono rivolti è il capitano Sheridan Cavitt che aveva accompagnato Marcel a ispezionare i rottami il 7 luglio. Cavitt era capo della sezione del controspionaggio della base (Counter Intelligence Corps, o CIC), un gruppo di quattro persone di cui il principale assistente era il sergente maggiore Lewis Rickett. Tutti erano sotto il comando di Jesse Marcel, maggiore e responsabile del servizio informazioni. Jesse Marcel ha raccontato che tornato da Fort Worth, dove erano stati presentati ai giornalisti i resti del pallone, aveva incontrato Cavitt e aveva chiesto di fargli rapporto sul caso. Cavitt si rifiutò. Marcel, contrariato, gli ricordò che era un suo superiore, ma Cavitt rispose che si atteneva agli ordini di Washington e che se voleva saperne di più doveva rivolgersi a quella sede. Purtroppo Cavitt è sempre stato reticente, anche molti anni dopo: intervistato tra il 1989 e nel 1990 ha sempre negato di essersi recato sul posto,  ma ha ammesso di esserci stato nel 1994, quando, una volta liberato dal giuramento e interrogato dall'Aeronautica che stava preparando il rapporto su Roswell, ha confermato la versione ufficiale dichiarando che si trattava dei resti di un pallone...  

Più disponibile è stato il sergente maggiore Lewis Rickett. Rickett ha rilasciato delle dichiarazioni a Mark Rodegheir, presidente e direttore scientifico del CUFOS, ammettendo che il capitano Cavitt l'aveva portato sul posto, dove aveva osservato la fine dello sgombero dei rottami. Sul luogo c'erano quattro o cinque veicoli militari e degli uomini della Polizia Militare che avevano verificato le loro credenziali. Diversamente dai vice dello sceriffo di Roswell, che s'erano visti negare l'accesso, Rickett e Cavitt ebbero l'autorizzazione a passare. Un gruppo di poliziotti stava nel punto dove si pensava fosse avvenuto l'impatto mentre un'altra trentina circondava il perimetro, impedendo l'accesso. C'erano ancora molti rottami sparsi al suolo. Rickett notò una parte metallica un poco incurvata, molto leggera, che misurava circa 15 centimetri di larghezza e dai trenta ai trentacinque centimetri di lunghezza che tentò inutilmente di curvare. Era un materiale sottile ma estremamente resistente. Rickett chiese cosa fosse agli addetti ma nessuno gli rispose. Poi Cavitt gli si avvicinò e disse: "Lei e io non siamo mai venuti qui. E qui non ci sono militari". L'interessante testimonianza di Rickett sembra però contenere alcune confusioni. Non è ben chiaro qual è il luogo a cui si riferisce. Si ritiene che l'episodio che ha raccontato si svolgesse dove si trovavano i resti, definito "luogo dell'incidente", ed infatti così appare nel primo libro di Randle e Schmitt. Ma nel loro secondo libro, The Truth about the UFO Crash at Roswell, scrivono di un secondo luogo, battezzato "punto d'impatto", dove tra l'altro, sarebbero stati trovati un velivolo e alcuni cadaveri molti giorni prima della scoperta dei rottami. Tutto ciò alimenta dei dubbi sulla testimonianza di Rickett, almeno così come viene riportata dagli ufologi Randle e Schmitt.  

Uno dei compiti del sergente Lewis Rickett era quello di assistere il professor Lincoln LaPaz per una missione di ricerca sul terreno riguardo al caso Roswell. La Paz, dell'Università del New Mexico, era un'autorità mondiale in meteoriti e nel loro recupero e già aveva lavorato a una dozzina di progetti top secret, incluso il "Manhattan Project". Ci si può chiedere come mai il Governo degli Stati Uniti scomodasse un personaggio come LaPaz per cercare qualcosa che, probabilmente, sapeva non avrebbe mai trovato. Ma, almeno apparentemente, il Governo non aveva escluso l'ipotesi del meteorite. Così due mesi dopo "l'incidente", guidato da Rickett, La Paz si recò sul luogo: il suo compito era quello di trovare eventuali punti d'impatto sul suolo, percorrendo la zona e interrogando gli abitanti. I due raccolsero alcune testimonianze, secondo le quali erano state viste due o tre sfere luminose spostarsi insieme. Alcuni, vicino a Corona, dissero di aver visto degli oggetti luminosi disgregarsi. Sul luogo dell'esplosione LaPaz scoprì alcuni punti del terreno rimasti "cristallizzati" e dei pezzi metallici. La conclusioni a cui arrivò LaPaz alla fine della sua inchiesta fu che non era caduto un meteorite, bensì un velivolo. In base al calore e alla velocità, LaPaz era convinto che non si trattava di un oggetto che proveniva dalla Terra, doveva essere invece una sonda con un equipaggio. Secondo Rickett, LaPaz pensava che l'apparecchio in difficoltà fosse atterrato per un'eventuale riparazione, e che, dopo aver decollato nuovamente, fosse esploso sopra il campo di Brazel: forse ne era uscita anche una sorta di scialuppa di salvataggio. Rickett disse di aver rivisto LaPaz l'anno dopo, ad Albuquerque. Lo scienziato aveva cambiato parere e pensava che si trattasse di una sonda senza pilota, teleguidata. 

Anche sugli studi di LaPaz  nel Nuovo Messico ci sono alcuni punti oscuri. L'opinione dell'inquirente del MUFON Robert Todd è che le ricerche di LaPaz non si riferivano all'evento del 1947. Todd riferisce di essere stato colpito dalla similitudine del procedimento di LaPaz con un'altra ricerca simile che lui stesso aveva svolto nel 1949 sulle misteriose "sfere di fuoco verde", che spesso venivano avvistate nel cielo dell'America occidentale, e che inquietavano i militari. Todd è riuscito a trovare, negli archivi del Blue Book (la commissione d'inchiesta dell'aeronautica sugli UFO), un "rapporto investigativo", datato febbraio 1949, su un'apparizione di questo tipo vicino alla base di Roswell nel quale veniva precisato che LaPaz era stato assistito da due agenti speciali, Jack William e lo stesso Lewis Rickett. Può essere che Rickett abbia confuso i due diversi casi? La cosa si è ulteriormente complicata quando Fred Whiting, del FUFOR, ha trovato un altro testimone, Earl Zimmerman, anche lui agente del servizio di controspionaggio dell'Aeronautica (che oggi si chiama AFOSI, Air Force Office of Special Investigations), che aveva lavorato con LaPaz nel 1949. Zimmerman era di stanza alla base di Roswell nel 1947, quando l'aveva detto a LaPaz, questi gli aveva raccontato che si era interessato all'inchiesta sulla cosa trovata a Roswell quell'estate, precisando anche che aveva trovato un posto dove la terra era diventata di un colore blu chiaro: si domandava se quell'effetto fosse stato causato da un fulmine. Ecco come Robert Todd interpreta questi elementi: "A prima vista, le dichiarazioni di Zimmerman sembrano confermare la partecipazione di LaPaz ai fatti di Roswell. Ciononostante, come nel caso di Rickett, suggeriscono che le sue relazioni con LaPaz riguardavano l'inchiesta sulle sfere di fuoco verde". Infatti, sempre negli archivi del Blue Book, Todd ha scoperto che Zimmerman è stato osservatore per conto di LaPaz nel 1949. Forse anche lui ha confuso le date? Interrogato da Todd, Zimmerman gli ha risposto che non sapeva esattamente quando LaPaz era "andato a caccia di sfere verdi". Pertanto il dubbio rimane, ma la precisa indicazione delle "sfere verdi" porta al sospetto che le ricerche di LaPaz si riferissero agli eventi del 1949 e non ha quelli del 1947. 

Cos'è successo nell'ufficio del generale Ramey? 

Un momento fondamentale del caso Roswell è la conferenza stampa dell' 8 luglio. Tutti gli esperti che hanno esaminato le foto pubblicate dai giornali hanno subito identificato quei rottami come facenti parte del bersaglio radar di un pallone. L'Aeronautica sostiene nel suo rapporto del 1994 che si trattava molto probabilmente di rottami provenienti da un gruppo di aerostati del "Progetto Mogul", ma una confusione resta possibile perché questi palloni con bersagli radar non sono diversi dai normali palloni. "Se il generale Ramey ha parlato di un pallone meteorologico - riportava  il rapporto dell'Aeronautica -  forse lo ha fatto perché nemmeno lui era al corrente del "Progetto Mogul", oppure perché voleva mantenere la segretezza su questo progetto top secret". Ma il vero problema è che i rottami presentati a Fort Worth non assomigliano per niente agli strani materiali descritti da Jesse Marcel e dagli altri testimoni, a parte Bessie Schreiber. Secondo Randle e Schmitt i veri rottami erano stati sostituiti da un aerostato. Non tutti però concordano su questo punto: c'è chi sostiene che alla conferenza stampa furono presentati i veri rottami. Quest'ultima idea, sostenuta soprattutto dagli scettici radicali dell'ipotesi dell'astronave aliena, va esaminata a fondo perché si basa sulle dichiarazioni di un altro testimone chiave della vicenda di Roswell, il generale Thomas Jefferson DuBose. Ciò che ha raccontato DuBuse fa nascere un dubbio sulla reale conoscenza che alcuni protagonisti del caso Roswell avevano di ciò che stava accadendo. Le interviste sono state rilasciate a vari giornalisti e ricercatori, nel 1990 e 1991, quando era in pensione in Florida (DuBuse a quell'epoca aveva 87 anni). DuBose, nel 1947, aveva il grado di colonnello ed era capo di Stato Maggiore del generale Roger Ramey. Il generale McMullen aveva telefonato personalmente, verso le due o le tre del pomeriggio del 6 luglio, per dirgli che i rottami di un velivolo sconosciuto erano stati scoperti dagli aviatori di Roswell; DuBose era stato incaricato di chiedere al colonnello Blanchard di spedirne immediatamente in aereo una parte a Fort Worth, poi a Washington. DuBuse ha effettivamente ricevuto i rottami, raccolti in un sacco in plastica sigillato, che poteva pesare tra gli otto e i dieci chili. Il sacco fu preso dal comandante della base di Fort Worth in persona, il colonnello Clark, che lo aveva subito portato, sempre sigillato, in aereo perché venisse esaminato a Washington. Il generale McMullen ordinò a DuBose di dimenticare tutto di quella storia e di non parlarne mai a nessuno, nemmeno ai suoi familiari. 

Se le rivelazioni di DuBuse corrispondono alla verità significa che già il 6 luglio c'era stata una prima spedizione aerea dei rottami. Sull'aereo fu caricato un primo campione dei rottami racchiusi in un sacco di plastica sigillato, che è solo passato da Fort Worth senza nemmeno essere aperto. Riguardo agli avvenimenti di martedì 8, DuBose afferma chiaramente che la storia della sonda-meteo è stata architettata per sbarazzarsi dei giornalisti e che era stato il generale Clements McMullen ha ordinare a Ramey di truccare tutta la storia. DuBose ha anche chiarito un punto controverso. I periodici, dopo il comunicato stampa di Roswell, avevano annunciato che i rottami dovevano essere inviati alla base di Wright Field, nell'Ohio, per essere esaminati, ma che Ramey, dopo aver constatato che si trattava di una sonda-meteo, aveva annullato il volo. Randle e Schmitt non sono d'accordo su questo punto, a loro parere, seppure Ramey davanti ai giornalisti abbia dato ordine di annullare il volo speciale verso Wright Field, così non è stato. Un'altra scoperta sembra confermare il fatto che i rottami siano passati per Wright Field: si tratta di un dispaccio dell'ufficio dell'FBI di Dallas, datato 8 luglio, ore 18 e 17, trovato dal ricercatore Brad Spark in un gruppo di documenti, che ha potuto esaminare grazie alla legge sulla libertà d'informazione (FOIA). Questo dispaccio precisava: "Disco e pallone trasportati a Wright con un volo speciale per essere esaminati".        

Controversie sui rottami

DuBuse ha detto a Randle e Schmitt di non aver mai visto il vero materiale, d'altronde i veri rottami non erano stati esibiti nell'ufficio di Ramey, contrariamente a quanto potrebbe lasciar intendere l'intervista di William Moore a Marcel. Su questo punto Randle e Schmitt raccontano di aver chiesto informazioni a Stanton Friedman, che nel 1978 aveva intervistato più volte il maggiore Marcel. Friedman ha risposto che Marcel non aveva mai parlato di quelle fotografie. Non ne aveva parlato nemmeno a Leonard Stringfield, che l'aveva intervistato nell'aprile 1978. Stringfield, d'altra parte, ha commentato: "Se fossero esistite fotografie dei veri rottami, sono sicuro che l'avrebbe segnalato. Invece, non l'ha mai fatto". Randle e Schmitt citano ancora un altro giornalista, Johnny Mann, che ha intervistato Marcel e ha girato con lui una serie di cinque trasmissioni televisive. A Mann Jesse Marcel disse chiaramente che le foto scattate e pubblicate dalla stampa nel 1947 erano una messinscena e che i rottami che si vedono non erano quelli che lui aveva portato a Fort Worth.  

DuBuse a Shandera ha dichiarato di non sapere se Marcel fosse arrivato a Fort Worth con lo stesso aereo sul quale erano stati caricati rottami o con un altro aereo. Al termine di questo racconto la scena diviene singolarmente complessa: si contano ormai diversi aerei, a meno che non ci siano stati due carichi distinti a bordo dello stesso apparecchio, dapprima con Marcel che portava i veri resti, senza sapere che DuBose stava per ricevere un secondo carico, quello coi resti del pallone meteorologico. DuBose stesso non era al corrente della prima consegna, e credeva di aver ricevuto i veri rottami, anche se sapeva che era stata organizzata una messinscena ad uso della stampa. Dunque, sembra che DuBose e Marcel sapessero solo una parte di quel che Ramey e Blanchard stavano architettando a Fort Worth, dietro ordine diretto di Washington. DuBose sapeva che quelli mostrati alla stampa non erano i veri rottami ma, come ha ribadito ad una precisa domanda rivoltagli da Randle e Schmitt, non ha mai visto quelli veri. Essendo stato lo stesso DuBose a ricevere il sacco e a portarlo nell'ufficio di Ramey ciò significa che la messinscena di Fort Worth non era stata architettata solo dal generale Ramey. Evidentemente c'era stato anche il contributo diretto del colonnello Blanchard, che gli aveva fatto recapitare dei rottami di un aerostato (forse provenienti proprio dalla base di Roswell). DuBose ha spiegato anche che la spedizione di martedì 8 luglio era stata ordinata direttamente da Washington, dal generale McMullen, al colonnello Blanchard. In altre parole, a un'ora imprecisata di martedì 8 luglio, forse nel primo pomeriggio, la finzione dell'aerostato era stata organizzata da Washington, ed era l'immediata risposta al comunicato stampa di Roswell diffuso in mattinata che annunciava il ritrovamento di un disco volante. La spedizione sarebbe stata organizzata rapidamente, visto che la distanza tra Roswell e Fort Worth è di circa 670 km in linea d'aria. La velocità di crociera di un bombardiere B-29 è di circa 460 km orari, e ci vogliono quindi un'ora e mezzo/due ore per compiere il tragitto, aggiungendo anche un'ora per il fuso orario. E, quindi, c'era tutto il tempo per organizzare la presentazione alla stampa nell'ufficio di Ramey, che ebbe luogo la sera, verso le 19. 

Moore e Shandera arrivano a sostenere che in realtà quelli presentati alla stampa erano i veri rottami, che casualmente somigliavano ai rottami di un pallone sonda. Questa "somiglianza" avrebbe favorito le spiegazioni del generale Ramey. Ma questa tesi è troppo debole. I rottami che si vedono nelle foto scattate a Fort Worth e riportate sulla stampa appartenevano effettivamente ad un pallone sonda e DuBuse conferma l'umiliazione che Jesse Marcel aveva dovuto subire in silenzio. Semplicemente non è possibile che il maggiore Marcel e il colonnello Blanchard abbiano potuto scambiare questi miserabili resti con qualcosa di completamente diverso. S'impone la conclusione che i veri rottami portati da Marcel vennero nascosti: non erano stati nemmeno "sostituiti", perché non furono mai portati nell'ufficio di Ramey. Ed è per questo motivo che DuBose, non avendo mai visto i veri rottami portati da Marcel, ha risposto a Moore e Shandera che non c'era stata una sostituzione.

Nelle interviste rilasciate, Marcel ha detto che il colonnello Blanchard lo aveva inviato a Fort Worth per vedere il generale Ramey, comandante dell'Ottava Armata dell'Aeronautica. Sul B-29 era stato caricato tutto il materiale. Il suo compito era di proseguire fino a Wright Field. Ma quando arrivò a Fort Worth il generale Ramey gli disse di lasciare tutto il carico lì perché del successivo viaggio se ne sarebbe occupato lui. La controversia su quello che è successo durante la conferenza stampa è stata causata da alcune imprecisioni riportate sul libro di William Moore, The Roswell Incident. Nell'intervista rilasciata da Marcel a Moore, l'ex maggiore affermava che la stampa aveva potuto vedere brevemente i veri rottami, dopodiché erano stati sostituiti con quelli di una sonda. "Subito dopo il nostro arrivo a Carswell (il nome attuale della base aerea di Fort Worth è Carswell - n.d.w.), ci è stato chiesto di portare una parte del materiale nell'ufficio del generale, che desiderava vederlo", ha detto Marcel . "Ne abbiamo steso una parte per terra, su della carta scura. Era solo una piccola parte dei rottami, ce n'erano molti di più. Fuori si trovava un B-29 pieno a metà. Il generale Ramey ha autorizzato alcuni giornalisti a fotografare il materiale. Mi hanno scattato una fotografia mentre tenevo uno dei pezzi meno interessanti dei rottami metallici. La stampa è stata autorizzata a fare le fotografie, ma non ad avvicinarsi per toccare i resti. La fotografia mostra alcuni pezzi dei veri rottami che abbiamo trovato. Non era stata truccata. In seguito, i rottami sono stati sostituiti con qualcos'altro, e sono state autorizzate altre foto. Sono state scattate quando i rottami erano già per strada verso Wright Field. Io non ci sono, in quelle foto". Marcel precisa ancora che "è il generale Ramey che ha architettato la storia del pallone, giusto per sbarazzarci dei giornalisti, ai quali è stato raccontato che si trattava solo di una sonda-meteo e che il volo per Wright Field era annullato... Non sono stato autorizzato a parlare coi giornalisti, salvo che per ripetere quello che il generale mi aveva chiesto di dire. Tutti volevano chiedermi qualcosa, ma io non potevo dire niente". Marcel sottolinea che i giornalisti non hanno visto interamente i resti dove figuravano dei simboli, o dei "geroglifici". Questo racconto, abbastanza ambiguo, lascia supporre che una parte dei rottami era stata realmente mostrata ai giornalisti. Ma tutto si chiarisce in un ulteriore colloquio di Jesse Marcel con il suo ex collega di Roswell, Walter Haut. In questo colloquio che Haut ha riferito a Randle e Schmitt nel 1989, e che questi hanno citato nel loro libro, Marcel dichiara di aver veramente portato i rottami autentici nell'ufficio del generale Ramey. Questi li aveva esaminati, e gli aveva chiesto di indicargli esattamente in quale punto l'oggetto era precipitato. Marcel e Ramey avevano lasciato l'ufficio per recarsi nella sala cartografica. Quando ritornarono nell'ufficio di Ramey, Marcel notò che i rottami erano stati portati via e sostituiti con quelli di una sonda-meteo. Subito dopo furono fatti entrare i giornalisti.  

Alla fine quindi le dichiarazioni del maggiore Marcel coincidono con quelle di DuBuse. Tutti e due concordano sul fatto della "sostituzione", ma DuBuse non avendo visto i veri rottami non poteva sapere quando erano stati sostituiti. Come smontare la testimonianza di DuBuse? Ci si può legare al fatto che con il passare degli anni la memoria può fare brutti scherzi e che magari Il generale Ramey e il colonnello DuBuse (non completamente inquadrato) mostrano il pallone sonda ai giornalisti DuBuse sia stato condizionato dalle rivelazioni degli altri testimoni che avevano parlato dei fatti di Roswell. Va però detto per maggior precisione che DuBuse, oltre a non aver mai visto i veri rottami, non parla mai di astronavi aliene. McMullen non gli aveva rivelato che cosa fosse quel materiale ritrovato, gli aveva semplicemente detto, con tono severo, di dimenticare tutto. Ma dimenticare cosa? Forse quelle strane voci che circolavano su un disco volante caduto? Dalle raccomandazioni del generale McMullen si può ben capire quanto fosse scottante la vicenda. E ciò mal si concilia con la teoria che il fine dell'operazione era tutelare il "Progetto Mogul". Come ha riconosciuto lo stesso Charles Moore, responsabile scientifico del progetto, a nessuno in quel periodo poteva importare dei palloni "Mogul", lanciati discretamente a White Sands, né, tantomeno, di andare a cercarli sul terreno in quel territorio del Nuovo Messico, dalle vaste distese quasi del tutto inaridite e poco abitate. Tra l'altro Charles Moore ha confessato che nemmeno lui conosceva, all'epoca, il nome in codice del progetto. Per lui, si trattava di lanciare un sistema di palloni sperimentali in grado di mantenersi ad alta quota, ideato dall'Università di New York su commessa militare. In compenso, fin dalle prime ricerche, gli ufologi hanno riunito gli indizi di una scoperta ben più importante che quella dei rottami: in un altro punto era stato ritrovato un velivolo con cadaveri non umani. Ecco cosa poteva spiegare il nervosismo delle autorità militari.  

Altre testimonianze sul volo dell'8 luglio 

Oltre a Marcel altri componenti dell'equipaggio del B-29 partito da Roswell per Fort Worth hanno rilasciato delle dichiarazioni. Ad esempio, Robert Porter ha redatto una deposizione firmata (affidavit del 7 giugno 1991) al FUFOR. Eccone i passi più importanti: "Ho fatto parte dell'equipaggio che ha trasportato in aereo a Fort Worth i resti: ci avevano detto che provenivano da un disco volante. A bordo si trovavano il tenente colonnello Payne Jennings, comandante in seconda della base, il tenente colonnello Barrowclough, il comandante Wunderlich e il maggiore Jesse Marcel. Il capitano William Anderson ci ha informati che il carico proveniva da un disco volante. Dopo il nostro arrivo, il materiale è stato spostato su un B-25. Mi è stato detto che veniva inviato a Wright Field, vicino a Dayton, nell'Ohio. Ho aiutato a caricare il materiale a bordo del B­29, in pacchetti avvolti con carta da imballaggio. Uno dei pezzi era di forma triangolare, larga circa due piedi e mezzo alla base (circa 75 cm n.d.w.). Il resto si trovava in pacchetti che avevano più o meno la misura di una scatola da scarpe. La carta scura era fissata con nastro adesivo. Il materiale era estremamente leggero. Quando l'ho tenuto in mano, ho avuto l'impressione di portare un pacchetto vuoto. Abbiamo caricato sull'aereo il pacchetto a forma di triangolo e quelli tipo scatola da scarpe. Tutti i pacchi avrebbero potuto stare nel portabagagli di una macchina. Dopo essere atterrati a Fort Worth, il colonnello Jennings ci ha chiesto di occuparci della manutenzione dell'aereo, aggiungendo che, una volta che fossero state messe le guardie, avremmo potuto andare a mangiare. Quando siamo tornati, dopo aver mangiato, ci hanno comunicato che il materiale era stato trasferito a bordo di un B-25, e che si trattava di un pallone meteorologico, ma non sono certo di questo...". 

Johnson e Newton

Sempre in merito ai fatti del 8 luglio sono da tenere conto altre due  testimonianze, quella quella del fotoreporter Bond Johnson e quella del maresciallo del servizio meteorologico Irving Newton.

Bond J. Johnson, del Fort Worth Star Telegram, ha raccontato che era stato ricevuto direttamente nell'ufficio del generale Ramey dove vide i rottami sparsi al suolo. Li ha descritti come un foglio di alluminio, dei pezzi di legno di balsa, e dei pezzi di plastica bruciata che emanavano un cattivo odore. Il fotografo avrebbe scattato quattro fotografie dei rottami, con Ramey da solo, poi con Ramey e il colonnello DuBose, mentre li guardavano. Aveva parlato poco con Ramey, che gli aveva detto trattarsi di una sonda-meteo. Johnson, quindi, era tornato al giornale per scrivere il suo articolo, pubblicato l'indomani con le fotografie: ancora una volta, i rottami che vi figuravano erano sicuramente quelli di un pallone e di un bersaglio radar, molto malridotti. Non era stato Johnson a fotografare Marcel. Si pensa che, verosimilmente, sia stato il comandante Cashon, ufficiale addetto alle pubbliche relazioni della base. Gli altri giornalisti erano arrivati più tardi, per la conferenza stampa cui era presente Marcel.

Irving Newton, maresciallo del servizio meteorologico, si trovava nel suo ufficio del servizio meteorologico quando fu convocato dal generale Ramey in persona a Fort Worth. Al suo arrivo, un colonnello lo informò che alcuni ufficiali di Roswell credevano di avere scoperto un disco volante, ma il generale pensava che si trattasse di una sonda-meteo. Il compito di Newton era, quindi, quello di esaminare l'oggetto trovato. Quando entrò nell'ufficio riconobbe subito un bersaglio radar di tipo "Rawin" (Rawin target), e identificò l'odore tipico di un involucro di neoprene deteriorato, come ha precisato in seguito a Charles Moore (il fisico che sovrintendeva al lancio delle sonde "Mogul" a White Sands). Questo dettaglio è interessante perché gli involucri di neoprene possono deteriorarsi e decomporsi facilmente, in special modo con l'esposizione al sole, e sprigionare un odore simile alla plastica bruciata. Secondo Charles Moore questo depone a favore dell'autenticità della testimonianza di Newton: i rottami visionati erano sicuramente quelli di un pallone con bersaglio radar.  Convocato dall'Aeronautica nel 1994, Newton affermò che mentre esaminava i rottami il maggiore Marcel aveva raccolto dei pezzi di assicelle della sonda cercando di convincerlo che certe iscrizioni erano di natura extraterrestre. Sulle assicelle figuravano delle scritte, prive di un qualsiasi senso logico, di color lavanda o rosa, che sembravano esser state cancellate dall'atmosfera. Agli ufologi Newton aveva detto che Marcel cercava semplicemente di "salvare la faccia" per non avere l'aria di un ignorante, incapace di distinguere un aerostato da qualcosa di completamente diverso.

Resta da scegliere se credere alle tante dichiarazioni di Jesse Marcel, che trent'anni dopo continuava a sostenere di aver recuperato resti straordinari  o piuttosto al racconto di Newton, che si ritrovava nella delicata posizione di essere uno dei testimoni interrogati dall'Aeronautica per redigere un rapporto che doveva fare da controcanto all'inchiesta promossa dal congresso americano. 

Kellahin e Adair

Altri testimoni avrebbero visti i rottami direttamente nella casa di Brazel, mostrati dai militari. Nel secondo libro di Randle e Schmitt viene riportata la testimonianza di Jason Kellahin, nel 1947 giornalista  alla sede di Albuquerque dell'Associated Press. Su istruzioni della sede principale di New York, l'8 luglio s'era recato al Roswell Daily Record, a Roswell, per assistere all'intervista a Brazel. Era accompagnato dal suo assistente Robin Adair. Kellahin sostiene di essere partito presto, la mattina di martedì 8, in macchina, in direzione di Roswell, e di aver viaggiato con Adair fino alla cittadina di Vaughn, a metà strada tra Albuquerque e Roswell. Gli sembrava di ricordare che proprio lì, a sud della città, erano stati trovati i rottami. C'era un assembramento di veicoli e di ufficiali della base aerea. Su un terreno che costeggiava la strada, videro cinque o sei ufficiali. Kellahin aveva lasciato la macchina e si era recato sul campo, mentre Adair scattava delle foto ai rottami, e anche a Brazel, che era presente. "Si trattava di tessuto argentato e legno molto leggero, come quello che si usa per costruire gli aquiloni" ha detto Kellahin a Randle e Schmitt. "Non li ho toccati, perché i militari me l'hanno impedito. Ma era un pallone-sonda. Rassomigliava più a un aquilone che a qualcos'altro". I rottami ricoprivano una superficie piccola, non più di un quarto di ettaro. Kellahin tentò di parlare con i militari ma non ottenne nessuna informazione. La scena fu breve, perché gli ufficiali tornarono a Roswell con Brazel. Kellahin e Adair ripartirono, e arrivarono a Roswell verso sera.

La versione di Kellahin contrasta con quella del suo assistente Robin Adair. Adair ricorda che si trovava a El Paso, in Texas, quando ricevette una chiamata da New York: doveva recarsi urgentemente a Roswell con il suo apparecchio di trasmissione fotografica. Senza Kellahin noleggiò un piccolo aereo e, prima di arrivare all'aeroporto municipale di Roswell, sorvolò diverse volte il ranch di Brazel. I militari che si trovavano sul campo gli fecero segno affinché se ne andasse da quella zona, per questo motivo Adair non si avvicinò troppo ma vide bene la distesa dei rottami. Il terreno in alcuni punti sembrava bruciato e c'erano dei solchi e altre tracce che facevano presupporre che qualcosa di pesante fosse caduto in quel punto. Adair atterrò a Roswell e raggiunse Kellahin alcuni minuti dopo. Si recarono insieme al Daily Record, dove Adair approntò la sua apparecchiatura di trasmissione, un'operazione ancora abbastanza laboriosa all'epoca. 

Su queste due testimonianze ci sono molti elementi di dubbio. Come poteva l'Associated Press di New York la mattina dell'8 luglio essere già al corrente della faccenda di Roswell quando il comunicato stampa dalla base aerea fu diffuso solo verso mezzogiorno? Sembra inverosimile che abbiano potuto vedere i rottami nel ranch quando il pomeriggio dello stesso giorno erano in cammino verso Fort Worth. C'è poi da spiegare perché le foto scattate non siano mai state pubblicate. Inoltre il luogo indicato come punto d'impatto è sbagliato: in realtà contrariamente a quello che dice Kellahin, il ranch Foster è molto più lontano da Vaughn. Ci vuole un'ora e mezzo, partendo da Vaughn, per raggiungere la distesa dei rottami, su strade che ancora oggi sono molto accidentate. Tutto queste incongruenze rendono decisamente poco credibili le affermazioni di questi due testimoni ma non bisogna stupirsi di questo. Del resto nel caso Roswell, accanto alle dichiarazioni di testimoni che risultano essere affidabili (se non altro per la coerenza delle loro affermazioni), c'è anche una vera e propria giungla inestricabile di affermazioni esagerate, di testimonianze ambigue e incoerenti, delle quali, però, non sempre è facile stabilire se siano il frutto di "ricordi appannati", di mirati processi di disinformazione o di semplici burle.  

ntimidazioni, minacce, premi in denaro, testimonianze controverse

di Antonio Manera

Sono tanti gli aspetti oscuri nella storia di Roswell: si arriva alla conclusione che quella faccenda doveva essere nascosta anche usando mezzi estremi. "Una delle ragioni di cui siamo sicuri è che violazioni molto gravi sono state perpetrate ai danni dei cittadini degli Stati Uniti al tempo dell'incidente", sostiene Don Schmitt del CUFOS. "Quando i militari optarono per la minaccia fisica andarono a casa dei testimoni, divisero i bambini dai genitori. Ai bambini dissero: 'dovete dire quello che dicono i vostri genitori, altrimenti non li vedrete mai più'. E ai genitori: 'se parlate uccideremo i vostri figli'. Abbiamo ripetutamente chiesto ad alcuni dei militari se all'epoca fossero al corrente di queste minacce, se fossero coinvolti. Hanno tutti negato qualunque loro coinvolgimento, non ne sapevano nulla". In alcuni casi si sarebbe andati ben più in là di semplici minacce. Il sospetto riguarda la fine di alcuni testimoni chiave, come le circostanze in cui perse la vita uno dei soldati che si ritiene lavorò in uno dei luoghi dell'UFO-crash, l'incidente aereo del colonnello P. Jennings, vice comandante del 509°, ma soprattutto la misteriosa scomparsa di un'infermiera che avrebbe assistito, nell'ospedale militare di Roswell, alla prima analisi sui cadaveri alieni.

L'infermiera sparita

Quest'ultima storia è stata resa nota da uno che conosceva bene l'infermiera. Glenn Dennis nel 1947 aveva ventidue anni, ed  era impiegato presso l'impresa di pompe funebri "Ballard" di Roswell, in seguito lasciò quel lavoro. Nel 1989, quando fu intervistato per la prima volta da Stanton Friedman, Dennis, era direttore di un albergo di Lincoln, nel Nuovo Messico. Nel 1947 l'impresa "Ballard" aveva un contratto con la base per seguire ogni tipo di decesso, incidenti aerei compresi. La notte dell'8 luglio Dennis ricevette una telefonata dalla base di Roswell: qualcuno che si qualificò come l'addetto militare alle onoranze funebri gli chiese se avesse delle casse ermetiche lunghe da tre a quattro piedi (da un metro a un metro e 25 cm circa). Dennis gli rispose che ne disponeva solo di un esemplare, precisando che potevano essere ordinate altre l'indomani presso il deposito di Amarillo, in Texas. Dennis incuriosito chiese se fosse avvenuto qualche incidente aereo ma dall'altra parte del telefono risposero seccamente che volevano solo delle informazioni. Un'ora dopo ci fu un'altra telefonata. “Come trattereste dei cadaveri rimasti esposti all'esterno, in pieno deserto, per 3 o 4 giorni ?”, chiese il militare a titolo ipotetico di archiviazione dei dati. E poi altre domande su prodotti chimici, tessuti organici e tecniche di conservazione del sangue. 

Ma la cosa non finì così. “Accompagnai un militare, ferito alla mano in un incidente e medicato nell'ospedale di Roswell, con la nostra ambulanza alla base - dice Dennis - entrai senza problemi (ero conosciuto) e parcheggiai accanto a due ambulanze da campo, scoperte, ma sorvegliate da un uomo della polizia militare. All'interno c'erano rottami e frammenti metallici simili all'alluminio, sulla cui superficie c'era una specie di scritta che ricordava i geroglifici. Andai ad un distributore di bibite, e qui incrociai un ufficiale al quale, ingenuamente, chiesi se avevano avuto un incidente aereo, e offrii tutta la mia collaborazione. Non l'avessi mai fatto! 'Chi diavolo è lei?' Mi investì l'uomo. Al che mi presentai. Diede l'ordine a due MP (polizia militare) di scortarmi, nonostante le mie proteste, all'ambulanza, e di riportarmi in ufficio. Camminando ci imbattemmo in un'infermiera che ben conoscevo per averla frequentata tempo addietro. Era uscita da una stanza con un panno sulla bocca, e per un momento pensai che piangesse. Ma non era così. Mi riconobbe e mi disse: 'Glenn, cosa stai facendo qui? Vuoi farti fucilare?'. Io risposi che me ne stavo andando, indicando la mia scorta. E notai, proseguendo, altre due persone che come lei uscivano dalla stessa porta con un panno sulla bocca". Di lì a poco Dennis avrebbe avuto grossi problemi. Fu portato quasi di peso verso una stanza in cui c'erano due uomini mai visti prima. Un sergente dell'esercito e un capitano con i capelli rossi. Fu un incontro molto violento in cui, secondo Dennis, i due lo minacciarono di ucciderlo. Il capitano, quello con i capelli rossi, gli disse: "Non c'è stato nessun disastro, tu non hai visto niente, adesso tu non vai più in città e non racconterai a nessuno di aver visto qualcosa o comunque nulla - e aggiunse - se invece lo fai vai incontro a guai veramente seri". 

Il giorno dopo Dennis incontrò l'infermiera per pranzo al club degli ufficiali. Glenn fu colpito soprattutto dal suo stato emotivo. Era molto spaventata. La ragazza gli disse di aver preso parte ad un'autopsia sui corpi di tre esseri umanoidi recuperati nel Disegni di Dennis deserto. Due erano ridotti male, sia per il fatto di essere precipitati, sia a causa di animali predatori. Uno era ancora in buone condizioni. Non erano uomini, ma esseri alieni. Quello che aveva visto da vicino aveva quattro dita nella mano, un capo macrocefalo, grandi occhi. Fece anche un disegno, estremamente emozionata. Subito dopo lo bruciò con un fiammifero. Aveva una paura tremenda. La ragazza disse che erano più piccoli di un umano adulto, con le braccia diverse dalle nostre: la parte fra la spalla e l'avambraccio era più corta del normale. Le mani non mostravano il pollice, e delle quattro dita le due centrali erano più lunghe. Gli occhi, grandi, erano concavi come le orecchie e le narici, appena accennate. Il fetore emanato dai cadaveri era insostenibile, al punto che dovettero spegnere il condizionatore per evitare che si spargesse in tutto l'edificio. Dovettero finire il lavoro dopo aver trasferito tutto in un hangar della base. L'infermiera aggiunse che i medici si erano sentiti male durante l'autopsia, e che i due uomini che Glenn aveva incrociato quella sera erano due patologi giunti dal Walter Reed Hospital di Washington. 

Dennis non poteva immaginare che quello sarebbe stato il loro ultimo incontro, infatti la donna dopo il pranzo lasciò il club degli ufficiali e scomparve. "La chiamai il giorno dopo - dice Dennis -  volevo sapere come stava, come si sentiva e, ovviamente, a quel punto ero molto incuriosito da quello che stava succedendo e mi chiedevo se l'avrebbe sollevata un po' parlarne ancora, però avevo la netta sensazione che le poteva accadere qualcosa. Disegni di Dennis Chiesi di lei e mi dissero che non era a lavoro e che non era disponibile. Chiamai nuovamente la mattina dopo, due, tre volte e ancora non era disponibile. Alla fine il terzo giorno mi dissero che era stata trasferita, non sapevano dove ma non si trovava più presso la base aerea". All'incirca dopo una decina di giorni, Dennis ricevette una sua lettera indirizzata all'Agenzia Funebre. Nella busta c'era solo un foglio che diceva "non posso scrivere, non ho tempo di scriverti adesso, ma ti lascio un numero di casella postale militare dove puoi mandarmi la posta". È prassi per i militari usare questo tipo di casella postale per non rivelare le destinazioni di uomini e donne in servizio, ma attraverso amici di stanza alla base, Glenn venne a sapere immediatamente che quel numero inviato voleva dire che la lettera era partita dall'Inghilterra. Rispose immediatamente, poi attese. Passarono altre due settimane, e la lettera che aveva inviato alla casella postale ritornò con impressa la scritta "deceduta". Fu l'ultima notizia che Dennis ebbe di lei, poi niente altro. Da quel giorno ogni volta che andava alla base, ogni due o tre settimane, ha chiesto sempre di lei. Gli dissero che era stata trasferita in Inghilterra e qui era stata coinvolta in varie cose, manovre militari e addestramenti speciali con altre cinque colleghe, e che nel corso di un'operazione erano precipitate con un aereo. Non si era salvato nessuno.

Un'invenzione?

La ragazza aveva ventitre anni, era profondamente religiosa, nata ed educata da una famiglia cattolica osservante. Aveva frequentato solo scuole cattoliche private, sia medie che superiori, e i suoi genitori avrebbero voluto che si facesse suora. S'era arruolata nell'aeronautica per finire gli studi, era stata nominata sottotenente e doveva fare tre anni di servizio. Alla base di Roswell si trovava da poco meno di tre mesi. Glenn Dennis ha chiesto hai ricercatori di non divulgare il nome dell'infermiera. La descrive un po' ambiguamente come una sua cara amica, ma ad alcuni ha rivelato che c'era qualcosa di più di un'amicizia e che era intenzionato a sposarla. L'ingegnere aeronautico e famoso "antiufologo" Philip Klass ha criticato questa ambiguità mantenuta da Dennis sui suoi rapporti con l'infermiera. Trovando curioso che un'infermiera militare tenuta al segreto avesse divulgato un caso top secret a un civile che conosceva solo da poco, Klass ha chiesto a Dennis se aveva una relazione intima con lei; ma Dennis ha smentito dicendo che erano solo amici e che lei stava per prendere i voti. Klass fa notare che nel video UFO Secret, The Roswell Crash, il produttore Mark Wolf rivela che Dennis e l'infermiera avevano progettato di sposarsi! 

Un altro dubbio è sulla sorte della donna: è veramente morta? Nell'intervista fattagli dalla ricercatrice Anne MacFie nel 1991, Dennis ha ammesso di non essere del tutto convinto che la sua amica fosse morta: negli anni aveva sentito delle strane voci secondo cui dopo aver lasciato l'Aeronautica avrebbe preso i voti.  Nel 1999 sono venuti alla luce nuovi elementi a proposito dell'amica di Dennis. Secondo un rapporto del 427 "Army Air Forces Base Unit (AAFBU) Squadron", nei giorni del recupero, fra l'8 ed il 9 luglio, nessun membro del personale medico venne mai trasferito; inoltre l'unica infermiera trasferita, venne distaccata solo il 23 luglio. La donna sarebbe stata trasferita nel quadro della normale rotazione del personale a Fort Worth (oggi Carswell AFB), Texas, ove rimase sino al marzo del 1949. Ciò contrasterebbe con quanto detto da Dennis, ovvero che l'infermiera era stata mandata in Europa, dove sarebbe poi morta in un incidente aereo. Secondo il rapporto, delle cinque infermiere attive in zona, nessuna venne trasferita in Inghilterra o morì in un incidente aereo. Il rapporto smentisce anche il presunto nome dato da Dennis alla "sua" infermiera, Naomi Maria Selff. Negli archivi dell'Ospedale Militare di Roswell non risulterebbe alcuna donna con quel nome, né compare nei registri del National Personnel Records Center (NPRC) di St. Louis, facenti parte del National Archives and Records Administration. Nessuna signora Naomi Maria Selff sarebbe stata una dipendente delle Forze Armate USA. Dennis ha inventato tutta la storia o ci troviamo di fronte ad un depistaggio? In questo caso il nome della donna potrebbe essere stato cancellato dai registri. Può anche darsi che il vero nome della ragazza fosse un altro. L'ufologo Kevin Randle avrebbe appurato che un'infermiera di nome Eileen Mae Fanton, era effettivamente distaccata al Roswell AAF Station Hospital all'epoca dei fatti; tra l'altro sia le competenze che l'aspetto fisico della donna sembrano coincidere alla perfezione con la descrizione fornita da Dennis. La Fanton lavorò a Roswell dal dicembre del 1946 al settembre del 1947; si ritirò dall'Aeronautica, con il grado di capitano, il 30-4-55, per "instabilità psichica". La donna, che ora è morta, era una giovane minuta, dagli occhi neri, i capelli scuri e la pelle olivastra; la sua descrizione calza a pennello con quella dell'infermiera di Dennis, definita "una Audrey Hepburn in miniatura". Ci sarebbero anche altre analogie: l'infermiera di Dennis era cattolica, la Fanton pure (apparteneva alla St. Catherine's Academy di Springfield, Kentucky, ed era diventata infermiera al St. Mary Elizabeth's Hospital di Louisville, Kentucky); come la Selff anche la Fanton avrebbe lavorato in Gran Bretagna, presso il 7510 USAF Hospital di Londra. Secondo il personale di Roswell, la Fanton lasciò improvvisamente la base, il 4 settembre '47, per farsi ricoverare, per instabilità psichica, al Brooke General Hospital di Fort Sam Houston in Texas (soffriva di problemi psichiatrici già dal 1946). La lista delle coincidenze non sembra essere casuale, è possibile che Dennis abbia tenuto nascosto il vero nome della sua amica per proteggerla. L'ufologo Bob Young ha sollevato invece il dubbio che il nome Naomi Selff potrebbe essere soltanto un gioco di parole - evidentemente ordito da Dennis - celante se stesso. In inglese infatti Naomi Selff suona come "Name, Myself" (nome, me stesso) o addirittura "No Name, Myself" (Nessun nome, me stesso). 

Il dottor Johnson

Comunque sia, del mistero dell'infermiera scomparsa restano le descrizioni fatte dei cadaveri che trovano dei riscontri in altre testimonianze. Leonard Stringfield, ricercatore molto stimato ma che raramente svelava l'identità dei suoi testimoni, avrebbe raccolto altre "voci" che sembrano confermare le dichiarazioni di Dennis: in particolare hanno confermato l'odore orribile che emanavano i corpi, che obbligò i medici ad abbreviare la seduta; i corpi erano sprovvisti di un sistema digestivo comparabile al nostro ma erano irrorati da un liquido incolore. Un'altra testimonianza, raccolta da Randle e Schmitt, è quella del medico legale della base di Roswell, Jesse Johnson, che avrebbe redatto il rapporto dell'autopsia preliminare: si trattava di esseri molto esili che misuravano da un metro a un metro e quaranta, con grandi occhi a mandorla, il naso formato solo da una piccola protuberanza e la bocca profonda appena cinque centimetri. Secondo altri testimoni, i piedi non avevano dita, non c'erano organi apparenti di riproduzione, ma forse erano stati divorati dai predatori. La pelle era di colore grigio-rosa - benché un testimone (Melvin Brown) l'abbia vista giallastra - ed era resistente come cuoio. 

Bisogna riconoscere che l'affidabilità di queste testimonianze è minore rispetto a quelle che si riferiscono ai rottami: sono indirette, come quella di Glenn Dennis, oppure anonime, come quelle riportate da Leonard Stringfield. Per quanto riguarda il dottor Johnson, dopo la sua morte Randle e Schmitt hanno cercato di verificarne il curriculum professionale. I due ricercatori hanno scoperto che i dati sul suo stato di servizio come medico militare, quasi tutta la sua carriera erano scomparsi. Secondo l'albo dell'ordine statunitense dei medici, il dottor Johnson completò la sua specializzazione di medicina interna nel 1946 ma, per quanto la sua presenza a Roswell sia provata già nel 1947, il suo nome non è negli archivi della base. Tuttavia nell'indice delle persone menzionate si trova il nome di sua moglie. Randle e Schmitt hanno contattato gli istituti nei quali avrebbe lavorato ma tutti hanno risposto di non aver avuto un dottor Johnson nello staff.

Il sergente Brown 

Sparizioni di curriculum, intimidazioni ai testimoni, ma forse questi non erano i soli metodi utilizzati per nascondere una vicenda top secret. Diversi ufologi statunitensi, attraverso fonti militari, avrebbero accertato che più di una dozzina di agenti della Polizia militare che piantonarono il luogo del disastro percepirono 10 mila dollari a testa per il loro lavoro, una somma davvero enorme per il 1947. Tutto ciò sembra essere confermato dal racconto fatto dal sergente Brown alla sua famiglia poco prima di morire. Melvin E. Brown era sergente del 509° all'epoca dell'incidente, in seguito venne trasferito in Inghilterra. Qui sposò una donna inglese e dopo aver lasciato il servizio si stabilì definitivamente nella periferia di Londra. Sul letto di morte, nel 1982, Brown parlò di un numero di un conto corrente segreto, un fondo patrimoniale deposto in un luogo chiamato Roswell, in cui c'era una grossa quantità di denaro ricevuta per aver svolto un servizio ultrasegreto. L'ex sergente pregò i suoi familiari di trovare quei soldi. Le ricerche di questo conto corrente furono infruttuose, non esisteva un conto familiare particolare né un conto a lui intestato. Brown aveva un cancro e sapeva di dover morire, ma fino a l'ultimo, sostengono i suoi familiari, la sua mente è sempre stata  assolutamente lucida. Nel corso degli anni, in diverse occasioni aveva raccontato alla moglie e alle figlie piccoli pezzi di una strana storia, ma sul letto di morte ebbe la forte necessità di raccontare tutto. "Mentre lo raccontava sembrava quasi che se ne stesse già pentendo" ha dichiarato la figlia di Brown, Beverly Bean. "Furono presi tutti gli uomini disponibili e furono caricati e inviati nel deserto, dove un disco volante era precipitato, per montare la guardia tutti sul posto. Gli fu detto di guardare ma di non vedere e di non prendere nulla, ma lui e un suo compagno invece videro perché alzarono quelle coperte che ricoprivano gli autocarri... Alzò la coperta e lui e il suo amico videro dei corpi che non misuravano un metro di altezza, con teste molto grandi, occhi obliqui, pelle giallastra". Questo ultimo particolare differisce dalle altre descrizioni, che parlano di pelle grigia, o grigio-rosa, ma ciò sembra irrilevante visto le condizioni non ideali in cui si trovavano i due testimoni. Beverly Bean ha parlato nel 1986 facendo un intervento piuttosto lungo per il video-documentario sulla storia di Roswell di Mark Wolf. La vedova di Melvin Brown, a differenza della figlia, ha rifiutato di testimoniare per paura che le venisse tolta la pensione. Il giornalista aeronautico Philip Klass ha messo in dubbio la testimonianza di Melvin Brown, evidenziando il fatto che Brown era un semplice cuoco militare e non era nelle sue competenze partecipare al trasporto dei cadaveri. Questo punto di vista viene, però, contraddetto da Walter Haut, secondo cui a Roswell tutto il personale era tenuto a svolgere diverse funzioni. Lui stesso non era solo addetto alle relazioni pubbliche, ma anche aviatore imbarcato, con il ruolo di bombardiere. Si può anche supporre che un tale evento eccezionale, del tutto imprevisto, abbia costretto alla mobilitazione anche soldati non scelti, molti dei quali, come sembra appurato, trasferiti in altre basi nella settimana successiva.   

Il pilota Oliver "Pappy" Henderson

Come nel caso del sergente Brown anche per il capitano Oliver "Pappy" Henderson è stata la famiglia a rivelare il suo ruolo nella storia di Roswell. Il capitano dell'Aeronautica Henderson tenne la bocca chiusa per lungo tempo, fino a quando non venne a sapere che altri avevano rotto il silenzio. La moglie e la figlia di Henderson hanno riferito che, nel 1982, leggendo un articolo dedicato al caso Roswell, Oliver aveva loro spiegato che si trattava di una storia vera, di cui era stato uno dei protagonisti: era stato lui a pilotare uno dei B-29 diretti nell'Ohio. Henderson avrebbe visto, insieme ai resti di una nave, dei cadaveri di piccoli esseri grigi con occhi obliqui e bocche piccole. Inoltre, avrebbe mostrato ad un suo amico, il dottor John Kromschroeder, un pezzetto di metallo proveniente dall'UFO. Secondo Kromschroeder, che nel corso degli anni aveva studiato metallurgia, quel materiale somigliava ad alluminio, ma era totalmente diverso, di struttura non cristallina. 

La testimonianza di Henderson apre un'altra questione fondamentale, e cioè la destinazione finale dei rottami e dei cadaveri. A suo avviso erano stati conservati proprio alla base aerea di Wright Field, nell'Ohio, dove si trovava il centro studi tecnici dell'Aeronautica, l'Air Tecnical Intelligence Center (ATIC), una divisione dell'Air Material Command (AMC). Ma altre testimonianze riferiscono di trasporti anche verso la base aerea di Kirtland, vicino ad Albuquerque, che serviva i laboratori di Sandia e Los Alamos. Secondo una fonte confidenziale, citata da William Moore, la carcassa dell'UFO sarebbe stata inviata a Sandia, stabilimento molto protetto, dove venivano costruite le bombe atomiche. In questo caso il trasporto sarebbe avvenuto per via terrestre. Si ritiene che mentre rottami e i cadaveri siano stati inviati in aereo a Kirtland (sono stati individuati tre voli con destinazione Kirtland e Los Alamos dopo l'8 luglio 1947) la parte integrante del disco sia stata trasportata per via terrestre. In effetti, sembra molto difficile che un velivolo, anche se di modeste dimensioni, possa essere stato caricato su un aereo da trasporto dell'epoca. Il trasporto terrestre sarebbe stato meno rischioso e meno complicato, perché la strada che partiva da Roswell, passava da Vaughn e arrivava fino alla periferia Sud-Ovest di Albuquerque, dove si trovano Kirtland e Sandia, attraversava una regione semidesertica, che favoriva un trasporto discreto.

Cadaveri alieni trovati da civili

Se la testimonianza di Henderson in qualche modo chiarisce la modalità in cui è avvenuto il trasporto, quella dei coniugi Vernon e Jean Maltais confonde le idee a chi è convinto che siano stati i militari i primi a trovare i cadaveri. Nel 1978 i Maltais raccontarono a Stanton Friedman che un loro amico, l'ingegnere civile Grady "Barney" Barnett, aveva loro riferito di aver visto il relitto di un disco volante e corpi di alieni, nel Nuovo Messico, verso la fine degli Anni Quaranta. Vern e Jean Maltais non avevano avuto alcuna ragione di mettere in dubbio la verità del suo racconto, a dispetto della sua stranezza. Nel 1947, Grady "Barney" Barnett abitava a Socorro, nella vallata del Rio Grande, a metà strada tra Albuquerque ed El Paso, vicino alla frontiera messicana. Lavorava nella zona alle dipendenze del servizio forestale. Ex combattente nella Prima Guerra Mondiale, ex comandante dell'American Legion, era un cittadino modello, come William Moore poté appurare dalle sue ricerche. Secondo Holm Bursum, che era stato sindaco di Socorro, Barnett non avrebbe mai potuto inventarsi una storia del genere. Nel 1950 Barnett aveva raccontato a Vern Maltais che una mattina, mentre stava facendo prelievi di terreno vicino a Magdalena (cittadina ad Ovest di Socorro), notò i riflessi di un oggetto metallico. Credendo che durante la notte fosse caduto un aereo, si recò sul posto, due chilometri più in là. Avvicinandosi, si rese conto che non si trattava di un aereo, bensì di un oggetto metallico a forma di disco, che misurava dagli 8 ai 10 metri di diametro, e sembrava di acciaio inossidabile. Barnett fu quasi subito raggiunto da altre persone che gli dissero di far parte di un gruppo di ricerca archeologica dell'Università della Pennsylvania. Quelle persone avevano visto precipitare il velivolo, e avevano pensato anche loro che si trattasse di un aereo. Ma non era tutto: Barnett e gli altri, guardandosi intorno, scoprirono dei cadaveri per terra. Barnett pensò che ve ne fossero altri dentro la nave (Barnett però non aveva precisato quanti corpi vide). Erano esseri antropomorfi, benché non potessero essere confusi con gli uomini. Il cranio, senza capelli, era tondo, gli occhi piccoli, stranamente posizionati. Erano di taglia molto inferiore rispetto a un essere umano ma avevano una testa molto grande in proporzione al loro corpo. Gli abiti parevano essere costituiti da un unico pezzo di colore grigio, e non vi si scorgevano bottoni, cinture o cerniere. Sembrava che quegli esseri fossero di sesso maschile. Mentre Barnett e gli archeologi guardavano con certo timore quegli strani corpi, videro arrivare un camion militare. Ne scese un ufficiale, accompagnato da un autista, che prese immediatamente in mano la situazione. Quasi subito altri militari transennarono il posto. L'ufficiale ordinò a tutti i civili di andarsene da lì e di non parlare mai a nessuno di quel che avevano visto. 

I luoghi del crash  

Sono due gli aspetti significativi di questa testimonianza. Innanzitutto a molti sembra impossibile che un gruppo di civili abbia potuto precedere i militari sul luogo dell'incidente, data la vicinanza di strutture militari dotate di apparecchiature che avrebbero dovuto rilevare la presenza dell'oggetto. Un altro problema riguarda la località indicata come luogo di ritrovamento. Secondo Vern Maltais, Barnett aveva indicato la località di Magdalena. Ma sua moglie Jean, interrogata su  questo particolare, non ricordava che Barnett avesse parlato di quel posto. Secondo lei, Barnett aveva localizzato l'incidente da qualche parte vicino a Socorro, parlando specialmente di una zona chiamata Piana di San Augustin o The Flats, a Ovest di Socorro. Barnett, che viaggiava in tutto lo Stato del Nuovo Messico, di solito lavorava a Ovest di Socorro. Un altro testimone rintracciato da William Moore, John Grenwald, ex impiegato statale, diventato poi fattore nella regione, ha confermato che Barnett lavorava soprattutto nella Piana di San Augustin. William Moore ha avvicinato anche J. F. "Fleck" Danley, che era stato il capo di Barnett e abitava a Magdalena. Danley ha confermato che Barnett lavorava con lui in quella zona alla fine degli Anni Quaranta e che gli aveva accennato di quel misterioso incidente. 

Il racconto di Grady Barnett, anche se non fornisce precisamente data e luogo, si può collegare al caso Roswell. Se si tiene conto che Brazel ha scoperto al ranch Foster solo dei frammenti, sussiste un interrogativo: era tutto là quel che restava dell'eventuale velivolo o è stato ritrovato qualcos'altro? Era un intero velivolo quello esploso sul ranch o si trattava solo di un rivestimento esterno, da cui si era liberata una scialuppa di salvataggio che avrebbe potuto volare più lontano? O ancora: potevano essersi scontrati due velivoli, di cui uno era stato polverizzato e l'altro, solo danneggiato, era caduto più lontano? Qualunque cosa sia successa, la localizzazione dell'incidente ha presentato un problema spinoso per i ricercatori: il ranch di Brazel, nella regione di Corona, è distante dalla Piana di San Augustin più di 240 chilometri in linea d'aria. Tra queste due località si innalzano le prime cime delle Montagne Rocciose, con i monti Capitan e Jicarilla e, vicino a Corona, la vetta del Gallinas, situata a 2900 metri di altitudine. Più ad occidente, la valle del Rio Grande, all'altezza di Socorro, precede un'altra regione montuosa, con vette che sfiorano i 3000 metri. Dall'altra parte di questi monti si trova la Piana di San Augustin. Non ci sono troppi ostacoli per un velivolo in avaria?

Ricostruzione dell'incidente

Questi argomenti non hanno scoraggiarono William Moore, né Stanton Friedman. Il primo riassume così le sue conclusioni: "Secondo la testimonianza di Wilmot, il 2 luglio 1947, tra le 9,45 e le 9,50, era passato a grande velocità nel cielo di Roswell qualcosa che assomigliava a un disco volante, e che si dirigeva verso Nord-Ovest. In un punto a Nord di Roswell, l'UFO ha incontrato un temporale (segnalato da Brazel). Dopo aver corretto la traiettoria verso Sud-Ovest, è stato colpito da un fulmine, subendo notevoli danni. Molti pezzi sono caduti al suolo, ma l'UFO, benché danneggiato, è riuscito a mantenere quota abbastanza a lungo per poter sorvolare le montagne, prima di schiantarsi violentemente nella Piana di San Augustin".

La ricostruzione di Moore non è molto credibile. Ma del resto non si ha la certezza che Barnett si trovasse alla Piana di san Augustin, la data e  il luogo del racconto di Barnett poggiavano solo sui ricordi del suo capo, J. F. Danley. Nel 1985, in occasione di un congresso del MUFON, William Moore avanzò l'ipotesi che Danley potesse essersi sbagliato e che, in realtà, Barnett sia stato testimone degli eventi avvenuti al ranch di Brazel, perché anche quei territori erano sotto la giurisdizione dell'ingegnere del servizio forestale. Kevin Randle e Donald Schmitt avevano adottato questa ipotesi nel loro primo libro, pubblicato nel 1991. Secondo loro, la Piana di San Augustin non poteva essere stata il luogo dell'incidente, anche alla luce di nuove testimonianze. Un archeologo, il dottor Herbert Kick, che aveva lavorato nella Piana nei mesi di luglio e agosto 1947, e precisamente in località Bat Cave, non ricordava che un gruppo di archeologi fosse presente nella zona. Anche Francis Martin, che gestiva un bar molto frequentato, non se ne ricordava. Esisterebbe poi un diario di Ruth Barnett, moglie di Grady Barnett, in cui veniva riportato che suo marito era rimasto in ufficio la giornata del 3 luglio, data presunta della scoperta. Ma anche la data è controversa. Randle e Schmitt, nel libro del 1991, ipotizzavano che il ritrovamento di Barnett avesse avuto luogo in data 8 luglio a poca distanza dalla distesa dei rottami, basandosi su testimonianze, secondo cui, durante l'accerchiamento del posto da parte dell'Aeronautica, la mattina dell'8, erano stati effettuati voli di ricognizione nei dintorni, di cui uno con il fattore Brazel a bordo: fu allora che sarebbe stato scoperto il disco volante, ad alcuni chilometri di distanza. I due ricercatori hanno cambiato idea nel loro libro del 1994, in cui situavano il luogo finale della caduta del velivolo più vicino a Roswell, a circa 30 miglia a Nord della Base Aerea. L'oggetto avrebbe impattato con la terra in tre punti diversi: il campo dei rottami, il cerchio di sabbia liquefatta, trovata anche dai collaboratori dello sceriffo Wilcox e forse da LaPaz, e questo posto dove si ritiene che il velivolo e i cadaveri furono rinvenuti.

Alla ricerca degli archeologi

Barnett è morto nel 1969 e sua moglie nel 1977, senza eredi. La credibilità della sua testimonianza non può essere accertata anche perché  nessun ricercatore ha potuto interrogarlo direttamente, essendo deceduto quando ancora del caso Roswell non si era riparlato. I ricercatori si sono così messi sulle tracce degli archeologi di cui aveva parlato Barnett. Stanton Friedman aveva redatto una lista di persone che potevano aver lavorato nella Piana di San Agustin a quell'epoca, nella speranza di trovare una traccia degli archeologi. La sua ricerca l'ha condotto a un certo Robert Drake, che ha soggiornato a San Augustin per un breve periodo, nel 1947. Questo gli ha indicato il dottor Roscoe Willmeth, che lavorava agli archivi di Los Alamos, come una persona che poteva conoscere quella storia storia del disco volante caduto. Friedman era riuscito a ritrovare il dottor Willmeth ma, purtroppo, tre giorni dopo aver preso appuntamento con lui, era morto in seguito a una crisi cardiaca, a 59 anni. Tuttavia, almeno una delle persone della spedizione di archeologi sarebbe stata individuata grazie ad un'infermiera. Nel 1975 una donna ormai in fin di vita a causa di un cancro, raccontò una strana storia ad una infermiera dell'ospedale comunale di San Petersburg (Florida), Mary Ann Gardner. La testimonianza della Gardner è riportata nel video-documentario sul caso Roswell di Mark Wolf. Nel 1975 la Gardner prestava servizio nel reparto malati terminali e un giorno si stava apprestando a fare il bagno ad una paziente, insolitamente molto agitata. "Mi chiese se potevo tirare la tenda per vedere se c'era un altro paziente nel letto vicino", ha dichiarato la Gardner. "Le dissi che non c'era nessuno. La cosa mi sorprese perché di solito era tranquilla. In effetti si limitava a ripetere un nome in particolare. A quel punto cominciò a dire che aveva bisogno di raccontare quella storia a qualcuno per forza. Disse proprio così: 'me lo sono tenuto dentro per tanto tempo'. Raccontò che molti anni prima le capitò di fare un'escursione con un gruppo di persone a raccogliere tracce. Disse: 'non avrei dovuto essere lì ma c'ero e avrei preferito non esserci'. Ad un certo punto si trovarono di fronte ad una collina, salirono su in cima e allora videro un grande e lucido oggetto. Decisero di avvicinarsi per vedere meglio, quando furono sul posto l'oggetto apparve nella sua interezza: era circolare ed era adagiato sul terreno". La donna disse che per terra c'erano delle coperte e allora uno degli uomini della spedizione si fece avanti, sollevò le coperte e sotto c'erano delle persone molto piccole. Avevano delle teste sproporzionate ed enormi occhi. Dopo aver finito di raccontare la donna disse all'infermiera di non dire niente a nessuno. "Guardava tutt'intorno alla stanza con gli occhi sbarrati come in crisi paranoica - dice la Gardner - e disse 'possono trovarti sempre' e io le chiesi, chi è che può trovarmi sempre? E lei rispose: 'Il Governo, il Governo sa come trovarti'". 

Questa testimonianza, seppur di seconda mano, ha dato nuove speranze agli ufologi. Altre ricerche sono state compiute al laboratorio di antropologia di Santa Fé e al Museo del Nuovo Messico, per rintracciare i nomi degli archeologi che avevano lavorato nella zona in quegli anni. L'ufologo Tom Carey ha rintracciato e parlato con il dottor Bertram Schultz, un paleontologo che era a Roswell nel 1947. Schultz aveva visto alcuni militari lungo la Statale 285, a Nord di Roswell, e ricordava un gruppo di archeologi che gli avevano riferito del ritrovamento dell'UFO. Il capogruppo era il dottor Curry Holden, che aveva diretto un dipartimento di storia e antropologia in Texas. Holden fu intervistato da Randle e Schmitt nel 1992, poco prima della morte, all'età di 96 anni. Confermò di aver visto, una sera degli inizi di luglio, una strana luce cadere, e aveva anche dato l'allarme ai pompieri e alla polizia, supponendo che si trattasse di un incidente aereo. Vista l'età del testimone le sue dichiarazioni sono state contestate, ma Randle e Schmitt sostengono che era perfettamente lucido e che aveva rilasciato una dichiarazione coerente. 

Testimoni contestati

È invece più complessa la posizione di altri presunti testimoni. Nel 1990 l'ex poliziotto Gerald Anderson ha contattato Kevin Randle e Stanton Friedman, sostenendo di essere un testimone diretto degli eventi del 1947. All'epoca Anderson aveva sei anni e viveva con la sua famiglia a Albuquerque. A suo dire, agli inizi di luglio, mentre si trovava insieme a dei suoi familiari a fare un'escursione alla Piana di San Augustin, notò un oggetto argentato, di forma circolare, che sembrava essere sprofondato di sbieco nel terreno, ai piedi di una collina. Si avvicinarono e videro tre esseri che giacevano a terra morti. Un quarto essere, ancora vivo, era proprio di fronte a loro. Il padre e lo zio di Gerald cercarono di comunicare con l'essere ma questo, intimorito, non rispondeva. Il velivolo aveva uno squarcio sulla fiancata lungo due o tre metri e largo circa un metro. All'interno, c'erano dei "componenti" collegati tramite alcuni cavi, costituiti da diverse centinaia di pezzi che sembravano fili. Uno dei cavi, sezionato, pendeva dallo squarcio, e i fili ondeggiavano al vento. Alcuni erano brillanti, altri scuri, e altri ancora sembravano risplendere di guizzi di luce. Anderson sostiene di aver anche notato delle iscrizioni, dei simboli di colore rosa e bruno. Poco tempo dopo il loro arrivo, era arrivato un gruppo di persone, composto da un adulto e cinque studenti, tre ragazzi e due ragazze. Anderson ha detto che l'uomo era il professor Buskirk, che cercò di comunicare con l'alieno in molte lingue, poi era arrivato un uomo che assomigliava al presidente Harry Truman! Il racconto di Anderson finiva con l'arrivo dei militari: un intero battaglione aveva preso possesso del posto con molti veicoli. Un ufficiale irascibile dai capelli rossi, di nome Armstrong, accompagnato da un autista di colore, minacciò i civili e vietò in modo formale di divulgare la loro scoperta, e infine li fece allontanare.  

Questa testimonianza è stata da subito ritenuta poco credibile dalla maggior parte dei ricercatori, ma è stata del tutto accantonata dopo che Anderson ha cominciato a cambiare la versione della sua storia, abbellendola ulteriormente con nuovi particolari. Ad esempio, ha riferito a Friedman il nome dell'ufficiale, Armstrong, dicendo che lo aveva sentito pronunciare da suo zio e che non si ricordava se il nome era scritto sull'uniforme, e che, comunque, era troppo giovane per saper leggere. Ma ad altri ricercatori ha detto che aveva letto il nome e che era già in grado di leggere. Per quanto riguarda l'archeologo Buskirk, avvicinato nel 1991 da Kevin Randle e Tom Carey, ha negato di essersi trovato sul posto in quel periodo, cosa che è stata provata: Buskirk trascorse tutta l'estate del 1947, da giugno a settembre, nella riserva indiana di Fort Apache, in Arizona, per preparare la sua tesi di laurea sugli Apache. Il "mistero" di come Anderson conoscesse Buskirk è stato facilmente spiegato, in quanto il dottor Buskirk aveva insegnato in una scuola di Albuquerque, nel 1957-58, la stessa scuola frequentata da Anderson nel 1957. Anderson sembra essere molto preciso nella descrizione dei particolari dell'astronave ma è molto vago sul luogo del ritrovamento: la Piana di San Augustin è lunga circa cento chilometri, Anderson dapprima ha indicato la località di Magdalena come luogo del crash, poi ancora Horse Spring che si trova dalla parte opposta della Piana. Gli alieni da lui descritti sembrano somigliare molto ai classici grigi responsabili delle storie di rapimenti, e simili al personaggio che figurava sulla copertina del libro best seller di Withley Strieber Transformation, pubblicato nel 1988. Allo stesso modo è spiegabile l'identificazione di Grady Barnett tra gli uomini visti vicino al disco: Kevin Randle ha scoperto che aveva letto il libro di William Moore, dove c'è la foto di Barnett e la sua storia, da cui Anderson potrebbe aver attinto per "inventarsi" la sua testimonianza. Ad ogni modo, sembra altamente improbabile che un bambino di sei anni possa ricordare così bene e nei minimi particolari tutto ciò che avveniva intorno a se, compresi i dialoghi e i nomi degli ufficiali intervenuti sul posto. Qualcuno è arrivato a ipotizzare che forse aveva sentito parlare di quella storia da qualche familiare, e per renderla più interessante aveva aggiunto nuovi particolari, come quella della sua presenza. I suoi stessi conoscenti e colleghi hanno confermato questa sua tendenza ad inventarsi storie. Peggy Anderson, con la quale è stato sposato per diciassette anni, ha detto che il suo ex marito è un mitomane e che non c'è quasi niente che si possa credere di quel che dice. 

Un'altra testimonianza da prendere con cautela è quella di Jim Ragsdale. Ragsdale, contattato nel 1993 da Schmitt, disse che insieme all'amica Trudy Truelove si era accampato la sera del 4 luglio a circa 50 km a nord di Roswell. Verso le 23 e 30 avevano visto passare da vicino un oggetto volante luminoso avvolto dalle fiamme, che si era andato a schiantare nelle vicinanze. Ragsdale si era avvicinato, trascinando con se la sua amica. I due avevano scorto l'oggetto ma solo la mattina dopo all'alba, tornando sul posto, avevano visto l'apparecchio e i cadaveri. Non avevano incontrato gli archeologi, né Barnett. In compenso, avevano visto arrivare i militari: un convoglio chiassoso, composto da diversi camion. Poi s’erano ritirati senza farsi notare. Sembra che, però, avessero avuto il tempo di raccogliere alcuni rottami sparsi al suolo intorno all'apparecchio, e anche di avvicinarsi abbastanza ai cadaveri per poterne fornire una breve descrizione: piccoli esseri che sembravano nani. La descrizione dei rottami è abbastanza simile a quella fornita da Marcel jr: : pezzi flessibili che dopo essere stati piegati riprendevano sempre la forma originaria. Inoltre, gli era sembrato che l'apparecchio disponesse di una specie di involucro, morbido e pieghevole. La descrizione dell'UFO fatta da Ragsdale ricorda quella di Rickett e di Gonzales: non un vero e proprio disco ma un oggetto a forma di mezzaluna, dotato di una piccola coda posteriore. Lo stesso tipo di oggetto descritto, tra l'altro, anche da Kenneth Arlnold nello storico avvistamento del 24 giugno. 

Il racconto di Jim Ragsdale è stato confermato da suo figlio (in particolar modo il luogo dell'incidente) e da altri membri della sua famiglia, i quali hanno ribadito a Mark Rodegheir del CUFOS che Jim aveva parlato di quegli avvenimenti molto prima che il caso Roswell fosse conosciuto dall'opinione pubblica grazie a libri e a inchieste televisive. Fin qui la storia, seppur abbastanza colorita, aveva un certo grado di credibilità. Tuttavia, in seguito, la versione di Jim Ragsdale sarebbe cambiata. Negli ultimi mesi del 1994 ha cominciato ad abbellire il suo racconto, descrivendo e abbondando nei particolari gli extraterrestri e il loro apparecchio: portavano il casco, il velivolo era dotato di cupola ecc. Si è poi scoperto che era sommerso da problemi personali e di salute, e, avendo bisogno di denaro, ha cercato di guadagnare qualcosa con la sua storia. La sua famiglia ha confermato che aveva ricevuto molte lettere e telefonate: minacce da persone ignote, richieste di rivelazioni. Qualcuno gli avrebbe promesso del denaro in cambio di una testimonianza esclusiva. 

Affermazioni incoerenti si trovano anche nella testimonianza di Frank Kaufmann, le cui prime interviste risalgono agli anni 1989 e 1990. Inizialmente Kaufmann veniva indicato nel libro di Randle e Schmitt con lo pseudonimo di MacKenzie, in seguito il vero nome è stato reso pubblico da Karl Pflock. Nel 1947 Kaufmann era agente dei servizi d'informazione (il suo grado non si è potuto appurare), di stanza a Roswell. Agli inizi di luglio era stato inviato a White Sands per osservare un UFO che si aggirava da giorni in quella zona su ordine del generale Scanlon, dell'Air Defense Command di Washington, a cui doveva render conto direttamente. Secondo Kaufmann  i militari della base di White Sands (località vicina ad Alamogordo, a 160 km a Ovest di Roswell) stavano seguendo sui radar i movimenti dell'oggetto, che sorvolava la parte meridionale del Nuovo Messico. Le osservazioni di White Sands erano affiancate a quelle dei radar di Albuquerque (dove si trova la base di Kirtland). White Sands e Kirtland sono separati dalla piana di Roswell da montagne piuttosto alte, al punto che da queste basi è possibile osservare tutto il cielo solo a una quota superiore ai 2500 metri, come precisa Kaufmann. Quindi, la base di Roswell era la più adatta a monitorare il cielo della zona. Il testimone lascia intendere che la situazione era sotto il controllo dei militari e che esistesse già una squadra speciale per il recupero di UFO prima dell'incidente di Roswell. Ed è questo il primo elemento di dubbio del suo racconto, anche se sappiamo che non è completamente da escludere l'ipotesi che i militari avessero già avuto una esperienza di questo tipo prima del 1947. Kaufmann sostiene che era in contatto con un ufficiale del controspionaggio a Washington, un certo Robert Thomas, che seguiva molto da vicino gli avvistamenti del misterioso oggetto. Fece ritorno a Roswell il 3 luglio, ma intanto la situazione stava cambiando: l'oggetto, costantemente seguito dai radar, aveva cominciato a "pulsare", poi, verso le 23.30 era scomparso. I tecnici, da tre diversi punti di osservazione, riuscirono a localizzare il punto d'impatto, facilitando così le ricerche, che iniziarono all'alba del 4 luglio. Nella notte tra il il 3 e il 4 luglio, Thomas chiamò Kaufmann, per avvisarlo che stava arrivando a Roswell.  A questo punto Kaufmann e una équipe speciale di Washington ebbero l'ordine di recarsi sul luogo dell'impatto. Furono informati del fatto che sul luogo c'erano anche dei civili (Barnett e gli archeologi?). Arrivarono con tre jeep e quattro camion (uno dei quali dotato di una gru) ma al loro arrivo il luogo era già stato transennato, ed erano presenti diversi ufficiali, tra cui il colonnello Blanchard insieme al maggiore Easley, capo della Polizia Militare (i cui uomini stavano sorvegliando il luogo) e il capitano Oliver Henderson. C'era anche il misterioso ufficiale Thomas, con due suoi aiutanti e due fotografi, provenienti da Washington e incaricati di scattare fotografie sul posto. Subito dopo è arrivata anche altra gente: un'unità speciale da White Sands, e ancora altri militari provenienti dalla costa occidentale. Il velivolo viene descritto come avente la forma di un "disco" sormontato da una piccola cupola, e che aveva la fiancata "ammaccata" a causa dell'impatto al suolo. 

Dal racconto di Kaufmann si presume che sul luogo si fosse creata una certa confusione, vista l'indicazione del gran numero di persone coinvolte nell'operazione di recupero, forse troppe per un intervento che doveva rimanere segreto. Tutti quei militari avevano dovuto prestare giuramento uno ad uno. Ma se questo aspetto può avere una spiegazione, meno semplice è giustificare degli errori palesi presenti nel racconto: nel secondo libro di Randle e Schmitt veniva riportato che Scanlon fosse tenente generale e invece era generale di brigata; l'ufficiale Robert Thomas aveva solo il grado di aiutante (warrant officer) mentre Kaufmann lascia intendere che avesse un grado molto più alto e che dirigeva le operazioni dall'ufficio del colonnello Blanchard. C'è poi la descrizione degli "alieni" che risulta essere diversa dalle altre testimonianze. Secondo Kaufmann non erano molto diversi dagli esseri umani, avevano solo una una taglia un po' più piccola rispetto ai nostri standard (alti circa un metro e mezzo); le mani erano del tutto simili alle nostre e con cinque dita, diversamente da chi aveva descritto quattro dita palmate o anche con piccole ventose all'estremità (come nella testimonianza dell'infermiera amica di Glenn Dennis). Due corpi erano all'esterno dell'apparecchio, uno a terra, mentre l'altro, benché morto, era seduto su una scarpata con una serena espressione sul volto, particolare che ha impressionato Kaufmann. Gli altri cadaveri si trovavano dentro l'apparecchio. Uno su un sedile, piegato di lato. Kaufmann aveva scorto le gambe di un quarto alieno, ma non aveva visto il quinto, del quale ha appreso l'esistenza solo più tardi. I corpi furono portati con un'ambulanza alla base di Roswell. Furono sistemati in un'unica cassa e messi in un capannone circondato da guardie armate. La cassa contenente i cadaveri fu poi trasferita in aereo a Washington (al campo di Andrews) e poi al campo di Patterson (vicino a quello di Wright: i due campi sono stati riuniti in seguito). Kaufmann sostiene che il capo di Stato Maggiore, generale Eisenhower, avesse visto i cadaveri sul campo di Andrews e che a Roswell c'erano due agenti dei servizi segreti, McCann e Devinnes, che rappresentavano il Presidente. Uno avrebbe scortato i corpi fino a Washington, mentre l'altro sarebbe rimasto a Roswell. I cadaveri furono divisi in due voli consecutivi, effettuati a distanza di mezz'ora l'uno dall'altro. Kaufmann e Thomas si trovavano a bordo del primo aereo, un C-54 pilotato dal capitano Oliver Henderson, diretto a Washington.

Kaufmann asserisce di non sapere nulla dei risultati dell'autopsia preliminare effettuata a Roswell, né dei voli verso Fort Worth,  ma fornisce una curiosa spiegazione sulla testimonianza di Grady Barnett. A suo avviso, Barnett avrebbe ricevuto l'ordine di indicare San Augustin come luogo del ritrovamento, perché le autorità temevano si scoprisse la vera località dell'incidente, ovvero una zona a circa 30 chilometri a nord di Roswell. Anche questa affermazione sembra molto dubbia. Sappiamo che Barnett non ha mai fatto pubbliche affermazioni, ha parlato semplicemente a dei conoscenti, i coniugi Maltais, che hanno reso noto il suo racconto.

Alla fine la testimonianza di Kaufmann risulta essere piena di aspetti non chiari e di errori evidenti, e molti particolari non trovano riscontri. Resta, quindi, assai poco credibile, tant'è vero che alcuni ricercatori, come Stanton Friedman, hanno preso decisamente le distanze dalle sue dichiarazioni.

Rowe e Rodin

Altri motivi di dubbio vengono dai testimoni che riferiscono di alieni catturati vivi. Ciò viene fuori, ad esempio, dal racconto di Frankie Rowe, che ricorda quello che aveva raccontato suo padre, il pompiere Dan Dwyer. La mattina del 5 luglio i Vigili del Fuoco erano stati chiamati ad intervenire sul luogo del crash e Dan Dwyer faceva parte della squadra d'intervento. In seguito, l'uomo ha detto alla sua famiglia di aver visto uno strano oggetto che si era schiantato al suolo. I militari si trovavano già sul posto, e anche alcuni ufficiali della Polizia di Roswell. Dwyer avrebbe visto tre piccoli esseri di cui uno ancora vivo. I due cadaveri erano stati  portati via con un altro veicolo, mentre l'essere vivo era stato caricato sull'ambulanza. Frankie Rowe è l'unica a riferire dell'intervento di unità ordinarie sul luogo del crash, come i pompieri e di poliziotti. Rickett e Kaufmann hanno evidenziato il fatto che l'accesso al posto era severamente controllato. Ma può essere che i controlli fossero stati messi a punto poco dopo. 

Altri testimoni di seconda mano hanno parlato di alieni vivi, come Barbara Dugger, nipote di dello sceriffo Wilcox. Inez Wilcox le avrebbe detto che un oggetto non identificato era effettivamente caduto nel luglio del 1947 e che suo marito aveva anche saputo che era stato trovato, oltre a dei cadaveri, un essere ancora in vita...  Un'altra testimonianza induce al sospetto che uno di quegli esseri possa essere stato ucciso dai militari. Jack Rodin senior era un fotografo con un un contratto di lavoro presso la base di Roswell, aveva un Nulla Osta di accesso alle attività militari e a scene di incidenti. Suo figlio Jack jr ha raccontato che un giorno (nel luglio del 1947) vide suo padre tornare a casa molto abbattuto, andò in una stanza e rimase lì fisso davanti ad una finestra a ripetere: "lo hanno ucciso", lo hanno ucciso" e il figlio gli chiese: "Papà chi hanno ucciso?", e lui disse di nuovo: "Lo hanno ucciso". Suo padre non disse altro su quella storia, ma negli anni Jack jr è giunto alla conclusione che qualcuno di quegli esseri sia stato ucciso, forse a causa di una reazione di un poliziotto militare o per un tentativo di fuga.  

La rivelazione dell'alieno vivo è clamorosa ma isolata, altri ufficiali che sarebbero stati coinvolti nella vicenda non hanno parlato di questo particolare. Tuttavia questo non vuol dire necessariamente che la Rowe o Rodin jr abbiano inventato tutto. Anzi, come testimoni di seconda mano, sembrano più attendibili di presunti testimoni diretti, come Gerald Anderson. Le testimonianze di seconda mano vanno analizzate con molta cautela, non si esclude che le persone che abbiano rilasciato le dichiarazioni lo abbiano fatto in buona fede, ma si teme che le loro parole possano essere in qualche modo strumentalizzate dagli eventi o dagli stessi ricercatori, soprattutto se queste "voci" clamorose vengono fuori dopo testimonianze dirette ben più attendibili che riferiscono di alieni morti. Alla fine il meno che si può dire, se si vuol credere a un testimone piuttosto che ad un altro, è che tutto lo scenario resta evanescente. È spesso il destino della ricostruzione di eventi ufologici. 

Il giorno dopo Roswell

Una volta cercato di stabilire, attraverso i testimoni diretti e indiretti, le modalità del crash, i possibili luoghi d'impatto e le basi militari dove sarebbero stati trasportati i rottami e i cadaveri, resta da comprendere che cosa ne è stato di quei carichi. Esistono diverse testimonianze di impiegati di basi militari che sostengono di aver visto dei reperti conservati. Norma Gardner, un ex impiegata della base di Wright Field, poco prima di morire aveva confidato a dei conoscenti che nel 1955 le era stato assegnato un incarico speciale: doveva catalogare tutto il materiale relativo agli UFO. Abilitata ad un alto livello di segretezza, aveva archiviato così più di mille differenti oggetti, tra cui i pezzi interni di un UFO recuperato. Tutti quei pezzi erano stati accuratamente fotografati ed etichettati. Per svolgere il suo compito di catalogazione, la donna aveva visitato un capannone segreto, dov'erano conservati due apparecchi a forma di disco, uno apparentemente intatto e l'altro danneggiato. In un'altra occasione aveva visto passare due corpi di umanoidi che venivano trasferiti da un locale a un altro su un carrello. Erano conservati in un liquido, dovevano misurare tra un metro e trenta e uno e cinquanta. I loro tratti erano umani ma la loro testa era molto grande e avevano gli occhi obliqui. 

Arrivando a parlare degli studi e dell"utilizzo" che è stato fatto dei ritrovamenti di Roswell, non si può certo trascurare la "voce"  dell'ex colonnello Philip J. Corso. Nel suo libro, Il Giorno Dopo Roswell, edito nel 1997, Corso parla del segreto di Roswell, della strategia del cover-up sugli UFO, degli esseri che vi erano a bordo e, appunto, delle applicazioni tecnologiche che dallo scafo precipitato sono state ricavate dall'Intelligence tecnica statunitense. Philip James Corso è nato in Pennsylvania nel 1915 da genitori italiani ed è morto a 83 anni nel luglio 1998. La sua carriera militare ebbe inizio nel 1942: dopo aver conseguito la laurea presso la Officer Training School ed aver ottenuto i gradi di ufficiale in artiglieria, fu assegnato ai servizi segreti delle forze alleate a Roma, dal 1943 al 1947, dopo la resa delle forze armate italiane e la ritirata delle truppe tedesche. Alla fine della seconda guerra mondiale, Corso fu fra i responsabili dell'operazione "Paper Clip", mediante la quale furono rintracciati ed inviati negli USA alcuni scienziati tedeschi, fra cui von Braun, Hermann Oberth, e von Neumann. Dal 1953 al 1957 fece parte dell'Ufficio di Sicurezza Nazionale del presidente Eisenhower, coordinando i sistemi di sorveglianza sui voli aerei effettuati sul territorio sovietico, incrementando il controllo sui famigerati U2, che rappresentavano il massimo potenziale missilistico del Cremlino. Divenne, quindi, comandante di battaglione del poligono di White Sands, nel Nuovo Messico, dopodiché fu di stanza in Germania. Dal 1961 al 1963, Corso fu a capo del reparto R&D (Research and Development - Ricerca e Sviluppo) della Divisione Foreign Technology (Tecnologia Straniera dell'Esercito), cui era affidato il controllo delle tecnologie belliche di potenze straniere. Inoltre, Corso fu coinvolto personalmente nei negoziati di pace per la liberazione dei POW (Prisoners of War) americani successivamente alla guerra di Corea, e nelle attività spionistiche tese ad individuare le installazioni missilistiche sovietiche a Cuba. Dopo essersi congedato nel 1963, Corso è stato al servizio dei Senatori James Eastland e Strom Thurmond, come esperto in sicurezza nazionale. Da allora è stato consigliere in numerosi settori economico-finanziari. In 21 anni di carriera militare, Corso ha ricevuto onorificenze di ogni tipo, fra cui 19 medaglie e decorazioni per il suo impeccabile stato di servizio.

Il  4 luglio 1947 Philip Corso, allora maggiore, non era di stanza a Roswell ma egli sostiene di essere stato in qualche modo testimone di quell'evento. In qualità di ufficiale responsabile della sicurezza di Fort Riley, Kansas, la notte del 6 luglio 1947, durante il consueto giro di perlustrazione della base, giunto in prossimità del caseggiato veterinario, fu invitato dal sergente maggiore Bill Brown ad entrare per verificare alcune casse. Brown disse che si trattava di un cargo proveniente da Fort Bliss, Texas, con materiale proveniente da un incidente avvenuto un paio di giorni prima in Nuovo Messico, e destinato alla base di Wright-Field. "Ci guardi dentro, Lei ha il nullaosta" disse il sergente al maggiore Corso. Così Corso, con in mano la sua torcia tascabile, entrò nello stabile veterinario e si avvicinò ad una delle sei casse di legno: all'interno c'era il cadavere di un piccolo essere, immerso in un liquido bluastro, custodito all'interno di un contenitore ermetico, destinato all'Air Material Command di Wright Field e quindi al Walter Reed Army Hospital, per essere sottoposto ad autopsia. "Sulle prime pensai fosse il cadavere di un bambino ma - scrive Corso - era una figura umanoide di circa quattro piedi di lunghezza, con delle braccia e mani strane, con quattro dita ciascuna (non vidi il pollice), gambe e piedi esili, ed una testa sproporzionatamente grande... Mi decisi a toccare quella pelle grigiastra, allungai una mano e mi diede l'impressione che fosse come tessuto... Gli occhi erano privi di pupille o di iride, il naso piccolissimo, con un accenno di narici...". Lo spettacolo rimase impresso nella sua memoria, anche se non ne parlò a nessuno.

Nel 1961 giunto al Pentagono, alle dipendenze del generale Trudeau con il grado di luogotenente colonnello, Corso divenne responsabile del reparto Ricerche e Sviluppo dell'Esercito (R&D). Un giorno Trudeau lo convocò nel suo ufficio e gli mostrò un archivio, dicendo che conteneva alcuni fascicoli speciali: il "Roswell File", in cui erano custoditi materiali ed informazioni inerenti l'episodio di Roswell. Doveva valutarne le possibilità di uso strategico. Corso dichiara che il materiale era rimasto in mano all'Esercito, inutilizzato per 14 anni, essenzialmente perché il Pentagono era convinto che il governo fosse pieno di spie sovietiche e che la CIA cooperasse in segreto con il Cremlino. I rottami dell'UFO costituivano una documentazione troppo delicata per farla finire nelle mani sbagliate. Per ordine di Trudeau, Corso decise di distribuire segretamente i materiali a una serie di specialisti fidati, e dalle ricerche svolte su di essi sarebbero scaturite molte delle tecnologie che oggi sono di uso comune. Apparecchiature come i laser, i circuiti integrati, le reti a fibre ottiche, gli acceleratori di particelle e perfino i giubbotti antiproiettile in kevlar; gli intensificatori di immagini per la visione notturna; leghe metalliche ad allineamento molecolare;   HARP (High Altitude Research Project – Progetto per le ricerche ad alta quota); "Progetto Horizon" (che – secondo Corso – portò alla costruzione di una base segreta militare, sulla superficie lunare, già nel 1965); generatori atomici portatili; cibo irradiato (per la lunga conservazione); sistemi di guida a cosiddetto terzo cervello; sistemi di propulsione elettromagnetica;   proiettili ad uranio. 

Per quanto riguarda le analisi sui corpi, il referto autoptico giuntogli dal Walter Reed Hospital coincideva con le caratteristiche fisiche dell'essere da lui visto a Fort Riley. Di massima importanza, in questo senso, risultano le affermazioni di Corso in merito alla reale natura di questi esseri. Essi sarebbero cloni umanoidi, dalla struttura fisica e psichica direttamente integrata a quella della loro astronave, capaci, quindi, di vivere solo in simbiosi elettromagnetica con l'involucro esterno, cioè con l'ambiente della loro navicella. 

Le conclusioni di Corso riguardano il ruolo giocato dai servizi segreti americani in quegli anni, rispetto alla possibile natura ostile degli esseri di Roswell. L'atteggiamento della CIA in tal senso era nettamente orientato al pessimismo. Le Entità Biologiche Extraterrestri (o EBE) di Roswell vennero sostanzialmente trattate come nemici. Corso ha reso noto anche altre informazioni: conferma l'esistenza di un organizzazione come quella descritta nei controversi documenti del "Majestic-12". Non le attribuisce quel nome ma l'elenco dei membri risulta identico. Il che si ricollega direttamente alla questione del cover­up governativo. Secondo il colonnello Corso, tale strategia fu consigliata dal generale Nathan Twining e consisteva principalmente in due fasi strategiche: innanzitutto impedire ai nemici degli Stati Uniti, ovvero all'URSS, di venire a conoscenza di tali scoperte, e poi mettere in atto un progressivo programma di "desensibilizzazione" dell'opinione pubblica americana sull'intera questione UFO. 

Contro Corso

La carriera militare e le dichiarazioni di Corso sono state accuratamente analizzate e verificate dai ricercatori. Nella documentazione dell'ufficio personale dell'US Army, risulta che Corso fece parte dell'FTD per tredici mesi (dal 20 giugno 1961 al 18 luglio 1962) ed in questo periodo ne fu a capo per soli 90 giorni, dal 18 aprile al 18 luglio 1962. Inoltre, il Dipartimento Tecnologie Straniere aveva un organico di sole due persone, e, sempre secondo i dati ufficiali dell'US Army, dei due Corso era l'ufficiale subalterno. Corso dice anche di aver fatto parte del Consiglio per la Sicurezza Nazionale (NSC) durante la Presidenza Eisenhower. L'NSC in quel periodo era composto da cinque membri permanenti a cui potevano aggiungersi altri consiglieri in funzione dell'argomento in discussione. Eisenhower creò poi l'Operations Coordinating Board con l'incarico di mettere in pratica le decisioni dell'NSC. Corso non fece mai parte di nessuno di questi uffici. Alle dipendenze dell'OCB operavano una quarantina di gruppi di lavoro composti da esperti provenienti dalle varie agenzie di Intelligence e delle FF.AA. L'OCB utilizzava uno staff interforze per il coordinamento dei gruppi di lavoro. Tra l'agosto 1953 ed il settembre 1956 Corso fu membro di questo staff, in quanto era in carico allo Psycological Strategy Board (che si trasformò nell'OCB). Durante questo periodo fece parte di alcuni dei gruppi di lavoro, tra cui quello che si occupava dei prigionieri di guerra americani in Corea. Non risulta che abbia mai partecipato alle riunioni dell'OCB o dell'NSC. Naturalmente trattandosi anche di attività top secret, il tutto potrebbe spiegarsi con il fatto che non tutte le attività e le "responsabilità" dei militari siano state  divulgate integralmente. Sembrano, però, più costruttive le critiche sulle affermazioni fatte da Corso sulla presunta tecnologia militare desunta da quella aliena. Ad esempio, secondo Corso, furono "i missili TOW a guida laser" lanciati dagli elicotteri a fare vincere la Guerra del Golfo; in realtà il missile standard utilizzato dagli elicotteri d'attacco AH-64 Apache e AH-1 Cobra era l'AGM-114 Hellfire, e non il più vecchio TOW. Corso afferma che la tecnologia dell'UFO di Roswell permise anche la realizzazione di un missile con una "testata nucleare ad uranio impoverito", ma pare che l'arma a cui allude Corso è molto più semplicemente un particolare tipo di proiettile perforante utilizzato dai carri armati moderni e chiamato tecnicamente APFSDS. Tale arma, sviluppata inizialmente dai sovietici e poi perfezionata dagli occidentali negli anni '80, è una evoluzione dei proiettili anticarro utilizzati durante la seconda guerra mondiale. L'utilizzo dell'uranio impoverito dipende solo dal fatto che tale metallo è molto denso e si presta particolarmente bene per fungere da elemento perforante del proiettile: le "testate nucleari" citate da Corso non c'entrano nulla con questa arma. C'è poi la questione dei transistor e dei circuiti elettronici: secondo l'ufficiale nel 1947 sarebbero stati forniti alla Bell i rottami del computer dell'UFO. Questi reperti consentirono agli scienziati americani di mettere le mani su un transistor e a produrlo in serie, fingendo che si trattasse di una scoperta "terrestre". È invece documentato che i primi studi sul transistor iniziarono nel 1942, cinque anni prima di Roswell, ed il progetto che portò Shockley alla storica scoperta prese il via 1946. Inoltre, Corso insiste sul fatto che il circuito integrato dell'UFO era fatto di silicio come anche il transistor della Bell: è noto invece che il primo transistor utilizzava una lamina di germanio, un semiconduttore più costoso dell'oro, e solamente nel 1954 la Texas Instruments lo sostituì con il silicio. Ci sono poi altre questioni, come il "Progetto Horizon" che, secondo Corso, avrebbe portato alla costruzione di una base segreta militare sulla superficie lunare già nel 1965: un'affermazione a cui è veramente difficile credere. 

Le dichiarazioni di Corso nonostante queste ambiguità, evidenziate da diversi ufologi, devono essere tenute conto da chi fa ricerche sul caso Roswell, anche perché è opinione diffusa che questi personaggi, ex dipendenti dell'Intelligence, anche dopo la loro uscita dal "giro", restano comunque influenzati da quegli ambienti, se non altro nel loro modo di "comunicare", mischiando cioè una verità con una falsa informazione. Un metodo per proteggersi da eventuali ripercussioni che quegli ambienti attuano per chi va troppo oltre nelle "rivelazioni". A tutto ciò va aggiunto che considerando la carriera militare di Philip Corso, ci si chiede quanti altri suoi colleghi, oggi, siano in possesso delle medesime informazioni e siano in grado di provarle. Sappiamo che - etichettati come "rivelatori" - alcuni personaggi come il pilota (ex-Cia) John Lear, il ten. colonnello USAF Wendelle Stevens, il maggiore dell'Aeronautica danese Hans Petersen, il magg. Virgil Armstrong, il serg. maggiore Robert Dean, hanno avuto maggiori difficoltà ad essere considerati testimoni veramente validi, nonostante credenziali accertate.

Considerazioni finali

Analizzando nella sua globalità il caso Roswell il primo aspetto che salta agli occhi è che questa storia contiene tutti gli elementi per un potenziale film di successo: gli intrighi del governo per nascondere un segreto, le intimidazioni, la sparizione di alcuni testimoni, militari che parlano poco prima di morire ecc. Non a caso Steven Spielberg per un certo periodo aveva pensato ad un progetto cinematografico incentrato su questa storia. Questo aspetto leggendario della vicenda di Roswell favorisce chi sostiene che tutta la storia del disco volante caduto sia, in realtà, un equivoco e che i testimoni siano degli stupidi o dei truffatori. Certamente la vicenda di Roswell, o per meglio dire ciò che gira intorno ad essa, ha un qualcosa di misterioso e intrigante, ma, accanto a questi particolari "sfuggenti" ci sono degli elementi concreti che nessuno può negare: la segretezza militare. Qualsiasi cosa sia avvenuta in quel lontano luglio del 1947, una cosa è chiara: il resoconto di quanto è avvenuto è tuttora classificato. E ciò spiega l'atteggiamento del Governo degli Stati Uniti che è sempre stato molto ambiguo a riguardo, come del resto su tutte le questioni top secret. La domanda finale è questa: quando conosceremo la verità? È chiaro che la questione non può essere chiusa con spiegazioni di comodo. Non potrà essere sempre così. È altrettanto chiaro che, se la questione si riferisce veramente alla caduta di una astronave extraterrestre, prima di avere la verità su cosa ha avuto tra le mani l'Intelligence degli Stati Uniti, dovremmo essere informati su cosa sanno gli Stati Uniti della presenza aliena sulla Terra. Ma anche se in tutta questa storia non ci fosse nulla di "alieno", il fatto stesso che un segreto militare resista dal 1947 è inquietante e deve far riflettere sulle attività militari che si svolgevano in quell'isolata zona del Nuovo Messico nell'immediato dopoguerra...